Rieti? Quel che le manca non glielo può dare neppure il Papa!

Nonostante quello dei giorni passati sia stato un “incauto annuncio”, l’idea che Papa Francesco possa visitare la Valle Santa reatina ha suscitato in tanti orgoglio e felicità. Il Papa che per primo ha scelto il nome del Poverello di Assisi ripercorrerebbe le terre e i luoghi tanto amati dal santo.

E come sempre accade, lo spostamento del pontefice porterebbe con sé un seguito mediatico importante. Il nome della nostra cittadina entrerebbe di nuovo in tutte le case degli italiani.

E qui il reatino pensa subito ai possibili sviluppi turistici che una tale occasione potrebbe portare. Rieti – pur con le note difficoltà logistiche – è raggiungibile da tutta l’Italia centrale. Certamente tutti i cittadini vivrebbero con piacere l’opportunità di accogliere un forte flusso di pellegrini.

Sarebbe un sicuro toccasana per l’economia reatina. Ma per quanto tempo? Spenti i riflettori, il via vai dai luoghi visitati dal Papa e visti in televisione durerebbe? Forse sì, mala cosa sembra tutt’altro che scontata.

Ma allora perché qualunque fatto, notizia, evento o proposta ci riguardi – dalla suora che partorisce alla “Tirreno-Adriatico” – la continuiamo a pensare in termini di promozione turistica? La risposta potrebbe non essere né banale, né bella: sarà mica un segno della nostra disperazione?

Che con il tramonto del nucleo industriale il turismo sia la nostra più ricca risorsa può pure essere verosimile. Ma da qui a pensare che il turismo sia la vocazione dei reatini ce ne vuole. Il nostro carattere, la nostra mentalità, la nostra chiusa diffidenza sembrano dire proprio il contrario. Altrimenti – con tutte le risorse che sappiamo avere e che ci piace citare e quasi rinfacciarci – da tempo avremmo collezionato i notevoli successi che tanti borghi, molto meno ben dotati, hanno oramai ben consolidato.

Ciò premesso, va bene tutto: dalla Rieti Sotterranea al Choco Festival. Ma sembrano proprio essere cose che i reatini in prima persona sono incapaci di vivere e far proprie. Figuriamoci in che modo potrebbero farne davvero il “core business” di un certo sviluppo.

Non sarà, allora, che l’idea del turismo come unica risposta e risorsa, sia in realtà una sorta di proiezione delle nostre deficienze, delle nostre incapacità, delle nostre rassegnazioni? E che ogni notizia possa dare spunto all’eterna ma in compiuta idea del “volano turistico” sia semplicemente il modo in cui ci illudiamo e consoliamo?

Che nei Rieti nei Tg nazionali si senta nominare solo perché è la città più fredda o più calda, e non perché ancora ricca di storia, bellezze e cultura può non far piacere. Può dare l’idea di essere tagliati fuori da un mondo che tutto sommato potrebbe essere più appropriatamente curioso di noi.

È vero che Rieti meriterebbe di più, ma quel che le manca non glielo può dare neppure il Papa: si tratta di un po’ più di consapevolezza e di un maggiore amore di sé.