Roncalli e Montini. Duecento lettere Tra fede e amicizia

Così diversi e così simili con una lunga corrispondenza: un carteggio che è lo specchio di un legame di “fede e amicizia”.

Angelo Giuseppe Roncalli e Giovanni Battista Montini: “Simili e diversi. Il Concilio fu un’esperienza fondamentale anche per il passaggio tra i due papi, realmente consoni nelle loro intenzioni fondamentali, ma con personalità del tutto diverse”, ebbe occasione di scrivere una volta il cardinale Joseph Ratzinger, poi Benedetto XVI. A confermare questo giudizio è anche la corrispondenza fra i due grandi uomini di Chiesa. Ci riferiamo a qualcosa come duecentouno lettere, reperite in diversi archivi: quello dell’Istituto Paolo VI di Concesio, quello dell’Archivio Diocesano di Milano, quello dell’ex segretario di papa Roncalli, cardinale Loris Francesco Capovilla oggi depositato presso la Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Un carteggio che, integrato da altre note diaristiche ed epistolari, anche a testimonianza di parecchi incontri, è lo specchio di un legame di “fede e amicizia” (parole che non a caso spiccano nel titolo della sua edizione pubblicata da Studium). Si tratta – detto in sintesi – di un corpus epistolare nel quale a prevalere sono sempre ragioni pastorali e religiose, pur quando i due corrispondenti affrontano temi disparati. E si tratta sempre di messaggi dettati dalla sollecitudine per progetti che non riguardano mai le proprie persone, ma la Chiesa e gli altri. Il futuro Giovanni XXIII e il futuro Paolo VI si conobbero a Roma già verso la metà degli Anni Venti.
Prima di quella data e dell’arrivo nella capitale i due non si conoscevano ma avevano alle spalle una formazione – a Bergamo e a Brescia – debitrice di tutta una tradizione lombarda, intrisa di partecipazione al cammino della vita ecclesiale e civile, capace di permeare clero e laicato, percorsi e istituzioni, studi ed educazione, economia e dottrina sociale, scuola e cultura.

Andando all’alba di questo carteggio lungo quasi un quarantennio, il primo contatto epistolare reperito è del 1925 e documenta un invito per una predicazione agli universitari cattolici, rivolto da Montini a Roncalli che, essendo alla vigilia della sua ordinazione episcopale, don Angelo non può tenere.
L’ultima lettera, invece, datata 25 maggio 1963, reca la firma dell’arcivescovo di Milano, cardinale, qui rivolto all’amico, papa dal 28 ottobre 1958, ma ormai alla fine, con l’augurio di poter essere presente alla seconda sessione del Concilio “rinfrancato nelle forze del corpo e sempre magnifico in quelle dello spirito”. Fra questi due documenti appena citati un corpus epistolare con sei lettere roncalliane partite da Istanbul verso la Segreteria di Stato, dove Montini è da poco Sostituto (1938-1943); sessantaquattro tra Roncalli, nunzio a Parigi, e monsignor Montini sempre più accanto a Pio XII (1944-1953); settantatré fra il patriarca di Venezia e Montini ben presto arcivescovo di Milano (1953-1958); cinquantasette relative al pontificato giovanneo (1958-1963).
Dunque, per lunghi periodi, ecco i due accomunati da percorsi per molti aspetti paralleli come il servizio diplomatico della Santa Sede, poi il confronto con le sfide di due diocesi del nord Italia sino appunto al legame più importante: quello passato attraverso il Concilio Vaticano II. Oltre a dar conto del rapporto di stima del Delegato per il Sostituto, stima che si rafforza e si dilata in vero affetto, l’epistolario offre informazioni preziose riguardanti il periodo bellico e postbellico. Temi minori e questioni più delicate si alternano mentre si ha la percezione del consolidarsi di una sintonia, che pare già dato di fatto, e di una comune tensione spirituale. Affiorano fra notizie di servizio, auguri scambiati “nella luce di Cristo” e scambi sempre meno protocollari, intervallati da incontri soprattutto romani.

Di grandissimo interesse le lettere successive: tra Venezia e Milano, quando alla svolta di Roncalli trasferito da Parigi sulla cattedra di san Marco, segue quella del corrispondente che lascia la segreteria di Stato per la guida dell’ arcidiocesi ambrosiana. Nulla le lettere aggiungono circa questo trasferimento a quanto già noto e ancora irrisolto nel costituire una “promozione ambivalente”; ma presto si trovano a documentare un legame sempre più forte , e dove è Roncalli a trovare le parole – il 12 dicembre 1954 – che già annunciano profeticamente il futuro comune destino: “Compiremo insieme il sacramentum voluntatis Christi di S. Paolo. Esso impone l’adorazione della Croce: ma ci riserba, accanto ad essa, una sorgente di ineffabili consolazioni anche per quaggiù, finché ci durerà la vita e il mandato pastorale”. E diventa più facile capire il senso di una lapide lì posta all’ingresso della residenza estiva del futuro Giovanni XXIII dove si legge: “La solennità dell’Assunta 1955. Presago colloquio sui destini della Chiesa / Quassù intrecciarono Angelo Gius. Roncalli patriarca di Venezia / Giovanni B. Montini arcivescovo di Milano / Acclamati successori di Pietro / Giovanni XXIII 1958 / Paolo VI 1963”.

A ben guardare il rapporto Roncalli-Montini passa, dopo l’elezione di Giovanni XXIII, il 28 ottobre 1958, da quello che poteva essere paragonabile – si è azzardato – a quello tra un fratello maggiore e uno minore, a quello di un padre verso il figlio prediletto. La predilezione del Papa per il suo successore (che di questo rapporto privilegiato mai abusò), è sempre più manifesta: “Dovrei scrivere a tutti i Vescovi, Arciv. e Cardinali del mondo: come parlo di tutti e di ciascuno nella mia umile preghiera al Signore. Ma per intendere tutti, mi accontento di scrivere all’Arciv. di Milano, perché con lui io li porto tutti nel cuore, così come per me egli tutti li rappresenta”, gli scrive nel messaggio per la Pasqua del 1961, il 4 aprile.
Dall’anno seguente è invece il tema del Concilio a tornare ripetutamente nei testi dopo la Pasqua del 1962: indicando, più che un programma immediato, una lunga strada da seguire con fiducia. E quando il Vaticano II si apre, quando la grande assise cala il Vangelo nella storia, Montini si spinge a titolare la prima delle “lettere dal Concilio” inviate ai suoi diocesani: “Abbiamo visto la Chiesa!”. Lui poi a raccoglierne l’eredità. Non è un caso se Paolo VI incontrando subito dopo l’elezione il fedele segretario di papa Giovanni – il novanta novenne oggi cardinale Loris Francesco Capovilla – ebbe a confidargli “…Mi preme di dirle che se ho accettato, ho accettato per continuare l’opera avviata da Papa Giovanni”. I lavori del Concilio voluto da Giovanni XXIII proseguirono. L’opera di Roncalli e quella di Montini s’integrarono l’una con l’altra. Nel segno del Vaticano II. E ora nel segno della santità.

Marco Roncalli