Rivisitazione moderna della sfida di Icaro? No grazie, non a questo prezzo

L’ultimo è l’italo-norvegese Alexander Polli, schiantatosi ieri in volo contro un albero a Chamonix, nella zona del Brévent, a circa 1.500 metri di altitudine, ma sono cinque i cinque i base-jumpers che solo quest’estate tra Alpi e Dolomiti hanno pagato con la vita il loro desiderio di superare Icaro. Qualcuno li definisce già “immortali”, ma la loro morte lascia l’amaro in bocca. Forse c’è da riscoprire il confine sottile tra coraggio e senso della misura

L’ultimo è l’italo-norvegese Alexander Polli, 31 anni, schiantatosi ieri in volo contro un albero a Chamonix, nella zona del Brévent, a circa 1.500 metri di altitudine. Il base-jumper in tuta alare aveva fondato il gruppo dei “Morals Arrivederci” il cui motto era “Non fissate mai dei limiti alle vostre capacità“, ed era famoso per i suoi video che ne documentavano le gesta su Internet.

Ritenuto un fuoriclasse, fa impressione rivederlo in un video del 2013 spiegare con estrema semplicità e lucidità in inglese l’impresa in cui si sarebbe lanciato poco dopo, lanciandosi letteralmente da un elicottero in volo per centrare la fessura della Roca Forada sulla montagna spagnola del Mont Serrat. Il tono è quello di chi ti spiega che per arrivare a quella piazza conviene imboccare questa strada piuttosto che quella. Tutto qui. Ma l’impresa è spettacolare, da vertigini, e fa rabbrividire il contrasto con la pacatezza della sua descrizione.

Come da brividi è il bollettino di guerra legato a questo sport estremo in costante aumento:

solo quest’estate, tra Alpi e Dolomiti, sono cinque i base-jumpers che hanno pagato con la vita il loro desiderio di superare Icaro:

oltre a Polli, due lo scorso 17 agosto, uno il 13, uno a fine giugno. Vederli sfrecciare in cielo nelle loro tute sgargianti che si gonfiano nell’aria, le GoPro accese, la maschera antivento sul volto per passare anche a 180 chilometri l’ora attraverso fessure di roccia larghe poco più di due metri tra le montagne (o cerchi di fuoco) dà l’impressione di assistere a qualcosa di sovrannaturale, ma anche di tragicamente azzardato.

Adrenalina pura? Sfida della conoscenza che chiama in causa le leggi della fisica e il proprio limite nella ricerca di emozioni sempre più forti?

Coraggio, consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, rischio calcolato, preparazione e allenamento rigorosissimo, fisico e mentale, studio accurato della zona prescelta su Internet, innumerevoli sopralluoghi. Nulla, insomma, viene lasciato all’improvvisazione.

“Questo – dichiarava Uli Emanuele, l’altoatesino di 29 anni morto cinque giorni fa – è uno sport per persone che hanno la testa sulle spalle”. Eppure…

Imprese al di là del limite umano, come al di là del limite umano è il sogno di volare. Qualcuno chiede di vietare questo sport estremo, qualcuno almeno di disciplinarlo, anche perché proibirlo sarebbe impossibile. Come Icaro insegna, l’attrazione per il volo è insita nell’uomo. Muore giovane chi è caro agli dei, cantava Menandro, e le gesta dei base jumper caduti in questi giorni sono già nella memoria collettiva. Lo testimonia l’aumento delle visualizzazioni dei loro video su Youtube. Qualcuno li definisce già “immortali”, ma la loro morte lascia l’amaro in bocca. Forse c’è da riscoprire il confine sottile tra coraggio e senso della misura.