Rieti e la stampa «casereccia»

Ce lo rimproverava un amico giorni fa: quello di «Frontiera» è un giornalismo «casereccio». Sicuramente ha ragione, ma non è detto che sia un male. La situazione potrebbe nascondere dei vantaggi. Ad esempio potremmo trovarci nella posizione giusta per scrivere dei problemi di questo mestiere.

Potrebbe sembrare autoreferenziale, ma non lo è. Con la stampa, infatti, abbiamo tutti a che fare. Provare a ragionare sullo spirito con cui si fanno i giornali, raccontare le delusioni ed i perché, può forse tornare utile in generale. Può essere un contributo, uno stimolo a vivere meglio il proprio tempo.

Che la nostra sia l’era dell’informazione, infatti, è ormai un luogo comune. Eppure mai come oggi i giornali sono sembrati in difficoltà. Non tanto (o non solo) per il basso numero delle copie vendute. Si direbbe piuttosto un problema di identità, un’incapacità a darsi un ruolo. Una sofferenza visibile in generale, ma che è forse anche più acuta nel panorama locale.

È vero, infatti, che grazie all’on-line si sta sempre “sulla notizia”, si può essere più che tempestivi. Certi siti hanno costruito la propria fortuna proprio spacciando l’idea di tutta una città raccontata, analizzata, seguita nel minimo cambiamento. Ma raramente c’è dietro una seria fatica creativa o un reale sforzo di approfondimento. Del rovello che accompagna un lavoro svolto con precisione e passione, non si intravede quasi più neppure l’ombra. E non perché gli operatori dell’informazione sappiano ben nascondere i loro sforzi dietro l’eccellenza dei risultati.

Ad essere pubblicati, infatti, sulla carta come sul web, sono quasi solo i mattinali, i comunicati stampa, o una loro veloce rimasticatura. E quel poco di originale che arriva ai lettori ha spesso a che fare con un gusto irresponsabile per lo scandalo, lo scoop da due lire e il pettegolezzo.

Nulla che non si possa o non si debba pubblicare, ma messe così le cose fare informazione vuol dire sempre più spesso occuparsi di niente, diffondere pubblicità o, peggio ancora, essere strumenti di propaganda.

Non è proprio il miglior servizio che si possa offrire ai lettori: meriterebbero un contributo critico, una presa di posizione, almeno una spiegazione. Anche perché troppo spesso le veline “ricevute e pubblicate” hanno il sapore dell’autocelebrazione, un atteggiamento che talvolta sconfina nell’esibizionismo o nella trombonaggine.

Pazienza per le recensioni di spettacoli ed eventi scritte da chi li ha messi in scena o finanziati. Ai geni e alle iniziative capaci di cambiare il mondo o di «rilanciare il territorio con la cultura» ormai abbiamo fatto il callo.
Ma quando si tratta di politica ci vorrebbe maggiore prudenza, un minimo di distanza. Siamo sicuri che le note ufficiali siano redatte senza raccontar balle? E a fare i passacarte, i giornalisti non finiscono con l’abdicare al proprio ruolo?

Essere i semplici ripetitori dei messaggi e delle versioni di comodo degli uffici stampa può anche essere un modo per contribuire al dibattito. Ma forse alla lunga si rischia di assumere il ruolo di comoda stampella del “potere”. Non a caso i giornali dei nostri giorni sono pieni dei discorsi “della politica”, mentre mancano quasi completamente quelli “sulla politica”.

Qualunque ne sia la causa, il ritrarsi dei giornali dall’impegno rischia di contribuire alla generale mancanza di senso critico, all’omologazione culturale, all’appiattimento delle idee. E come potrebbe essere diversamente? Le edizioni per le edicole pubblicano al mattino il mosaico delle note stampa già lette il giorno prima in rete. E le testate on-line passano più o meno tutte gli stessi comunicati. Cambia giusto il titolo! Ma a che serve una stampa così fatta? Che funzione dovrebbe avere?

Hai voglia a dare vita a qualche «consueta – purché misurata – rubrica indipendente». Si rischia comunque di fare la figura della “voce del padrone”, degno contraltare – per la verità – di un pubblico in gran parte addomesticato, disabituato a pensare, complice di una proposta informativa mirata più allo stomaco che al cervello.

Qualcuno dirà che pure «Frontiera» ha le sue colpe in questo contesto. Non vogliamo certo sottrarci alle nostre responsabilità: al contrario, proprio per questo ci sembra urgente affrontare il tema. Magari sbagliamo: l’informazione gode di ottima salute e queste righe sono l’ennesima masturbazione cerebrale di uno che di queste cose non capisce niente.

Ma quand’anche fosse così, siate buoni: almeno stavolta concedeteci la soddisfazione di una discussione seria…