Regno Unito, Brexit risveglia la xenofobia. Molti immigrati, meno lavoro e un problema di identità

Gli atti intimidatori e le violenze verso gli stranieri crescono di giorno in giorno. In azione formazioni di destra estrema, ma c’è un disagio diffuso anche nelle classi medie. Le analisi dell’economista cattolico Hayes e del vescovo Kenney. Il quale segnala come le parrocchie che hanno accolto gli immigrati “ne hanno tratto beneficio, soprattutto a Londra”

Abusi verbali come “pachi” o “negro”. Bambini maltrattati a scuola solo perché polacchi. Volantini con la scritta “Non vogliamo più vermi polacchi”. Risse per strada tra chi non vuole gli stranieri e chi in qualche modo li difende. Ecco cosa accade nel Regno Unito del dopo Brexit: il voto per uscire dall’Europa comunitaria sembra legittimare i rigurgiti xenofobi.

Violenza vs. tolleranza. Secondo il “National Police Chiefs Council”, organismo della polizia che interviene quando un serio pericolo minaccia dall’interno il Paese,

le denunce per crimini contro i migranti sono aumentate di circa il 400% dopo il 23 giugno, con 331 incidenti la settimana rispetto a una media di 63 prima del referendum.

Organizzazioni di estrema destra come la “Lega inglese per la difesa contro i musulmani”, il gruppo “Gran Bretagna al primo posto” e il “Fronte nazione neonazista” si fanno sentire con manifestazioni in varie parti del Paese mentre le associazioni democratiche e antifasciste, “Speranza e non odio” e “Cittadini di Londra”, avviano incontri nelle zone a maggior rischio per promuovere tolleranza e aiutare le vittime di violenze.

Così non va bene… Mark Hayes, docente di dottrina sociale cattolica all’Università di Durham, getta acqua sul fuoco. “Anche se c’è stato un aumento notevole di questi episodi i numeri rimangono piccoli”, dice. “Tutto il Paese ha condannato l’estrema destra che si è sentita legittimata dal Brexit ad attaccare gli stranieri”.

Problemi veri, che hanno generato il terreno per questa ondata di xenofobia esistono, secondo l’economista

perché “centinaia di migliaia di persone arrivano nel Regno Unito alla ricerca di posti di lavoro e il nostro Paese viene messo sotto pressione per la disoccupazione molto grave nel resto d’Europa”. “Penso che questi spostamenti migratori” all’interno dell’Europa “non vadano bene”, continua Hayes, “e ritengo che la gente di qui abbia avuto ragione, almeno in parte, a incolpare di questi flussi l’Unione europea e a chiedere un controllo migliore delle frontiere”.

“Troppi stranieri”. “Il razzismo si manifesta dove c’è una grande concentrazione di stranieri, disposti a farsi pagare meno della popolazione locale, che si sente minacciata perché vede i propri stipendi perdere valore e servizi pubblici come sanità e welfare che non ce la fanno ad accomodare tutti”, spiega Hayes. Proprio come è capitato nel Lincolnshire, dove un alto numero di immigrati da Polonia (la comunità straniera più numerosa sull’isola), Lituania e Russia hanno ridato vita all’agricoltura cambiando, però, l’aspetto delle città e del modo di vivere e generando tensioni con gli abitanti locali. “Purtroppo anche per il Regno Unito, che pure attraverso i secoli ha integrato con successo varie minoranze etniche, la xenofobia non è un fenomeno nuovo ed è già capitato in passato che alte concentrazioni di stranieri generassero tensioni”.

Ambienti multietnici. Anche per il vescovo di Birmingham, William Kenney, responsabile del settore Europa per la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, “gli episodi di razzismo sono un fenomeno molto limitato e dovuto a minoranze della popolazione che tendono a sentirsi escluse e a non essere istruite e non capiscono davvero il mondo nel quale vivono”. Comunque

“questi episodi scioccanti vanno condannati”

e “penso che soltanto soluzioni di medio o lungo termine possano funzionare”, dice ancora il vescovo Kenney. “Bisogna generare situazioni dove persone di provenienze diverse si possano incontrare e conoscere. Le nostre parrocchie cattoliche che hanno tratto beneficio, soprattutto a Londra, dall’arrivo di migliaia di immigrati, sono spazi multietnici che hanno integrato con successo gli stranieri e rappresentano un laboratorio importante di integrazione”.

Questione di identità. Esiste anche un problema di identità nazionale, però, nel Regno Unito, secondo il vescovo responsabile per l’Europa perché

“questo Paese ha perso un impero, con la seconda guerra mondiale, e ci sono gruppi che non hanno ancora accettato questo fatto”

e “non vedono la realtà di quello che siamo davvero. Io penso – afferma Kenney – che il Regno Unito appartenga all’Europa e, con un certo controllo delle nostre frontiere, vorrei dare il benvenuto a chiunque voglia venire qui”.