Rieti: uscire dalla crisi ricominciando dai santi

Per il quarto anno consecutivo la rievocazione storica della canonizzazione di San Domenico a Rieti coinvolge la città in un evento che è anche un invito a riflettere su se stessa. Ragioniamo sulla manifestazione del prossimo 3 settembre e sulle sue logiche con Fabio Spaccini, presidente del Consorzio Reate Antiqua Civitas, soggetto promotore dell’evento.

Fabio, siamo arrivati alla quarta edizione. È un percorso che sta dando i suoi frutti.

Decisamente. Il nostro intento è da sempre quello di riportare la città ad essere casa comune, lasciando che i vicoli, le strade, i luoghi della sua storia, siano pienamente rivissuti in chiave di identità popolare. In questo tempo in cui le piazze sono ridotte a espositori di arredo urbano, a mero spazio tecnico, a passaggio tra un palazzo di potere e l’altro, quando non vengono chiuse per dare spettacoli escludenti o costrette a contenere discorsi estranei, proposte come la nostra dimostrano la possibilità di una città diversa, che con i propri mezzi ricomincia a dire qualcosa di sé.

La manifestazione quindi, più che uno spettacolo, è un discorso attorno alla città…

L’evento “San Domenico” racconta il nostro modo di intendere la città, di leggerla, di interpretarla, di costruirla – o ricostruirla, secondo i casi – a dispetto di quella perenne riqualificazione cui è costretto il centro storico, secondo il quale ciò che conta è posare una fioriera in più. Si è detto in passato che si vuol fare del Centro d’Italia una bomboniera. Ma le bomboniere sono soprammobili morti, che al massimo prendono polvere. A noi interessa una Rieti viva, in cui la sensibilità morale, etica e civile di ognuno diviene il corpo e l’anima della città. Una città che così intesa a sua volta diviene misura educativa, capacità di riconoscere ed accogliere, possibilità di una storia nuova.

Questa estate c’è stato un ventaglio di attività il cui intento dichiarato è fare promozione turistica ed economica. La vostra manifestazione si inserisce in questo solco?

Noi pensiamo che non si possa semplicemente sovrapporre una serie di eventi, sia pure di qualità, ad un luogo per fare attività turistica. Quello che si è visto a Rieti in gran parte  è stato lo sfruttamento della città da parte di certi interessi, non certo la sua promozione. Le politiche turistiche poi, in quanto tali, sono un non senso. Una città che sa vivere se stessa, che ha una sua forte caratterizzazione, una sua identità, è per ciò stesso attraente. Se le piazze sono chiuse, se la creatività locale è dispersa e l’identità negata, ogni sforzo di promozione sarà sempre vano.

Quali difficoltà incontra l’organizzazione di un evento così grande e con questo particolare intento, nella nostra città?

La nostra difficoltà è la difficoltà di tutti i cittadini: il reperimento di spazi comuni. Da più parti si lascia intendere come il principale ostacolo alla realizzazione di qualcosa sia la mancanza di soldi. Noi, realizzando un evento grande (basti pensare che il nostro corteo è di oltre 300 persone in costume) con il budget ridotto che ci permette la generosità dei nostri associati e senza il discriminante supporto economico della mano pubblica, dimostriamo che il problema non sono i soldi. La difficoltà vera è vivere da cittadini  dovendo far fronte, per ottenere gli spazi, ad una burocrazia creata ad arte per fiaccare le istanze popolari. In questo senso, ogni spazio riconquistato alla disponibilità di tutti ridiviene “luogo”, ambiente vissuto, momento fondante di socialità vera. Pensiamo com’era viva la Rieti dei mercati rionali, degli orti in città, delle fiere e delle botteghe. Oggi che la proprietà privata si è impadronita della mentalità pubblica, operazioni come la nostra ricordano ai cittadini che è necessario che scendano in strada e la vivano. Altro che centro commerciale “naturale”, all’aperto!

Anche la grande adesione da parte di tante associazioni volontarie testimonia il carattere popolare della manifestazione.

Tutti quelli che partecipano hanno capito che la nostra è l’offerta di un incontro costruttivo. Oltre ai grandi gruppi extra-regionali, che certificano la qualità della nostra proposta in tutto il Centro Italia, hanno aderito praticamente tutte le associazioni di genere attive a Rieti e, soprattutto, in provincia. In questo la città ritorna centro d’attrazione, giardino di idee. La partecipazione di chi arriva dalla provincia rimette Rieti al centro di un discorso allargato, cui tutti sono chiamati a contribuire per elaborare un rinnovato modo di fare società. Solo così la città può farsi veramente guida e riempire di senso il suo essere capoluogo. Una chiave che ci pare manchi rispetto all’attuale dibattito sull’abolizione dell’ente Provincia.