Rieti, Ragazzo disabile aggredito dal branco. Nessuno è intervenuto

«Mio figlio era al fast food, seduto per conto suo. Comincia a giocare a carte con due ragazzi, un altro passa e gli da uno schiaffo sulla nuca, poi un altro. Poi lo cominciano ad infastidire. Mentre gioca gli strappano le carte e gliele buttano per terra. Mio figlio si china per raccoglierle, e mentre si rialza sente un bruciore sul collo: gli hanno spento una sigaretta addosso. Poi con l’accendino gli hanno bruciato i capelli. Gli hanno bruciato il collo della felpa e della giacca che indossava».

I fatti li racconta la madre del ragazzo disabile, vittima di questo episodio, tristemente giunto alla cronaca. «Il referto del pronto soccorso – aggiunge – certifica un’ustione di primo grado».

Ma nessuno è intervenuto?

Nessuno. Tutto attorno ragazzi che ridevano e scherzavano. Un branco. Solo un ragazzo ha provato a intervenire. Poi mio figlio è scappato via, è tornato a casa e mi ha raccontato tutto. Io sono andata sul posto, ho chiesto spiegazioni ai ragazzi: «che è successo, che avete visto?». Nessuno mi ha risposto. Solo dei «non lo so, no ho visto niente». Allora ho sporto denuncia.

Suo figlio come sta?

Mio figlio è seguito da un neurologo. Adesso prende dei farmaci. Non ne aveva avuto bisogno neppure quando gli è morto il papà. Ma questa violenza che ha subito lo ha scosso nel profondo. Ha incontrato difficoltà a dormire, ha bisogno di tranquillanti. I primi giorni sono stati molto pesanti. Anche perché ha dovuto raccontare, vedere le foto per riconoscere i vari ragazzi… se non ci fossero state le videocamere non avremmo alcuna testimonianza di quanto è accaduto.

Che città emerge da un episodio come questo?

Io abito a Rieti da 25 anni. Qualcuno crede che sia un’isola felice, un paese tranquillo, ma non è così. Io adesso ho paura. Non so… in questo ultimo periodo sta accadendo di tutto: furti, rapine, violenze. Magari accadevano pure prima questi fatti, ma nessuno aveva il coraggio di denunciare. In passato qualche episodio mi è capitato a scuola, ma ho sempre cercato di sistemare le cose. Questa è la prima volta che mi trovo costretta a fare una denuncia.

Ciò che colpisce maggiormente è che nessuno sia intervenuto.

Hanno fatto veramente un branco. I ragazzi che hanno agito sono tre o quattro, ma c’è tutto un gruppo. Quando sono arrivata c’era il pieno di ragazzi e ragazze: tutti con la sigaretta in mano. Inutile chiedere spiegazioni: chi rideva chi scherzava, chi mi urlava in faccia…

Crede che Rieti sia cambiata in questi anni?

No. Io non sono mai riuscita ad ambientarmi. Per far ambientare mio figlio ci ho messo tanto. Lui conosce tutti e tutti lo conoscono, ma alla fine è solo. I cittadini di Rieti infilano la testa sotto la sabbia. Ci dovrebbe essere un po’ più di solidarietà, soprattutto tra le famiglie che hanno gli stessi problemi. Ma ognuno pensa solo a coltivare il proprio orticello. Questo non è giusto. Oggi è successo a me, ma potrebbe riguardare chiunque.

Che cos’è la disabilità? È una condizione della persona o del contesto? In fondo parliamo di una persona abbastanza autonoma, in grado di girare da sola…

C’è tanto lavoro dietro a questo figlio. L’ho aiutato il più possibile, anche perché queste persone non le tutela nessuno. C’è la famiglia e basta. Ci sono tanti sacrifici, anche economici. Per noi è stata una lotta. Questo episodio è stato un grande dolore, una ferita che non penso si richiuderà mai. L’umiliazione che ha subito se la porterà dietro a vita. È un ragazzo solare, ma gli hanno spento il sorriso. Mio figlio non conosce cattiveria, non ha mai fatto male a nessuno, ma lo ha ricevuto. Questo non è giusto.

È la società a fare dell’handicap uno “stigma”?

Il neuropsichiatra che ha seguito mio figlio, la prima volta che ci ha incontrato mi disse: «signora, siamo noi che non siamo normali». Loro hanno una marcia in più, ci insegnano tanto. Ma spesso vengono emarginati. La disabilità sembra una cosa incomprensibile, talvolta l’integrazione sembra impossibile. Ma è una condizione che può toccare chiunque a qualunque età. Basta un incidente.

Viene da pensare che il vero handicap sia da cercare nei ragazzi che hanno usato violenza: una disabilità del pensiero, della morale, che gli impedisce di capire il male fatto. Sembrano loro le persone da recuperare…

Infatti questi ragazzi vanno recuperati. Talvolta chi agisce in questo modo ha subito a sua volta la cultura dello spintone e della sbruffoneria. Ha imparato da qualcuno a comportarsi così. Basta pensare al bullismo che si manifesta nelle scuole già alle elementari. Questi ragazzi vanno seguiti. Bisogna lavorare oggi per il futuro.

Cosa manca per una integrazione felice. Cosa alimenta comportamenti aberranti verso chi è più debole?

Non lo so. Forse la mancanza di una famiglia dietro. Io comincerei da questo. Vedo tanti ragazzi… un figlio che esce alle cinque di pomeriggio e ti rientra alle cinque della mattina: va bene?

Ma l’assenza non educa. Cos’è che riempie quel vuoto?

Forse la strada stessa. I ragazzi sono così: basta che ne parte uno e ridono tutti. Si lasciano trascinare. Me la faccio anch’io questa domanda qualche volta. Ma non so dare una risposta. Anche perché capita in mezzo a mille altri problemi. La domanda che mi faccio più spesso è: oggi ci sto io, ma domani?

3 thoughts on “Rieti, Ragazzo disabile aggredito dal branco. Nessuno è intervenuto”

  1. Marco Giordani

    Trovo purtroppo limitante dire che “I ragazzi sono così: basta che ne parte uno e ridono tutti. Si lasciano trascinare.”
    Il comportamento da branco è comune nell’essere umano,a tutte le età e in tutti i continenti. Come per i cagnolini da compagnia, che in branco ridiventano lupi; e i lupi “naturalmente” si indirizzano al più debole. Non dico che essendo un istinto animale non lo si debba correggere e controllare; ma attribuendolo alla “non educazione”, a “facebook”, insomma alla “malagioventù” si rischia di sbagliare obiettivo… O di strumentalizzare per altri fini (non è certo questo il caso)

  2. lorenzo 98

    Conosco il ragazzo aggredito, conosco anche i responsabili di tutto questo. E sfido qualsiasi persona presente nel luogo dell’accaduto che non abbia visto nulla. Purtroppo quando è successo io non c’ero, ma vi assicuro che sono 2 o massimo 3 ragazzi che fanno i grandi assieme ma presi singolarmente sono piccoli, tanto piccola da non sapersi difendere, ve lo assicuro. E ripeto che “SO CHI SONO I RESPONSABILI”

  3. lalli michela

    Che amarezza. ..che schifo non ci sono parole ……penso che una mamma si senta di morire e basta

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