Beni culturali

Riaperta la Santissima Trinità di Leonessa, gioiello di arte e storia

Riaperta al culto la piccola chiesa intitolata alla SS. Trinità, in Villa Bert, frazione dell’altopiano Leonessano: un segnale di rinascita civile, culturale e religiosa nelle aree del cratere sismico

La riapertura al culto della piccola chiesa intitolata alla SS. Trinità, in Villa Berti – frazione dell’altopiano Leonessano – segna l’inizio di un nuovo tempo, «sorta di rinascenza civile, culturale e religiosa nelle aree prossime al cratere sismico». Con queste parole il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili, invitato a consacrare ed officiare il rinnovato spazio di culto, ha voluto commentare l’evento dinanzi ad un nutrito gruppo di partecipanti, tra i quali il neo eletto sindaco di Leonessa Gianluca Gizzi.

Promotori e sponsor dell’iniziativa i componenti della comunità locale, con il parroco padre Orazio Renzetti e il coordinatore Gianni Camponeschi, uniti nel sostenere la conservazione della memoria storica del luogo, purtroppo intaccata dai recenti episodi sismici.

“Casa Berti”, come tramandato, vanta una antica tradizione legata all’accoglienza; strategicamente posizionata presso l’accesso N dell’altopiano, reca ancora strutture e vestigia del tipico borgo rurale e contadino di epoca tardomedievale, con planimetria quadrangolare accentrata sulla “curtis” centrale. La chiesa della SS. Trinità ne occupa l’angolo NO (con ingresso a S) come addizione al più vetusto ed esteso corpo di fabbrica settentrionale; edificata presumibilmente durante il I decennio del sec. XVII (la data “1606” graffita su uno dei conci dell’archetto di ingresso ne darebbe conferma) si colloca tra i più antichi edifici di culto dell’intero altipiano. Concepita ad aula mononave, reca una abside retrostante all’altare (oggi occupata dalla sacrestia) e conserva nel suo interno alcuni dipinti su tela di buon interesse storico artistico, tra cui una pala di scuola umbra, cronologicamente collocabile alla metà del sec. XVII.

Un’altra piccola tela – raffigurante anch’essa il tema della SS. Trinità, e anch’essa di ottima scuola – mostra elementi iconografici e storico-artistici addirittura più antichi, legati alla cultura pittorica tardo cinquecentesca di area romana; una ulteriore tela – sempre di epoca tardo seicentesca – mostra un “Sant’Antonio Abate”, presumibilmente di scuola locale.

La pala d’altare (un olio su tela di buone dimensioni) raffigura il tema della SS. Trinità, trattato in uno schema iconografico consueto per la Controriforma, dove la figura del suo principale – e storico – teorizzatore, S. Agostino Vescovo di Ippona, viene raffigurata ai piedi del “mistero”, con una copia del suo “De Trinitate” ed in atteggiamento devoto e dimesso, “spogliato” dagli attributi episcopali, qui retti da due cherubini in sua vece. La I metà del sec. XVII è un momento drammatico per il cattolicesimo occidentale, diviso dalla riforma protestante e dilaniato dalle incredibili accelerazioni intellettuali e scientifiche del tempo, pensiamo a Cartesio, Giordano Bruno, Galileo, Spinoza, Keplero, e l’appena concluso Concilio Tridentino (1581) teso invece a riportare la chiesa alla purezza e trasparenza del periodo paleocristiano.

Compito principale dell’iconografia sacra è il racconto e la catechesi permanente, comunicazione chiara e coincisa di ogni elemento storico, dottrinale, anche dogmatico, rivolta ad una assemblea di fedeli educati all’interpretazione; comprendiamo dunque – nel caso della pala d’altare di Villa Berti – sia la “loquela digitorum” fra il Padre e il Figlio – entrambi avvolti nel cono di luce dello Spirito Santo – sia l’espressione quasi prostrata di sant’Agostino, rassegnato alla critiche più feroci ma sempre di fondamentale presenza, pur nel suo aspetto umile e mortificato. Degne di nota le mani felicissime dei pittori (almeno due, un maestro artefice dei volti e dei particolari, ed un allievo, campitore di sfondi e panneggi); non sarebbe da escludersi un rapporto diretto con le maestranze al seguito dei Padri Cappuccini, stanziati a Leonessa fin dal principio del sec. XVI.

Sottoposti a complesse operazioni di restauro eseguite dalla D.ssa Josefina Marlene Sergio e da chi scrive (ArsLabor Restauro – Roma), sotto la diligente sorveglianza del funzionario di zona della Soprintendenza dottor Giuseppe Cassio, i tre dipinti hanno ritrovato la giusta condizione espositiva ed il dovuto rilievo anche grazie al lavoro del signor Tonino Berti, che si è occupato della ristrutturazione interna della chiesa.