Quattro Sì ai Referendum: problema politico? No, religioso!

I quattro referendum del 12 giugno nascono da logiche diverse, ma tutte decisive. Riguardano problemi centrali, strettamente legati al modo in cui la nostra società intende pensare la vita e progettare il proprio futuro.

I due quesiti sull’acqua, ad esempio, hanno una portata che va molto oltre il loro contesto immediato. Investono un tema di fondo del mondo contemporaneo. Chiedono agli italiani se deve o meno esistere un limite alla mercificazione del mondo.

Referendum 2011, come si vota

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Si può immaginare che l’aria venga venduta da una società privata? Eppure la privatizzazione dell’acqua risponde a questa stessa logica inquietante. In nome del mercato e di una efficienza presupposta e indimostrata, si cerca di portare sotto il controllo del capitale finanziario un elemento vitale e imprescindibile per la sopravvivenza. Un tentativo che corrisponde alla volontà del potere economico di colonizzare e dare forma ad ogni aspetto dell’esistenza per poterne assumere il controllo.

In questa direzione muove anche il quesito sul nucleare. Anche nel sottosuolo di questa scelta si nasconde un problema di centralizzazione e controllo. Il Sì sarebbe giustificato anche solo dal pericolo potenziale che rappresenta l’energia atomica, con buona pace delle “centrali di nuova generazione”. Ma il problema vero è l’indirizzo della politica energetica prossima ventura. In molti avranno notato che, nei pochi dibattiti, i nuclearisti puntano ad una contrapposizione tra centrali nucleari e centrali a base di sistemi rinnovabili. Lo fanno perché sanno che è un terreno in cui le seconde sono perdenti. In questo modo però, il problema è mal posto. L’alternativa al nucleare è molto più radicale; il no alle centrali che bruciano uranio è implicitamente un no al sistema delle centrali in genere. Bloccare il ritorno al nucleare vuol dire anche aprire la strada ad una produzione energetica più sobria e meno centralizzata. Tolta la possibilità di nuove centrali, lo spazio della produzione energetica potrebbe riorganizzarsi privilegiando l’introduzione di sistemi piccoli e diffusi, capaci di sottrarre controllo al potere centralizzato per restituirlo ai cittadini attraverso i vari sistemi di autoproduzione energetica.

Apparentemente lontano dalla concretezza dell’acqua e dell’energia è il quesito relativo al legittimo impedimento. In sostanza i cittadini sono chiamati a dire se il Presidente del Consiglio, esclusivamente in virtù della carica che ricopre, può o meno giovarsi del rinvio delle udienze dei procedimenti giudiziari in cui è coinvolto. Parlando del tema, i media puntano ad evidenziare le conseguenze personali e politiche del Sì rispetto alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. Anche in questo caso però c’è un tema più sottile da tenere presente. Il “legittimo impedimento” compromette il valore dell’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini, sancito dalla Costituzione, introducendo un punto di squilibrio nel sistema della giustizia.

Come l’acqua e la questione energetica, anche questo è un tema che riguarda il bene comune. I Referendum in quanto tali chiamano ovviamente a scelte politiche, ma il rispetto per i presupposti naturali della vita, la custodia dell’ambiente naturale, l’equa distribuzione delle risorse, la ricognizione del senso di giustizia nel mondo e del suo senso complessivo, sono anche questioni squisitamente religiose. Il sostegno al Sì da questo punto di vista si illumina di una prospettiva ulteriore e rimanda ad una responsabilità più profonda, a quello che la Chiesa cattolica chiama “lo sviluppo umano integrale”.

Non è un caso se questa tornata referendaria, oltre all’impegno di religiosi un po’ fuori dal coro come Alex Zanotelli, ha incontrato l’interesse di diocesi e movimenti cattolici. La religione è ciò che lega, la visione che tiene insieme gli aspetti del mondo, che ne indica il senso complessivo.

I referendum del 12 e 13 giugno prossimi sono centrati per l’appunto su alcuni valori comuni e universali. Anche per questo c’è da sperare che ascoltando la propria coscienza, in tanti sentano il diritto-dovere di dire la propria affinché l’acqua non sia ridotta a merce e dominata dall’interesse di pochi, l’energia sia prodotta sempre più responsabilmente e nel rispetto dell’ambiente, e il senso di giustizia prevalga sul bisogno di privilegio dei potenti.