Quel colpo di grazia…

Nella cronaca su Parigi un eccesso di sensazionalismo e di parole smodate

Di fronte a episodi come quelli che in questi giorni hanno sconvolto Parigi, la Francia, molta altra parte di mondo e tutti noi si resta attoniti e scioccati. Si cerca di capire, si vuole trovare un senso: ci si affida avidamente (anche) ai mezzi di comunicazione per restare informati su quanto successo e sull’evoluzione degli eventi. Ha gioco facile la televisione nel catturare l’attenzione degli spettatori aprendo spazi per speciali-fiume che spesso, anche al di là delle più lodevoli intenzioni, non servono in realtà a capire meglio le notizie ma soltanto ad alzare ulteriormente una temperatura emotiva già alle stelle.

Per le sue stesse caratteristiche strutturali, il piccolo schermo non può che puntare sulla diretta e sulle immagini. Ma quando queste ultime sono di impatto forte, si finisce spesso per dimenticare il confine fra ciò che è lecito mostrare e ciò che si può anche non mostrare o che addirittura sarebbe decisamente da non mostrare in assoluto.

Quante volte abbiamo visto e rivisto il breve filmato che mostra il colpo di grazia di uno dei terroristi massacratori di Charlie Hebdo contro il poliziotto ferito a terra e disarmato? Che cosa abbiamo saputo o capito in più vedendolo? Il taglio dei fotogrammi del vero e proprio sparo contro il poveretto mostrando tutto fino all’attimo precedente e dall’attimo successivo all’esecuzione ha reso più accettabile la messa in onda?

Quando abbiamo visto quel video, sapevamo già cosa era successo, perché ci era stato anticipato dal conduttore di turno (o per aver letto i titoli che lo precedevano nei siti delle testate online). Eppure, è stato ripetutamente mandato in onda. Eppure, è stato “cliccato” innumerevoli volte. Eppure, tutti i principali quotidiani nei giorni immediatamente seguenti la strage ne hanno pubblicato i fotogrammi cruciali in prima pagina e nelle successive.

Anche il video girato dal tetto di uno dei palazzi vicini alla sede del periodico satirico francese durante l’attacco, come pure quello che ha mostrato l’ultimo assalto delle forze speciali francesi che hanno ucciso i sospettati terroristi, è andato in onda a ripetizione, anche quando era già stato detto e spiegato tutto il dicibile e lo spiegabile.

Se l’intento delle testate informative e dei programmi di approfondimento voleva davvero essere esplicativo e chiarificatore, sarebbe stata preferibile qualche immagine in meno e qualche parola sensata in più. Se invece l’obiettivo voleva essere quello di alimentare il già alto sensazionalismo di fondo, allora si può cinicamente dire che più di qualcuno l’abbia centrato.

Va purtroppo nella cinica direzione di questa seconda ipotesi anche la scelta di far parlare in trasmissione personaggi notoriamente propensi all’eccesso dei toni e alla forzatura ideologica, quando non addirittura alla menzogna razzista o xenofoba, pronti a rilanciare la falsa e letteralmente odiosa “equazione” per cui musulmano significa terrorista o ad affermare che l’unica risposta alla violenza sia una violenza ancora più forte.

Non giustifica trincerarsi dietro lo sdegno e l’orrore che fatti tanto orribili provocano in tutti noi per giustificare i facinorosi di casa nostra. E non si può nemmeno lontanamente pensare di ridicolizzare chi – come Papa Francesco – di fronte alla crudeltà cieca e inspiegabile aumenta le “dosi” di richiamo alla preghiera e all’amore di Dio, come unica salvezza dal male che c’è nel mondo.

Eppure simili personaggi li abbiamo sentiti e risentiti. Non serve ripetere i loro nomi e cognomi: non se lo meritano e certe affermazioni non devono trovare ulteriori casse di risonanza.

Intanto, nelle ore in cui la tv ci teneva aggiornati minuto per minuto sull’inseguimento e l’uccisione dei terroristi di Parigi, passava anche la notizia di una nuova strage in Nigeria, dove i miliziani integralisti di Boko Haram avrebbero attaccato e distrutto 16 villaggi, provocando oltre 2 mila morti. La lontananza e la mancanza di immagini hanno dato a quest’altro fattaccio un peso ben diverso.