Rieti e l’insostenibile peso dell’effimero

Prendere la vita alla leggera è una gran cosa, purché non diventi una giustificazione per lo squallore patetico, l’inganno e l’inutile volgarità

Sarà la primavera, ma Rieti sembra quasi sopraffatta dal vuoto. Un vuoto a perdere, ovviamente. A guardarla si ha come l’impressione di stare a sprecare il tempo, di dissiparlo senza riuscire a cogliere l’accadere di qualcosa di concreto.

Ma è meglio non azzardarsi a farlo notare. Piuttosto bisogna cavar sangue dalle rape, magnificare quel poco che si fa avanti. E approvare sempre tutto, con spirito positivo.

Del recente battibecco tra l’ex consigliere comunale Moreno Imperatori e l’ex consigliere regionale Antonio Cicchetti, ad esempio, bisogna andare fieri. Volano accuse di gerontocrazia, si rinfacciano decisioni in stato d’ebrezza, si racconta la politica come scusa per evitare il dovere del lavoro. Momenti memorabili.

Ma anche attorno alle consulte comunali è d’obbligo mostrarsi ammirati, evitare ogni riserva sulla loro utilità. Chi vuole può liberamente credere che permettano una reale partecipazione alle decisioni, sia chiaro. E pazienza se da un po’ di tempo sembra non si decida quasi più nulla.

Se invece proprio non si vuole rinunciare ad assumere un’aria contrita, bisogna parlare delle Officine Varrone. Ovviamente per dire che vanno riaperte. Lo sostengono innumerevoli attori di questa buona battaglia, con tanti saluti alle presunte irregolarità. Sarà perché l’estate preme e gli amanti dello spettacolo a scrocco temono di rimanere a bocca asciutta?

Non importa. Meglio non sollevare alcuna discussione, non alimentare alcun dubbio. Se non si vogliono avere grane conviene stare allineati, schifare la voglia di ragionare, fare buon viso a cattivo gioco. A farsi gli affari propri si fa meno fatica e non si corre il rischio di sbagliare.Tanto contano soprattutto la superficialità e i sollazzi.

Dalle riviste – spiegano i più saggi – la gente si attende ottimismo e notizie che facciano venire voglia di acquistare prodotti. È così che si aumentano gli abbonamenti e ci si fanno le aziende amiche. Basta con la negatività, alla città fa bene il buon umore: «keep calm and stay happy!».

A noi va bene, in fondo Rieti è ancora così bella. Sarebbe una perfetta location da Oscar. Qualche attrezzato videomaker ci potrebbe realizzare un’edizione bonsai de “La grande bellezza”. Soprattutto all’alba, infatti, la città mantiene un suo fascino. Che lunghi “piano sequenza” si potrebbero filmare sul Velino. Immaginate il pigro scivolare sull’acqua del natante della Municipale mentre affianca la passeggiata del protagonista!

E di sicuro non mancano le terrazze emancipate su cui filmare le scene di una “dolce vita” alla reatina. Gli attori si troverebbero senza fatica. Ce lo assicurano il successo dei casting e il proliferare su Facebook di autoscatti col bicchiere in mano.

Un passatempo affiancato dalla mania per l’aforisma riciclato. Frasette stampigliate su un fondo di carta anticata per dargli un’aria più profonda. Un utile prontuario di frasi fatte che evita la fatica di pensare e aiuta a sentirsi colti e sensibili.

Sembra faciloneria intellettuale, ma rassomiglia di più ad una sorta di implicita confessione on-line di umana debolezza. È l’apprezzabile escamotage di chi si ostina a stare in pubblico (anche Facebook è una piazza) senza avere un granché da dire.

Segni dei tempi. Succede lo stesso anche a Palazzo. Ultimamente si sono viste facce nuove, ma non si può dire lo stesso dei discorsi. C’è in giro un sacco d’aria fritta. Resiste a lungo solo grazie al conforto di una stampa tutta tesa al consenso, pronta a gonfiare come serve le più inutili polemiche.

Se la città si esaurisse in questa specie di giro a vuoto ci sarebbe da scappar via. Per fortuna resiste ancora un po’ d’intelligenza, un filo di spirito critico, un’autentica voglia di fare. E non mancano persone per bene, intellettualmente oneste, capaci di metterci la faccia.

Se smettessero di dar retta al «chi te lo fa fare», potremmo vedere certe inutili pantomime quotidiane spazzate via da un lieve alito di critica, da un sorriso della ragione.

E caduto quel velo di chiacchiericcio si potrebbe ritrovare davvero l’anima vitale della città, una sua profonda ragion d’essere, e con questa la speranza di poter fare progetti che non si fermino all’ora dell’aperitivo.

2 thoughts on “Rieti e l’insostenibile peso dell’effimero”

  1. sandra zingaretti

    Ma quando parlate di bicchiere in mano intendete i calici degli aperitivi tipo quello che vi paga la pubblicità in prima pagina? Quando si dice sputare nel piatto in cui si mangia…

  2. meccetroy

    Bisogna essere happy per forza. Ma happy saranno loro, io no. E guai ad esprimere una opinione contraria, chi non fa l’happy e’ pessimista invidioso bigotto moralista chiuso e non vuole il bene della sua citta’! Ma quale citta’? No, ditemi, esiste ancora Rieti? Il centro e’ una tristezza di case in vendita che nessuno puo’ piu’ permettersi di comprare e negozi in affitto che nessuno puo’ piu’ permettersi di aprire. Nei pochi negozi aperti, non si trova piu’ neanche quello che si cerca, bisogna magari ordinare e aspettare settimane. Le fabbriche sono quasi tutte chiuse, stanno bene solo gli statali e gli impiegati. Il resto, i pensionati i licenziati i cassintegrati stanno raschiando il fondo. La citta’ ha una patina di polvere e sporcizia, non e’ solo colpa del comune perche’ troppi buttano immondizia ovunque. Eh ma no! Dobbiamo essere happy, magari in una certa piazzetta abusiva dove viene elargita al popolino rietino una cultura di livello medio-mediocre imposta dall’elite che e’ happy davvero (loro si’!) ma non ha bisogno di esprimerlo pestando la caciotta o agitando il maxideretano in pubblico. Tutti happy! Il futuro si crea tappandosi il cervello e montando sulle note che i media ci propongono, massi’. La citta’ senza lavoro e senza futuro si rigenera cosi’, tutti happy nel vuoto a perdere dell’ottimismo forzato.

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