Chiesa di Rieti

Restare in attesa, non divagare, non disperare

«Chiediamo al Signore di non farci sentire in guerra, che è una cosa ancora più terrificante, e facciamo sì che questo tempo sospeso si autosospenda», ha detto il vescovo Domenico nella sua meditazione di ieri sera

È contestando la metafora dell’«essere in guerra» che il vescovo Domenico ha proposto la sua consueta riflessione al termine della recita del Rosario nella cappella della Madonna del Popolo in Cattedrale. Mons Pompili ha infatti notato che l’immagine del conflitto armato non è la più aderente a quanto stiamo vivendo. Perché lo scontro non è tanto fisico, quanto interiore: «tutto si svolge al nostro interno, nel silenzio di tanta solitudine, dentro un’atmosfera rarefatta, priva di diversivi, e si fa perfino fatica a verbalizzare e condividere il magone segreto di ciascuno».

Viviamo – ha spiegato – in un «tempo sospeso», più simile a quando per errore o per necessità si viene messi in pausa durante una telefonata. Come accade in questi casi, si tratta allora di restare in attesa, di non divagare e di non disperare.

Tre atteggiamenti che occorrerà ancora coltivare nelle prossime settimane: «restare in attesa significa mantenere questa disponibilità all’ascolto dell’altro senza interrompere la conversazione per irritazione o per noia; e poi non divagare, che significa approfittare della pausa per cercare di cogliere meglio il filo dei nostri pensieri, per chiarire a noi stessi per prima cosa vogliamo dire all’altro; infine non disperare, cioè sapere che questa sospensione è per definizione provvisoria e la conversazione tornerà ad essere fluida».

«Chiediamo al Signore di non farci sentire in guerra, che è una cosa ancora più terrificante, e facciamo sì – ha concluso il vescovo – che questo tempo sospeso si auto sospenda».