Chiesa di Rieti

Religiosi e religiose in festa. Il vescovo: «Condividiamo l’amicizia necessaria con Gesù»

Tanti i religiosi e le religiose che si sono ritrovati in Santa Maria per vivere in comunione con il Signore e insieme al vescovo Vito la Giornata Mondiale della Vita Consacrata

Un’esistenza pienamente dedicata al servizio di Dio e alla celebrazione della sua bellezza. È la vita consacrata, che consente ai credenti di sperimentare la profondità della loro fede in modi che una vita secolare non può offrire. A questa dimensione la Chiesa dedica la solennità della Presentazione di Gesù al Tempio, vivendo insieme la Giornata mondiale della Vita Consacrata. Per l’occasione, il 2 febbraio frati e suore, monaci e monache si sono ritrovati in Cattedrale a Rieti per vivere in più profonda comunione con Dio la propria missione, alla presenza del vescovo Vito.

Suo il compito di presiedere la celebrazione eucaristica, preceduta da una densa relazione. L’icona scelta per l’occasione è stata quella del Samaritano che, ha spiegato mons Piccinonna, innanzitutto ci ricorda che il malcapitato steso sul ciglio della strada siamo noi e che «tante volte Qualcuno non è passato oltre, ma si è fermato, si è preso cura della nostra vita, ci ha rialzati». E allora, quando siamo noi a rivolgere la nostra attenzione agli altri, è perché stiamo restituendo il tanto che abbiamo ricevuto.

Una consapevolezza confermata dalle due testimonianze che hanno fatto seguito: del cappellano della Casa circondariale di Rieti, don Paolo Blasetti, e di Stefania Marinetti, responsabile della Mensa Santa Chiara. Entrambi hanno sottolineato come l’incontro con i più fragili apra la porta a quello con Dio. In carcere, ha spiegato ad esempio don Paolo, ci si sente straordinariamente liberi, perché non c’è nulla che si possa davvero fare per risolvere i problemi dei detenuti e questo lascia concentrare finalmente l’attenzione sulle persone e la loro storia. Si instaura così un ascolto autentico e «vengono fuori delle testimonianze, delle visioni di Dio, delle comprensioni del Vangelo, che sono una cosa straordinaria».

«È vero che nell’incontro riceviamo molto, ma non può essere l’unica ragione per cui andiamo a soccorrere», ha aggiunto Stefania. «La motivazione che ci muove è che c’è un Cristo crocifisso che ha bisogno di qualcuno che si fa prossimo e che condivide con lui una relazione che restituisce dignità».

Questa stessa devozione, questo camminare più profondamente nella fede, questo cercare una comunione più autentica con Dio e servire come testimoni del suo amore è la spinta di fondo della vita consacrata, la cui bellezza è stata condensata dal vescovo Vito, nell’omelia, in tre immagini, spiegando che il consacrato è colui che offre, è colui che attende, è colui che è offerto. Offre «come Maria e Giuseppe, che, nella loro povertà hanno ricevuto da Dio un dono inatteso, un dono meraviglioso che supera ogni loro desiderio», ma «dovranno imparare che quel Figlio non è loro proprietà privata, ma sarà dono-donato sempre e sempre più»; attende «come Simeone ed Anna», vivendo senz’altro fine che non sia «dire al mondo che Colui che ci ama è venuto, viene e tornerà»; offerto «come Gesù» e non importa se « l’Altare su cui deve prolungare la sua offerta è una casa di accoglienza, un asilo, uno spazio gioco per i piccoli, la stanza dove giace un confratello o una consorella anziana».

Un ritratto di grande bellezza, quello proposto da don Vito, al quale gli stessi religiosi potrebbero obiettare di essere pochi, anziani, stanchi, ostacolati… ma sarebbe solo un ennesimo esercizio di umiltà: «Io sento di benedire Dio per i tanti religiosi che ho incontrato e con cui ho condiviso l’amicizia necessaria con Gesù e magari anche il servizio ministeriale», ha ribadito il vescovo, benedicendo tutti i presenti.