E’ per i giovani il rito della lavanda dei piedi in Cattedrale, «perché la luce prevalga sul buio»

«Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo». Cattedrale gremita per la celebrazione della Messa nella Cena del Signore presieduta dal vescovo Domenico.

Monsignor Pompili ha citato il Vangelo di Giovanni per inquadrare il contesto interiore dell’ultima cena di Gesù, «una sera contrassegnata da sentimenti contrapposti: da un lato c’è Gesù, in tutta la sua fragilità, che desidera trascorrere del tempo con i suoi per cercare conforto, e dall’altra c’è questa assurda distanza del traditore. E c’è perfino un gesto che è riportato poco dopo nel brano del Vangelo: quando Gesù cerca di offrire un boccone di pane inzuppato a Giuda, come segno estremo di amore e di accoglienza, e Giuda per tutta risposta prese il boccone, uscì subito, era notte».

Una contrapposizione tra morte e tradimento, che contraddicono il piano di Dio, «Gesù combatte, prova tristezza, si sente turbato. È proprio questo il paradosso di quella notte: Gesù non vuole morire, non cerca la sofferenza, ma sa pure che non esiste altra forza in grado di resistere al male che il suo amore. Per questo, di fronte al tradimento del suo discepolo, altro non gli resta da fare che questo gesto estremo, che però, guarda caso, scatena la reazione esattamente contraria, perché pure di fronte a quest’ultimo gesto Giuda scappa via».

Il vescovo Domenico ci esorta dunque a cogliere ciò che quella tragica notte ci suggerisce e ci esorta a mettere in pratica nella nostra vita quotidiana, per far prevalere la vittoria della luce, dell’amore e della vita e non quella della morte, del male e della notte, «perché l’amore è più forte della morte, e noi sappiamo che è possibile contrastare il male con il bene: l’Eucaristia è questo segno che il signore Gesù lascia a noi cristiani, perché perpetuiamo questa certezza attraverso la nostra testimonianza. È singolare che per sant’Agostino la Pasqua annuale sia definita come transitus christianorum, cioè come il passaggio dei cristiani. È chiesto anche a noi, se vogliamo fare Pasqua, di passare, come il Maestro in quella notte, dalle tenebre alla luce».

Il vescovo, come compreso nelle celebrazioni del Giovedì Santo, ha effettuato il rito della lavanda dei piedi su dodici giovani ragazzi, un gesto carico di simbologia che ci permette di individuare e seguire la speranza che la Chiesa ripone nell’entusiasmo delle nuove generazioni.