Ricordando la dedicazione della Cattedrale, il tempio segno che rimanda al cielo

Il secondo giorno dell’incontro pastorale cade nella ricorrenza liturgica che da diversi anni segna, in diocesi, l’avvio ufficiale delle attività: l’Anniversario della Dedicazione della Cattedrale. Il richiamo a tale ricorrenza liturgica è stato inserito nella celebrazione del vespro che chiude il pomeriggio di oggi a Contigliano: liturgicamente già i Primi Vespri della domenica, però come brano scritturistico l’ufficio liturgico diocesano ha voluto inserire il brano evangelico dell’incontro di Gesù con la samaritana, incentrato sul valore del vero tempio, così da concludere la giornata che fa memoria, nel “Proprio” della Chiesa reatina, del giorno – era il 9 settembre del 1225 – in cui papa Onorio III, in quegli anni spesso di stanza a Rieti con la corte pontificia, consacrava la basilica superiore intitolata alla Madre di Dio.

Ma già questa mattina tale brano evangelico è risuonato, nella Messa solenne celebrata in Cattedrale. Il vescovo monsignor Domenico Pompili, che ha presieduto l’eucaristia affiancato da monsignor Lorenzo Chiarinelli e da diversi presbiteri diocesani e religiosi, ha quindi già proposto una meditazione a partire dalla pericope giovannea che contiene una parte del dialogo, al pozzo di Giacobbe, fra Gesù e la donna di Samaria.

Un dialogo, ha detto don Domenico, da considerare «un capolavoro che mette in luce l’incomprensione della donna di fronte al mistero di Dio, e la pazienza di Dio che non solo soddisfa le attese umane, ma – prima ancora – le suscita». La donna, proponendo la diatriba fra giudei e samaritani in merito a quale sia il “giusto” tempio per adorare Dio, viene da Gesù spinta «a guardare avanti e a prendere coscienza che di fronte a lui la questione del luogo ormai è superata. Non solo perché Gesù afferma che non è più questione di adorare Dio solo qui o solo là, ma perché è altra cosa ormai il culto. Esso è “in spirito e verità”, cioè non dipende dal luogo che decide l’uomo, ma a che fare con la potenza di Dio». Infatti, ha ribadito Pompili, «Gesù è il nostro tempio che sostituisce il santuario del monte Garizim e quello di Gerusalemme».

Ma allora ha senso per una comunità cristiana festeggiare la dedicazione di un tempio fatto di mattoni? Occorre però sempre ricordare, ha spiegato il vescovo, che «ciascuno di noi è segnato dallo spazio oltre che dal tempo. Abbiamo certo una identità che va oltre queste due categorie, ma siamo condizionati dal luogo e dall’ora presente. Di qui nasce l’esigenza di avere uno spazio fisico che sia un ’segno’ verso l’oltre». Ecco così nascere la chiesa edificio «che, non a caso, non è tanto il luogo in cui riunire i fedeli che in origine si radunavano nelle case private, ma piuttosto il segno che rimanda all’Assoluto. Per questo dopo le persecuzioni cruente l’edificio sacro è orientato a ricreare il contatto tra cielo e terra». Ne è prova, ha precisato monsignore, l’altezza delle chiese, in sé un fatto inutile dal punto di vista strettamente funzionale se non avesse un valore simbolico, come pure «il fatto che la chiesa sia orientata ad oriente», e anche «la cupola che innalza l’edificio e richiama la presenza del mistero. Tutti indizi per rimandare ad un ‘oltre’ che simbolicamente richiama a Dio. Allora ha senso festeggiare la dedicazione della Cattedrale perché questo ‘santo segno’ rimanda nella sua bellezza al cielo e definisce così l’orizzonte della terra».

E allora le parole di Gesù riportate dall’evangelista, “Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità”, le possiamo considerare ripetute «anche a noi oggi: questa splendida opera che è la Cattedrale è un segno che ci fa sollevare lo sguardo verso il cielo e ci aiuta a ritrovare il senso e l’orientamento della nostra vita».