Come ribellarsi all’antropologia capovolta del gender

L’incontro, promosso dalla diocesi di Macerata e da numerose associazioni impegnate sul fronte della bioetica, è stato introdotto dal vescovo Nazareno Marconi: “Perché di certi temi non si deve ragionare, ma vanno accolti come verità indiscutibili? Questo è un fideismo laico che io non accetto”. Relatore l’avvocato Gianfranco Amato dei Giuristi per la vita: ha analizzato le contraddizioni del ddl Scalfarotto.

Quasi duemila persone in una Macerata considerata, troppo spesso, sorniona e distratta sui problemi che interessano la società, sono un evento. E, giornalisticamente parlando, rappresentano un fatto, una notizia. È accaduto venerdì 20 febbraio, quando il cinema Excelsior e la chiesa dell’Immacolata, in cui era stato allestito un maxischermo, letteralmente stipati, quasi non sono bastati a contenere coloro che – credenti e non – hanno assistito all’incontro “Educati da chi?”, promosso dalla diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia e da numerose associazioni impegnate sul fronte della bioetica, e incentrato sulla proposta di legge Scalfarotto contro l’omofobia e sul tema dell’ideologia gender nelle scuole. Ad intervenire sul palco, l’avvocato Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita (una task force di avvocati, filosofi del diritto e magistrati in grado di offrire un contributo concreto in tutte le sedi in cui il diritto alla vita viene interpretato ed applicato), con un curriculum nutrito di studi e incarichi che testimoniano l’autentica volontà di informare, le famiglie in primis, su quello che sta accadendo nelle scuole italiane, nonostante le etichette attribuitegli (da “talebano ignorante” a “troglodita bigotto”) e gli accesi dibattiti con il mondo politico che guarda con favore al ddl, approvato alla Camera il 19 settembre 2013 e ignorato da gran parte dei cittadini italiani.

Un dialogo basato su “Fides et ratio”, non comizi. Che l’atmosfera si scaldasse subito (e alla fine dell’incontro, con l’intervento di due giovani provocatoriamente contrari alle tesi sostenute da Amato) era prevedibile, quando in apertura è stato trasmesso un video sui campi di rieducazione in epoca nazista e l’intervento di papa Francesco – un passaggio ignorato da tutte le emittenti, tranne Tv2000 – sul gender e sul rischio della “colonizzazione ideologica” che imperversa nella moderna società votata al progresso e alla scienza. A chiarire i termini della serata, di fronte a una platea di educatori, insegnanti, sacerdoti, esponenti della politica maceratese e soprattutto loro, i genitori, c’ha pensato subito monsignor Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata. “Papa Benedetto nella bella enciclica ‘Fides et ratio’ ricorda che per noi cristiani la fede e la ragione sono i più grandi doni che Dio ha dato all’uomo. Un cristiano, perciò, deve testimoniare la sua fede e dialogare ragionevolmente con ogni uomo”, ha esordito monsignor Marconi. “Questa è una crisi di civiltà a cui, per onestà, tutti dobbiamo opporci, anche quando certe idee ci potrebbero convenire. Perché di certi temi – ha proseguito – non si deve ragionare, ma vanno accolti come verità indiscutibili? Questo è un fideismo laico che io non accetto. Come uomo, come italiano, come cristiano pretendo di ragionare su temi come l’educazione dei figli ed i contenuti che vengono proposti a scuola e da chi sono proposti. Per questo stasera vogliamo ragionare, non fare prediche o comizi, ma parlare di fatti concreti”.

Omofobia: un problema giuridico. A prendere dunque la parola, con la vivacità che lo contraddistingue, l’avvocato Gianfranco Amato che, grato per l’introduzione del vescovo Marconi, ha precisato come il problema “non è l’omosessualità, bensì l’omofobia”, citando la Costituzione italiana e scandendo la propria analisi attraverso domande capaci di ‘provocare’, intervallate da una carrellata di episodi concreti avvenuti nelle aule scolastiche del Paese. “Per la prima volta nella storia del nostro ordinamento giuridico – sostiene Amato – si tenta di introdurre un reato senza definirne il presupposto. Il ddl Scalfarotto, infatti, non definisce cos’è l’omofobia: nessuna legge in Italia definisce il concetto di omofobia. Il rischio, quindi, è che la definizione di questo concetto verrà rimessa alla discrezionalità del singolo giudice, secondo la sua personale sensibilità e visione del mondo”. In virtù della “forza pedagogica” che scaturisce da ogni definizione legislativa, in materia di orientamento sessuale “qual è il messaggio culturale che, attraverso l’insegnamento scolastico, passerebbe ai nostri figli? C’è da interrogarsi se, un domani, dovremo parlare, piuttosto, di eterofobia”.

fIn classe, la scienza asservita all’ideologia. Memori del fatto che a sancire “il diritto di priorità all’educazione dei figli” è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Amato – libretti e opuscoli alla mano – ha dunque posto l’attenzione sui metodi tramite cui l’ideologia gender viene inserita nei progetti educativi delle scuole primarie e secondarie, senza un coinvolgimento legittimo da parte dei familiari: vere e proprie filastrocche in cui si propongono ai bambini nuovi modelli di famiglia, mediante una “antropologia del tutto capovolta”. “Quando la scienza è asservita all’ideologia e al potere c’è da interrogarsi – ha messo in guardia il giurista – e in Italia, dal caso dell’insegnante di Moncalieri alla vicenda Barilla, sono numerosi gli esempi in cui si fa della discriminazione un pretesto strumentale: quando però l’incrostazione ideologica è così forte, diventa difficile ragionare e, a settant’anni dalle leggi raziali imposte da un regime totalitario, è opportuno chiedersi se siano queste le conquiste della democrazia”. Quanto all’indottrinamento del gender nelle scuole, Gianfranco Amato non ha dubbi: “A favorirlo sono le lobby e il business che ruota attorno alle cliniche, nonché al bieco mercato umano finalizzato all’inseminazione”. Una “galleria degli orrori”, ha concluso l’avvocato, “di cui i cittadini vanno informati, a futura memoria, a futura vergogna”.