Rieti, ruolo di Azione Cattolica nella Chiesa e nella città dell’uomo

L’Azione cattolica diocesana, con grande generosità e spirito di servizio, rivelatisi preziosi nei confronti della comunità religiosa e civile reatina proprio alla vigilia del Natale 2013, ha regalato alla Diocesi ed alla Città, sabato 22 dicembre presso l’Auditorium Varrone, un pomeriggio di preghiera e di storia ecclesiale e civile nazionale e locale, cui ha partecipato mons. Delio Lucarelli, vescovo diocesano, e il cui merito va all’assistente ecclesiastico unitario don Zdenek Kopriva e al presidente Marco Colantoni, che hanno organizzato con competenza e con amore, insieme ai loro collaboratori, un convegno presieduto dalla prof.ssa Giovanna Stella, apertosi con la celebrazione dei primi vespri della quarta domenica di Avvento, arricchito da un concerto di violino e dall’esecuzione di ben preparati canti eseguiti dal coro femminile della parrocchia di Vazia.

A rendere stimolante l’evento sotto il profilo formativo, culturale e conoscitivo, sono stati gli interventi del vescovo emerito mons. Lorenzo Chiarinelli e quello del prof. Ernesto Preziosi, docente di storia contemporanea all’Università di Urbino, già vice presidente del settore adulti dell’Azione cattolica nazionale, nonché parlamentare del PD. In questo ruolo, l’on. Preziosi ha tenuto a chiarire che siede in Parlamento “soprattutto come testimone di una realtà e condizione politica dei cattolici vissute all’interno del Partito democratico con spirito di servizio e segno di appartenenza”, ove, com’è noto, sono confluiti negli anni scorsi non pochi esponenti educati nell’Azione cattolica e provenienti da esperienze di militanza nelle correnti di sinistra della disciolta DC, quindi dal Partito Popolare Italiano ed infine della Margherita, ove non a caso ha recitato un ruolo, spesso decisivo, Franco Marini, che fu membro del Consiglio diocesano della GIAC reatina ai suoi tempi giovanili e cioè a cavallo degli anni ’40-’50.

I personaggi chiamati a svolgere i loro interventi erano di tutto prestigio ed hanno suscitato l’attenzione di un buon numero di giovani, ma anche di adulti e di un gruppo di vecchi aderenti ed esponenti dell’Azione cattolica locale. Ha cominciato Preziosi a svolgere il proprio discorso tratteggiando la storia dell’Azione cattolica nazionale dai suoi inizi nel’800 e fino ai giorni nostri, mettendone in risalto il ruolo svolto come istituzione che fu soggetta totalmente alla disponibilità dei vescovi e dei parroci per quanto riguardava la formazione religiosa e quella civile nei tempi non facili dello Stato liberale e laicista, le cui strutture erano non poco inquinate da esponenti della massoneria e quindi espressione di un ateismo senza limiti e poi in quello fascista, nel tempo in cui l’Azione cattolica fu l’unica organizzazione aggregante consentita dal Concordato, ma che fu osteggiata e combattuta per l’aspirazione alla libertà evangelica dei suoi membri, che Mussolini non riuscì a soffocare.

In questo racconto storico, arricchito di una buona analisi ecclesiale e sociologica, forse il prof. Preziosi è però andato troppo di corsa, tanto da saltare a piè pari il periodo del secondo dopoguerra ed il ruolo centrale svoltovi da Pio XII nella battaglia per la libertà del 1948 interpretata con grande spirito e partecipazione dall’AC e dai Comitati civici, che furono espressione della stessa Associazione.

Preziosi ha sostenuto che la Chiesa italiana poggiò molto della sua azione evangelizzatrice sull’Azione cattolica fino al secondo dopoguerra a ragione della divulgazione, della capillarità delle sue strutture e dell’organizzazione della stessa, resa visibile e attiva fin nelle più piccole realtà parrocchiali italiane in quanto diffusa e disposta in settori giovanili maschili e femminili, in quelli degli adulti, maschili e femminili tanto che nel 1948 essa contava ben 3 milioni e 500 mila tesserati, risultati decisivi per battere il marxismo ed assicurare la libertà alla nazione con la sconfitta del Fronte popolare e la vittoria della DC nelle storiche elezioni del 18 aprile. In queste strutture in cui la vita comunitaria e cristiana era così intensamente vissuta, si formarono i giovani che la Chiesa preparò per il ritorno alla democrazia e che poi fecero bene nell’amministrare i paesi, le città, lo Stato. misurandosi con le difficoltà derivate dalla concezione di guida liberale e con i guasti provocati da un’economia liberista, che creava vastissime sacche di povertà e di privilegi e che di fatto generò non pochi monopoli. A Rieti questi furono tanti e si chiamarono, i maggiori, Marzio Bernadrinetti, Leonardo Leonardi, Alberto Alunni.

In proposito e a riguardo dell’educazione dei giovani, Preziosi ha ricordato l’opera dei grandi Santi sociali come don Bosco, per poi insistere sul concetto di Azione cattolica come fonte di formazione e ispiratrice di storia e di cultura non solo ecclesiali, ma civili e civiche. «L’Associazione nacque – ha detto il docente universitario – per volontà del viterbese Mario Fani, proponendosi fin dagli inizi la difesa della Chiesa e della Libertà, regole a cui sempre essa si è attenuta. Non a caso anche il popolarismo sturziano succhiò linfa da radici dell’Associazione, così le idealità di Tognolo e di Fossati, proponendo l’attualizzazione del Vangelo non soltanto nella vita religiosa, ma perseguendo i principi della Rerum novarum e più tardi della Dottrina sociale della Chiesa nella vita civile e politica».

Preziosi si è poi introdotto nell’esame della stagione conciliare, ricordando che è illusorio pensare in un cambiamento di quello che è il deposito della fede (depositum fidei), che è il patrimonio di tutte le verità rivelate, costituite sia in ordine alla conoscenza vera e propria della fede e al conseguente comportamento praticato e morale) che rigurdano lo stesso insegnamento e la medesima predicazione svolta nella sua vita pubblica da Gesù. E nessuno – ha affermato con forza Preziosi – può immaginare di cambiare il depositum fidei o di scambiarlo con il risultato del lavoro teologico di comprensione e di intelligenza svolto dalla Chiesa sulla Partola di Dio nella progressione della verità che essa compie ed ha compiuto durante i secoli grazie all’intervento e all’assistenza dello Spirito Santo, specie in questi ultimi tempi.

Di tutto questo che è la storia dell’Azione cattolica italiana ne sono derivati sul piano locale un riscontro, una verifica ed una puntuale riprova nell’intervento di mons. Lorenzo Chiarinelli, relazione di vera concordanza con quella di Preziosi, che aveva soprattutto contenuti storico-scientifici. Egli ha ricordato che il fondatore dell’Azione cattolica a Rieti fu certamente mons. Massimo Rinaldi, Servo di Dio, nel 1924. Espressione solida e sincera dell’indipendenza di quella prima organizzazione, che mons. Chiarinelli ha voluto sottolineare, fu lo stesso vescovo Rinaldi, che, nel 1931, nel pieno della crisi che l’AC subì a causa della politica fascista, dimostrò silenziosamente, ma con un vigore estremo, andando scalzo, senza insegne del suo rango, con il sacchetto dei “fratelli” ed una corda al collo, in processione a sant’Antonio, dimostrando così palesemente contro l’espressione di potenza e potere dei gerarchi, tutti in orbace, in coda dietro la statua del santo.

L’Azione cattolica diocesana svolse un ruolo importante durante la seconda guerra e fu centrale l’opera di difesa del suo gregge da parte del vescovo francescano mons. Benigno Migliorini, che dimostrò coraggio e sprezzo della vita a sostegno di tutti gli oppressi di allora, senza guardare appartenenza politica o religiosa, opponendosi ai nazifascisti e strappando a loro più di una vittima già designata alla morte.

Dell’Azione cattolica del dopoguerra e dei vescovi illuminati che la guidarono, promuovendola, sviluppandola e sostenendola, mons. Chiarinelli ha tenuto a sottolineare alcuni avvenimenti essenziali: la Peregrinatio Mariae promossa in tutte le parrocchie da mons. Migliorini a cui bisognerà aggiungere l’opera della Pontificia Assistenza, le mense popolari che davano cibo a 1.500 poeveri e sfollati, la missione popolare, l’anno Mariano e i Sinodo del 1957 da mons. Baratta, un tempo felice quello in cui l’AC era presente in 172 parrocchie, con 20 sezioni GIAC maschili e 23 femminili, il Corso di aggiornamento giovanile ideato da mons. Cavanna.

Mons. Chiarinelli ha poi affrontato il tempo del Concilio Vaticano II e del post-Concilio, con l’arrivo in diocesi del nuovo vescovo mons. Dino Trabalzini, su cui pesò il primo impegno di attuazione delle novità conciliari. Fu lui a insediare il nuovo movimento dei Corsillo e quindi a chiamare i catechisti del Cammino neo-catecumenale per evangelizzare.

Il dibattito che è seguito alle due interessanti e preziose relazioni è servito per mettere a fuoco e chiarire alcuni punti che, per forza di cose, non potevano essere posti sotto nitida luce a causa di una materia vasta e complessa quale quella sotto esame. Il primo punto è stato del post-Concilio e della sua iniziale pratica attuazione. L’insediamento dei Corsillo per la santa volontà di Trabalzini fu una vera e propria esplosione e rappresentò una novità assoluta, una nuova, più incisiva e meno clericale predicazione e una realtà che si incardinò subito sul troncone dell’AC. Quel movimento laicale era stato fondato da Eduardo Bonin in Spagna, ed aveva quale fine quello di svolgere una pastorale profetica della Chiesa, configurandosi essenzialmente come movimento di evangelizzazione che si è diffuso poi in tutto il mondo attraverso la predicazione del suo fondatore e dei suoi catechisti.

La predicazione e le catechesi del Cammino neo Catecumenale iniziarono nel 73-74 e ad esse partecipò lo stesso Vescovo che poi entrò a far parte della prima Comunità che si formò, sulla forma e a somiglianza della prima Famiglia di Nazareth, dove l’altro, il diverso, l’estraneo, è Cristo. Cioè un fratello da amare! Trabalzini rispondeva così a quei fenomeni ecclesiali e a quei fermenti sociali che andavano prendendo piede anche in diocesi sotto la veste di Comunità di Base, che riunivano cristiani per leggere e commentare il Vangelo in chiave politica e sindacale, di Cristiani per il Socialismo, raggruppamento che era sorto in Cile a sostegno di Salvador Allende e s’era diffuso molto in Italia ed anche a Rieti e che aveva visto l’adesione del presidente delle Acli Livio labor e di Lidia Menapace. Numerose erano anche le divisioni causate dall’abate di Farfa e di san Paolo dom Giovanni Franzoni, che era preside di quel liceo legalmente riconosciuto dei Benedettini da lungo tempo attivo presso la famosa abbazia così vicina a Rieti. Notevole era anche l’attivismo di Raniero La Valle, già direttore de Il Popolo, che nel 1976 si presentò candidato nel collegio senatoriale di Rieti e divenne parlamentare della Sinistra Indipendente e oggi fondatore della Sinistra Cristiana – Laici per la Giustizia. Fu un momento particolarmente drammatico quello che dovette affrontare mons. Trabalzini, anche in presenza dell’Azione cattolica diocesana, in crisi come quella nazionale, durante le presidenze di Vittorio Bachelet e di Mario Agnes. L’Azione cattolica era ancora scossa da processi che venivano da assai lontano, quali le dimissioni di Carlo Carretto e Mario Rossi negli anni ’50. In quel periodo pieno di sussisti e di rivolta ecclesiale e sociale, l’l’obbedienza a Papa era divenuto davvero un optional.

Mentre i Cursillo si sono spenti in diocesi da alcuni anni e si sono momentaneamente esauriti dopo la morte di mons. Govanni Benisio, che ne era l’animatore e l’assistente, le Comunità neocatecumenali sono particolarmente attive a tutt’oggi. Esse si sono rivelate come nuove realtà ecclesiali laiche simili a fertili orti e meglio a fresche e lussureggianti oasi in alcune parrocchie cittadine ove la predicazione e la catechesi sono state accolte così da permettere lo sviluppo di equipes catechistiche, iniziative e diffusione della Parola di Dio tra i giovani, nelle famiglie generando la nascita di vocazioni sacerdotali realizzatesi come carisma sorto ed educato nelle comunità del Cammino e poi completato nella Chiesa.

Il dibattito non ha nascosto la difficoltà di presa delle novità conciliari dei cosiddetti movimenti laici, del rinnovamento di evangelizzazione della Chiesa, innanzi ai processi di secolarizzazione, desacralizzazione, scristianizzazione e come i movimenti ed i cammini stessi abbiano trovato e trovino problematicità di accoglienza e di affermazione e che sussistano a tutt’oggi non pochi impedimenti a causa della richiesta di impegni totalmente assorbenti o così considerati per una totalizzante dedicazione a Cristo.

Al riguardo, si è tenuto a dire che la limitata accoglienza delle nuove esperienze dei movimenti è stata dovuta ed è dovuta alla non completa maturazione dei tempi, alle diverse sensibilità spirituali, alle differenti progettualità pastorali e che comunque la loro particolarità va ricondotta nel quadro unitario della missione evangelizzatrice della Chiesa, vista con positività.

In un suo secondo intervento, Preziosi ha poi colmato la lacuna del suo racconto storico considerando determinante il ruolo rappresentato dall’Azione cattolica nel far argine al pericolo del prevalere del marxismo-comunismo nelle elezioni del ’48, quando la Chiesa attravero i Comitati civici e con tutte le sue organizzazioni laicali, scese anche nelle piazze con padre Lombardi, il Mirofono di Dio e con padre Rotondi, a far fronte comune con i cattolici impegnati in politica, per svolgere la sua precipua missione, di combattere una ideologia quale quella marxista-leninisla che era ateista, che voleva distruggere la Chiesa cattolica come era già avvenuto nei paesi dell’Est, e che predicava la lotta di classe e la rivoluzione, cioè proposizioni di comportamento e di indirizzo completamente contrarie e avversatrice del Vangelo di Cristo, della sua predicazione di libertà, di giustizia e di pace.