Ricostruzione

Rieti, la speranza è più forte del terremoto e dell’epidemia

Con gli effetti del terremoto ancora visibili e la pandendemia del Covid, sono numerose le iniziative che mirano ad un aiuto concreto

Pasqualina Riganelli, 33 anni, ha appena aperto il suo ‘Bazar gialloblu’ a Cittaducale, nel cratere del terremoto del 2016; Giovanni Di Palma, dopo un passato nell’edilizia oggi in crisi, ha invece avviato uno street-food con pastasciutta e panini tra la Salaria e il Terminillo. Sono solo gli ultimi due neoimprenditori assistiti da ‘Vivaio‘, il servizio della ‘Varrone‘ di Rieti, la Fondazione che a sua volta collabora con la diocesi reatina per il ‘Fondo santa Barbara‘, altra iniziativa per aiutare le persone messe in difficoltà dal Coronavirus.

Mentre le rovine del terremoto sono ancora praticamente tutte attorno (perfino a Rieti, il capoluogo solo sfiorato dalle scosse, ci sono ancora 102 famiglie fuori casa) è comunque tutto un brulicare di iniziative per ridare speranza e ossigeno a questa gente, laddove la pandemia si è abbattuta su una situazione per l’appunto già grave.

«Le necessità sono in crescita, basti pensare che alla mensa Caritas prima si servivano in media 40 pasti, mentre ora siamo a 100», argomenta subito il vescovo di Rieti Domenico Pompili, prima di illustrare nel dettaglio le iniziative messe in campo: «Con il ‘Fondo santa Barbara’ stiamo toccando la necessità di tante famiglie e la crisi sanitaria ci ha messi di fronte a realtà di persone che hanno perso il lavoro e ad fenomeno che sapevamo in teoria ma che ora incontriamo nei fatti: quello del lavoro in nero. Nuovi poveri? Non so se catalogarli così, di certo dalla mensa Caritas mi riferiscono di persone che arrivano con una certa sollecitudine, forse perché un po’ si vergognano e magari temono che qualcuno le riconosca ». Il ‘Santa Barbara’, che la diocesi sostiene con i fondi dell’8 per mille, dà un aiuto concreto per sostenere il reddito di chi ha perso o ridotto le proprie occasioni di lavoro a causa del Covid-19, con circa 200 richieste già arrivate. «E adesso – riprende Pompili – abbiamo messo su un altro fondo, ispirato alla figura del ‘pane di sant’Antonio’; puntiamo sul microcredito per andare incontro soprattutto a quelle realtà economiche che hanno bisogno di essere sostenute in questa fase successiva al lockdown. Tutti ritengono che il momento più critico deve ancora venire, per questo ci stiamo attrezzando perché questo possa divenire un punto di riferimento accessibile per piccole realtà che dipendono da un contributo che non può arrivare dopo o, peggio ancora, non arrivare per niente».

Il post terremoto e il post lockdown mai come nel Reatino rischiano di dar luogo ad un mix a dir poco esplosivo. «Il Covid in quanto tale – conclude Pompili – fortunatamente ha risparmiato le nostre zone interne che, al contrario, si sono proposte come delle possibili oasi di tranquillità; abbiamo registrato anche un aumento di presenze estive probabilmente perché la montagna dà più il senso di distanziamento fisico. Ma resta vero che il Covid ha ulteriormente rallentato il movimento della ricostruzione, già non ancora del tutto avviato. Penso però che nella disgrazia doppia che si è verificata, qualcosa di buono va colto: se veramente ora ci sarà una accelerazione nella ripresa, la leva dell’edilizia potrà essere una grande risorsa per questi territori che, nonostante una tragedia che rimane tale, hanno questa opportunità che potrebbe diventare una possibilità».

Da Avvenire