Scienza

Quei pianeti “canaglia”

Non tutti i pianeti hanno una stella madre cui legarsi in un'orbita regolare. Alcuni, infatti, sono corpi spaziali erranti, detti "pianeti interstellari o orfani"

Da quattro miliardi e mezzo di anni circa, la Terra continua a percorrere la sua orbita attratta dalla forza gravitazionale della sua stella di riferimento, il Sole. Ma non è da sola. Con essa, infatti, contribuiscono a formare il Sistema Solare altri sette pianeti (tre pianeti rocciosi interni e quattro giganti gassosi esterni), cinque pianeti nani, i loro rispettivi satelliti naturali, e moltissimi altri corpi minori (asteroidi, comete, meteoroidi e polvere interplanetaria).

Eppure, non tutti i pianeti hanno una stella madre cui legarsi in un’orbita regolare. Alcuni, infatti, sono corpi spaziali erranti, detti “pianeti interstellari o orfani”, che vagano liberamente nello Spazio, senza punti di riferimento gravitazionale. E, probabilmente, non sono neanche pochi, dato che negli ultimi anni gli astronomi ne hanno identificati diversi, mentre un recente studio (pubblicato su “Nature Astronomy”) annuncia la scoperta di ben 70 di questi oggetti in un solo colpo! Statisticamente parlando, potrebbero addirittura essere miliardi, estremamente difficili da osservare poiché sono visibili solo per poche decine di milioni di anni, se non meno. In pratica, potrebbero essercene miliardi solo nella nostra galassia, la Via Lattea.

Va anzitutto sottolineato che questa recente acquisizione osservazionale potrebbe rivestire una particolare importanza in merito alla comprensione dell’origine – finora misteriosa – di questi corpi spaziali. I pianeti erranti – o meno carinamente “pianeti canaglia”, secondo la traduzione letterale del termine inglese (rogue planet) – sono infatti oggetti estremamente sfuggenti e difficili da osservare, poiché nessuna stella li illumina e non esercitano alcuna influenza gravitazionale regolare su altri oggetti.

Per realizzare questa ricerca, il gruppo internazionale di scienziati coinvolti si è avvalso

dell’uso di vari telescopi, dall’Osservatorio europeo australe (Eso) al telescopio spaziale Gaia (Esa) e altri telescopi, dai quali sono state ottenute migliaia di immagini ad ampio campo, durante centinaia di ore di osservazioni. “È stato possibile individuare questi pianeti – spiega l’astronoma Núria Miret-Roig (Laboratoire d’Astrophysique, Bordeaux, Francia), coordinatrice dello studio – perché restano caldi per milioni di anni dopo la loro formazione, perciò emettono radiazioni. Così abbiamo analizzato i livelli di luminosità, oltre a caratteristiche come il colore e i piccoli movimenti di milioni di sorgenti diverse in un’ampia zona del cielo. Questo metodo ha permesso di individuare anche corpi con una luminosità molto debole: in particolare, almeno 70 di tali sorgenti sono in effetti pianeti con masse paragonabile a quella di Giove”.

Ma da dove provengono questi “pianeti canaglia”? Nel tentativo di trovare risposta a quest’interrogativo, gli astronomi al momento hanno avanzato due ipotesi, probabilmente entrambe corrette. La prima ipotizza che tali pianeti siano stati espulsi da sistemi solari in giovane età, quando cioè i grossi pianeti non si erano ancora stabilizzati sulle orbite che avrebbero poi mantenuto per miliardi di anni. In base a questa ipotesi, non si può escludere che anche il nostro Sistema Solare, nelle sue prime fasi di formazione, abbia espulso qualche pianeta dal suo interno. La seconda ipotesi avanzata dagli studiosi, invece, vuole che i pianeti erranti siano il risultato di un collasso di una nube di gas troppo piccola per formare una stella. Si comprende meglio, dunque, come la recente scoperta di un elevato numero di pianeti vaganti possa effettivamente aiutare gli astronomi a comprendere quale due ipotesi sia la più corretta.

dal Sir