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RiData: riunire le api operose

Di Rieti e della sua provincia si può parlare ben oltre il terremoto e le disillusioni che si porta dietro. Il punto è dotarsi delle lenti adatte per leggere la realtà, per poi agire in modo appropriato, e un tentativo in questo senso è proprio quello di RiData, che da un lato punta a raccogliere ed elaborare le informazioni

Un alveare di api operose, di persone capaci, a volte geniali. Ma che non comunicano tra di loro. È il ritratto emerso da un sondaggio realizzato sulla città di Milano dalla società demoscopica Ipsos all’indomani dell’Expo del 2015. Oggi, con le dovute proporzioni, potrebbe calzare anche alla realtà di casa nostra. Così almeno aveva suggerito Nando Pagnoncelli all’incontro avuto un mese fa con il gruppo di lavoro di RiData. Anche perché al cuore del progetto promosso dalla Chiesa di Rieti c’è proprio l’idea di ricavare dai numeri una lettura della realtà affidabile, a partire dalla quale si possano ricucire i discorsi e trasformarli in azione.

A Rieti e dintorni, infatti, non mancano le persone pensanti e neppure l’impegno. In quest’ultimo periodo lo si vede nel dibattito sul futuro della sanità. Suscitato da realtà del terzo settore, il discorso ha finito per interessare le istituzioni e la politica, chiamate a parlare dell’organizzazione dei servizi e della loro permanenza sul territorio. Anche perché c’è su queste cose c’è da rispondere a una petizione accompagnata da una lunga lista di sottoscrittori.

Un risultato che certamente rincuora per la partecipazione, ma non va guardato con distrazione. Perché al giorno d’oggi il “pubblico” pare muoversi sull’equivoco di una doppia lettura. Da un lato c’è l’idea del bene comune, della risorsa condivisa; dall’altro, troppo spesso, il cittadino si sente “pubblico” nel senso di “spettatore”. E infatti rivendica tutto il diritto di fischiare e applaudire a seconda delle circostanze. Anche senza scomodare il filosofo francese Guy Debord e la sua opera sulla Società dello spettacolo, è abbastanza evidente che buona parte della vita democratica viene ormai intesa nella seconda direzione. Una lettura che porta il cittadino ad ascrivere alla politica la responsabilità di tutte le nefandezze e a considerare la società civile qualcosa di angelicato, a farne la depositaria di tutte le virtù.

Una lettura stereotipata che a ben vedere non aiuta i processi virtuosi, che pure vorrebbe avviare, perché mantiene implicita quella diffidenza verso la controparte che frammenta gli sforzi delle persone di buona volontà. I discorsi sul marciare uniti e sul fare rete, infatti, sono quasi sempre sinceri. Eppure troppo spesso mancano il bersaglio e di solito si risolvono in retorica. Forse perché in un forte motore etico e valoriale, per quanto necessario, non è sufficiente. Anche a costo di sembrare cinici, occorre ammettere che il successo dei processi coesivi, più degli ideali, lo decreta la convenienza. Che stare assieme sia utile perché è un modo per moltiplicare le risorse e le energie positive bisogna sperimentarlo più che idealizzarlo. È anche per attivare questi processi che la Chiesa di Rieti organizza il Primo Maggio insieme ai Sindacati o ispira esperienze come quelle delle Comunità Laudato si’. E sempre con la consapevolezza che i cambiamenti, se verranno, non saranno repentini.

Per fortuna c’è molto su cui lavorare. È vero che al territorio manca il capitale economico e imprenditoriale, ma bisogna pure riconoscere che questa assenza è in qualche misura compensata da un grande capitale sociale, composto dalle realtà del terzo settore, ma anche da fattori legati all’identità e all’appartenenza. Lo sport, ad esempio, fa sentire orgogliosamente di Rieti e attrae sguardi dall’esterno. Le società dell’atletica, del basket, del calcio e del rugby non sono fini a se stesse, ma riescono a muovere e a coinvolgere la città in modo non trascurabile.

Lo stesso si può fare attorno agli eventi culturali, alla dimensione francescana, alla ricchezza ambientale. Di Rieti e della sua provincia si può parlare ben oltre il terremoto e le disillusioni che si porta dietro. Il punto è dotarsi delle lenti adatte per leggere la realtà, per poi agire in modo appropriato. E un tentativo in questo senso è proprio quello di RiData, che da un lato punta a raccogliere ed elaborare le informazioni; dall’altro si propone di restituire questo forzo al discorso generale attraverso incontri chiamati, non a caso, “di cittadinanza”. Una parola che qui va intesa come relazione, partecipazione del cittadino alla costruzione della città, impegno a mettere assieme. Si tratta di riconoscere che insieme ai legittimi obiettivi professionali e personali, ognuno di noi ha un ruolo nella società. Occuparsi di cittadinanza vuol dire ritrovare la simmetria di fondo tra la dimensione individuale e il senso di appartenenza.

Dopo l’incontro propedeutico vissuto a metà aprile con Pagnoncelli all’Auditorium Varrone, il prossimo appuntamento si terrà il 24 maggio presso la Casa Buon Pastore e sarà centrato sull’economia. Sarà un modo per discutere la situazione in base ai dati raccolti dalle realtà locali e nazionali e provare a capire se davvero ci aspetta un inevitabile declino o se è invece fondato il sospetto di nuove possibilità.