Rieti, la povertà è dietro l’angolo

L’impegno di tante organizzazioni, associazioni, e singole persone a sostegno di chi attraversa un momento di difficoltà è molto prezioso. Ma forse non basta. Sembra anche necessaria l’elaborazione di nuovi modelli economici.

Non si può certo dire che a Rieti manchi la povertà. Anche se il disagio prova a restare nascosto, affiora continuamente nelle cronache, negli interventi pubblici, nelle azioni concrete delle associazioni.

In tanti cercano di dare una mano, di portare rimedio, di tamponare il crescente flusso delle necessità. È una attività che vede tra gli attori principali la Caritas diocesana e le Caritas parrocchiali, ma anche uomini e donne di buona volontà.

Non sono poche, infatti, le persone che danno un calcio all’indifferenza e si impegnano per gli altri. Ed è una fortuna, perché stiamo assistendo ad un’evidente crescita dei bisogni.

I nuovi poveri

Il fenomeno è quello dei “nuovi poveri”. Vuol dire che sempre più spesso vengono compromesse esistenze che solo pochi anni fa si trovavano al riparo dal rischio dell’indigenza.

Sono lavoratori esclusi dal ciclo produttivo o famiglie travolte da un incidente di percorso, da una dipendenza, da una malattia. Ma ci sono anche i giovani precari, i padri separati, gli imprenditori schiacciati dal fisco, i pensionati al minimo. Tante situazioni diverse, accomunate dalla dignità con cui affrontano le difficoltà.

A Rieti se ne è discusso lo sabato 18 gennaio, prendendo spunto dal libro sulle mense della carità di Alessia Guerrieri. È stato un incontro ricco di testimonianze dirette. Un convegno da cui è emerso uno spaccato esatto di queste vite in difficoltà, ma anche il ruolo positivo di chi sacrifica un po’ del proprio tempo per andare in soccorso di quelli che stanno peggio.

Prima dell’aiuto

Dei poveri ora sappiamo molto: chi sono, cosa fanno, chi si occupa di loro. Eppure ci manca qualcosa. La solidarietà, la vicinanza, l’attenzione per i più sfortunati sono indispensabili, ma possiamo continuare ad affrontare il problema solo in questo modo? Va bene nutrire i poveri, ma forse sarebbe utile pure domandarsi perché non hanno da mangiare: in fondo il cibo non manca.

Secondo gli esperti al mondo ce ne sarebbe a sufficienza per tutti! Ma anche senza farla tanto grossa, è evidente che qualcosa non quadra. Sarà colpa di un’economia ingiusta, che concentra le ricchezze nelle mani di pochi, umilia la vitalità dei disoccupati e sfrutta le persone fino all’osso? Visto che la povertà continua a crescere, un dubbio converrebbe averlo.

I mercati

A forza di ragionarci sopra potrebbe venir voglia di ripensare l’assetto produttivo, gli stili di vita, le modalità di consumo, le regole commerciali, fiscali e bancarie, l’indirizzo e la struttura della spesa pubblica.

«I poveri li avete sempre con voi», diceva Gesù, ma non vuol dire che si debba registrare il loro aumento senza porsi alcun problema.

Persino Papa Francesco ci invita a fare attenzione. Nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” critica il progetto di un mondo costruito attorno ai “mercati”. Soprattutto quelli grandi, quelli della finanza e dell’industria multinazionale. Ci scova la causa dell’esclusione, dell’iniquità, della miseria.

Ma il nostro immaginario è così intriso di ideologia mercantile che quasi non ce ne accorgiamo più. Siamo talmente assuefatti da non sembrare in grado a concepire una alternativa, un orizzonte sociale organizzato su basi diverse dalla compravendita, dalla concorrenza e dal profitto.

Dietro l’angolo

Ma ci conviene? Una cosa è emersa con chiarezza dall’incontro di sabato: la povertà è dietro l’angolo per tutti. Siamo tutti sull’altare del dio mercato, pronti per essere sacrificati in nome della competitività. Magari non ci credete, eppure certe situazioni le abbiamo sotto gli occhi. Non è quello che sta succedendo alla Schneider, ad esempio?

Facciamo del nostro meglio per sostenere i nuovi poveri nelle mense, ma proviamo anche a ragionare su come trasformare la solidarietà da estremo rimedio a fondamento della convivenza.

Su queste cose ci si scervella da anni e ovviamente nessuno ha la ricetta in tasca. Ma non per questo dobbiamo rinunciare. Un’economia capace di garantire a tutti un’esistenza dignitosa non dovrebbe essere impossibile. E impegnarsi per realizzarla sembra essere la più urgente forma di carità del nostro tempo.