La ridefinizione del chilogrammo da parte dei fisici

Le complesse metodologie per ridefinire un’unità di misura cruciale che la comunità scientifica vuole collegare ad una costante fondamentale della natura

In quest’estate ormai inoltrata, tanti di noi – vuoi a fini di salute, vuoi per preoccupazione estetica – sarebbero davvero felici che la propria bilancia di casa segnasse qualche chilo in meno, magari anche a costo di sacrificio personale. Ma non è certo per questa ragione che i fisici esperti in “metrologia” (scienza che si occupa della misurazione e delle sue applicazioni) si stanno dando da fare per ridefinire un’unità di misura cruciale come il chilogrammo. Com’è noto, essa è attualmente basata sul campione di platino-iridio custodito nell’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure di Sèvres, vicino a Parigi.
Noi profani, potremmo dire: e che ci vuole? Non sarà poi così difficile! Appunto, perché siamo profani in materia.

In realtà, il lavoro dei fisici si compone di fasi diverse, a partire dalla recente effettuazione di una più precisa misurazione della famosa “costante di Plank” (attualmente rappresentata dal numero 6,626069934 x 10-34). Questo parametro fondamentale della natura – la sua scoperta ha avuto un ruolo determinante per la nascita e la successiva evoluzione della meccanica quantistica – permette la quantizzazione di grandezze come l’energia, la quantità di moto e il momento angolare. In base alla costante di Plank, si è stabilito che le grandezze fisiche fondamentali non evolvano in modo continuo, ma siano quantizzate, cioè possano assumere solo valori multipli di tale costante.

Abbiamo detto che gli studiosi hanno effettuato una misurazione “più precisa” di questa costante fisica; ma si sta parlando di numeri infinitesimali. Basti pensare che la sua precedente determinazione, effettuata dal National Institute of Standards and Technology (Nist) degli Stati Uniti, aveva un’incertezza pari a 34 parti per miliardo. Ora, con l’ultima misurazione, i ricercatori dello stesso Istituto sono riusciti a diminuire tale incertezza a sole 13 parti per miliardo. E non si tratta neanche di un primato assoluto! La stima più precisa, infatti, appartiene al National Research Council of Canada, con un errore di 9,1 parti per miliardo.

In ogni caso, a gioire maggiormente di questi risultati è sicuramente la comunità metrologica internazionale che, proprio grazie alla costante di Planck, potrà ridefinire un’unità di misura così importante come il chilogrammo.

Ma come hanno fatto gli scienziati a rimisurare la costante di Plank? Anzitutto, basandosi sul fatto che essa mette in relazione anche la massa all’energia elettromagnetica. Per questa ragione, uno dei metodi più usati per misurarla prevede l’impiego della cosiddetta “bilancia di Watt”, recentemente ribattezzata “bilancia di Kibble” (costituita essenzialmente da una bobina elettrica collocata tra due magneti permanenti), che permette di bilanciare la caduta di un peso con una forza elettromagnetica misurabile. Misurando così i diversi parametri elettrici dell’apparato è possibile risalire al valore della costante di Planck.

Il passo successivo sarà il suo utilizzo per ridefinire il chilogrammo, unità di misura che la comunità scientifica ormai da tempo ha stabilito di non riferire più ad un artefatto (campione di platino-iridio), per quanto preciso esso possa essere, ma di collegarlo ad una costante fondamentale della natura.