Quattrocentenario di San Giuseppe da Leonessa. Omelia del Vescovo

Omelia di Mons. Delio Lucarelli in occasione del IV centenario della morte di san Giuseppe da Leonessa. Domenica 9 settembre 2012.

Fratelli e sorelle carissimi,

con gioia grande celebriamo oggi la conclusione della ricorrenza quattro volte centenaria della morte di san Giuseppe da Leonessa, avvenuta sabato 4 febbraio 1612: sia ringraziato il Signore!

Saluto con sincero affetto tutti voi, carissimi devoti di san Giuseppe, tutti i religiosi e le religiose convenuti, le Autorità civili (e militari), a cui formulo, al di là della circostanza, l’augurio di ricevere una significativa spinta ad operare il bene. Dice, infatti, l’Apostolo: «…è Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni».

Come è noto san Giuseppe, già dal momento della morte, da tutti fu ritenuto “Santo”, anzi in tutta la sua vita seppe testimoniare la sua totale adesione a Cristo, suscitando sempre ammirazione e desiderio di imitazione, proprio a motivo dell’esercizio eroico delle virtù cristiane.

Rileggendo gli episodi della sua vita non possiamo non chiederci come sia possibile scegliere di donarsi a Dio interamente, come possa accadere che una persona decida di spendersi tutta per Cristo e per la Chiesa, come si possa ascoltare e decifrare bene la vocazione, la chiamata del Signore. – Sono interrogativi non facili, per certi versi inquietanti, se visti solo nell’ottica puramente umana della scelta di un lavoro o di una attività.

Nel leggere il Vangelo notiamo che Gesù “attrae” viandanti, persone che restano stupìte di fronte alle sue parole e ai gesti che egli compie, alcuni risposero: ti seguirò ovunque tu vada!

Mi sembra di scorgere proprio in questo atteggiamento, se possiamo dire così, il segreto, la ricetta della vocazione. Non è tanto la parola di chi chiama, pur importante, ma l’adesione di chi si sente chiamato, perché “ammirato” dallo stile di vita di qualcuno che vede come speciale.

Lo possiamo dire anche noi che da tanto tempo abbiamo risposto a questa vocazione speciale, di vita totalmente spesa per la causa del Vangelo; ma lo possono dire anche coloro che hanno risposto alla vocazione della loro vita laica nella sfera civile.

A chi si dichiara pronto a spendersi per la causa del Vangelo, Gesù risponde con un po’ di ruvidezza: il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Come a dire, non ti aspettare tante soddisfazioni umane e retribuzioni materiali, perché potresti rimanere deluso.

È il fascino e la scommessa di una vocazione religiosa, che nasce da quella “ammirazione” e dal quel desiderio di “imitazione” per qualcuno che ci risulta speciale.

Ciò è accaduto anche nella vita non molto lunga (san Giuseppe visse 57 anni), ma intensa e infaticabile del nostro amato santo.

Egli perse fin da piccolo i genitori, e le premure dello zio Battista “maestro di umanità” lo avviarono a scelte di impegno nello studio e nella cultura.

La sua vita fu provata dalla sofferenza fin dall’inizio per la perdita dei genitori, ma non fu questa la causa della sua scelta religiosa, poiché era figlio di benestanti e non mancarono prospettive di matrimonio anche allettanti.

La vita francescana lo avvinse, rimase ammirato dal Vangelo e dalla modalità francescana di incarnarlo nel tempo.

Questo è il nucleo fondamentale e fondante della sua esperienza di vita religiosa e cristiana.

Nella radicalità della sequela si realizza ancora oggi la profezia di Isaia: i piedi del messaggero di lieti annunzi, che sono pace, bene e salvezza.

San Giuseppe è stato messaggero di lieti annunzi, cioè di Vangelo, su questi monti di Leonessa e Amatrice, ma anche nelle terre del vicino Abruzzo; questi lieti annunzi non sono altro che il Vangelo, che l’esperienza francescana ha declinato nel breve saluto “pace e bene” che racchiude tutto quello che si può augurare ad una persona: cioè la salvezza!

 

Mi sento di sottolineare ancora un aspetto che non mi sembra secondario nella vita del nostro Santo, anche se non vorrei essere – come dire – macabro.

La morte è stata il contorno oscuro e ad un tempo luminoso della sua vita: quella dei genitori ha caratterizzato la sua infanzia; e la sua vita nuova nel Regno è stata segnata da una sofferenza intensa accolta con amore. Una morte vibrante che lo ha visto proteso verso il cielo, proprio nel giorno di sabato, in compagnia di Maria.

Carissimi, gli insegnamenti di fra’ Giuseppe non sono pochi, molto impegnativi, eroici appunto, perché rari.

Veniva chiamato “ammazza compagni”, perché era difficile stargli dietro, era “infaticabile”, lo definisce così la colletta della Messa propria.

Mi preme molto un’ultima osservazione sull’insegnamento che potremmo definire “apostolico” di san Giuseppe. – Se fossimo qui solo per fare un bel ricordo, solenne e festoso, ma un puro ricordo, resterebbe in noi l’amarezza che suscita un fuoco di paglia quando si spegne.

Il suo esempio, che cattura la nostra ammirazione ci deve spingere ad imitarlo, se non proprio per la sobrietà e la povertà, almeno per il fervore apostolico instancabile che lo caratterizzò.

A volte ci soffermiamo a pensare a quanto tempo passa invano e a quante persone passano oltre, perché noi non siamo stati capaci di suscitare ammirazione e stima, e non siamo stati di esempio per tanti giovani che pure vorrebbero spendersi per la causa del Vangelo.

Questo deve essere il nostro cruccio: come possiamo fare per manifestare quella gioia che nasce, anzi che sgorga, dalla nostra vocazione.

È quella gioia, uno stile di vita denso di impegni di apostolato e di evangelizzazione, che diventa il seme di nuove vocazioni alla vita religiosa in particolare, ma anche ad una vita cristiana autentica e ricca di significato.

Carissimi, soprattutto voi, genitori e nonni che siete devoti di san Giuseppe: raccontate sempre ai vostri figli e nipoti la storia della vita, ma più ancora delle qualità e delle virtù umane e cristiane del nostro amato frate cappuccino, perché in questi quattro secoli il suo esempio ha veramente illuminato la Chiesa e questa terra del comprensorio reatino.

Dite loro le parole del salmo: grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia!

Questo gaudio si estenda alle future generazioni, perché ancora tante luci vengano ad illuminare il mondo.

Santi come san Giuseppe sono luci per il buio del mondo, che danno tanta speranza e tanta forza per combattere in favore del bene.

Essi scuotono la nostra coscienza, sono come «sentinelle che alzano la voce – dice il profeta Isaia – poiché vedono il ritorno del Signore».

«Allora la nostra bocca si aprirà al sorriso e la nostra lingua si scioglierà in canti di gioia»!

Amen.