Reliquiari e ostensori: alcune precisazioni

In riferimento alla notizia del ritrovamento della reliquia di sant’Antonio, sottratta giorni fa dalla chiesa di S. Francesco, si ritiene opportuna una piccola precisazione terminologica. Si è usato e si continua a usare sui media locali, impropriamente, il vocabolo “ostensorio” riferito alla reliquia, facendo così confusione tra i due oggetti rubati: in effetti, insieme al reliquiario (uno dei due, entrambi contenenti piccole autentiche reliquie del santo, provenienti dalla Basilica di Padova, venerati nella comunità antoniana reatina: l’altro reliquiario è rimasto fortunatamente al suo posto), dalla sagrestia della dugentesca chiesa francescana è stato sottratto anche un ostensorio, in quel momento vuoto poiché l’Ostia consacrata, che tale oggetto liturgico è destinato ad accogliere, ovviamente vi si trova solo quando si svolge l’adorazione (o processione) eucaristica.

Va precisato che l’oggetto contenente le reliquie, pur se vagamente somigliante nella forma a un ostensorio, non può essere confuso con esso né chiamato allo stesso modo: se è pur vero che l’etimologia del vocabolo richiama il verbo “mostrare, esporre” (latino “ostendere”) e che anche un reliquiario serve appunto a “mostrare” qualcosa (in tal caso una reliquia), la terminologia concernente le sacre suppellettili della tradizione cristiana distingue in maniera netta la parola “reliquiario” dalla parola “ostensorio”, essendo quest’ultimo destinato ad accogliere l’Eucaristia, l’Ostia consacrata che per la fede cattolica è il Corpo stesso di Cristo realmente presente sotto le spoglie del Pane, consacrato nella Messa e conservato nel tabernacolo, che all’interno della teca in vetro dell’ostensorio si pone solo nel momento in cui l’Eucaristia viene solennemente adorata: oggetto dunque, “gerarchicamente”, assai superiore, anche se finché è vuoto (e vuoto è quando non lo si usa ed è semplicemente appoggiato in sagrestia) è soltanto un oggetto metallico più o meno prezioso a seconda della sua fattura… Qualora, Dio non voglia, venisse sottratto un ostensorio contenente l’Ostia consacrata (cosa alquanto improbabile, dato che sarebbe possibile solo se qualcuno lo rubasse su un altare mentre è in corso l’adorazione eucaristica), oppure – cosa che purtroppo talvolta è avvenuta anche qui da noi – una pìsside contenente ostie consacrate violando il tabernacolo, tale furto sacrilego sarebbe molto più grave del furto di una reliquia, che è un oggetto indubbiamente di valore affettivo e devozionale ma non è nemmeno lontanamente paragonabile al sacramento che per i cattolici costituisce la presenza reale di Cristo! Un fatto del genere sarebbe un sacrilegio gravissimo, con cui il furto di una reliquia non sarebbe nemmeno lontanamente comparabile…

Questo riguardo il chiarimento terminologico. Venendo al caso che ha attirato con insolito interesse le cronache cittadine, va precisato (cosa che in alcuni post non appare in modo chiaro) che ad essere restituita è stata solo la reliquia, che il ladro ha tolto dal reliquiario (non dall’ostensorio, che come detto non c’entra nulla con la reliquia!) lasciandola su una panca della Cattedrale, dove è stata rinvenuta ieri sera dal vice parroco (non parroco, come erroneamente scritto da qualcuno) don Roberto D’Ammando (il quale è anche il cappellano della Pia Unione S. Antonio): reliquia che lo stesso ha già ripreso in consegna dai Carabinieri, che hanno provveduto a restituirla dopo aver effettuato i rilievi del caso. Non è stato invece finora ritrovato il reliquiario che la conteneva, così come rimane in mano ai ladri l’ostensorio che assieme al reliquiario era stato rubato. Entrambi gli oggetti sono peraltro di modesta fattura, di fabbricazione recente e di scarso valore commerciale, per cui non si comprende al momento come possano far gola a ignoti ricettatori. visto che si tratta di suppellettili moderne facilmente acquistabili, a somme non certo alte, presso qualunque ditta di articoli religiosi.