Il primo Natale del Custode, padre Patton. “Non guardiamo solo ai muri, pensiamo anche a come superarli”

Il primo Natale di padre Francesco Patton, come Custode di Terra Santa, sarà tutto per i fratelli cristiani, e non, segnati dalla guerra. Il pensiero rivolto “a tutte quelle persone che hanno bisogno di pace e la desiderano con tutto il cuore”, in Siria, in Iraq, come anche in Israele e Palestina, quella Terra Santa divisa dal muro. L’invito del Custode è vivere il Natale come momento di “incontro tra la gente e quindi anche del superamento dello stesso Muro. Spesso – dice il Custode – vediamo solo il Muro ma dobbiamo anche vedere come lo si supera”. Il 2017 segna il 50° dell’occupazione israeliana ma la speranza del frate francescano è che sia anche l’anno della ripresa dei negoziati. Un monito ai governanti: “pensare di sostituirsi a Dio rende difficile raggiungere la pace. Chi vuole sostituirsi a Dio semina odio, discordie, guerre e violenze”

“Attendo questo Natale in modo speciale anche per la particolarità del luogo dove lo celebrerò, vale a dire a Betlemme, dove Cristo si è incarnato. Lo vivrò pensando soprattutto a tutte quelle persone che hanno bisogno di pace e la desiderano con tutto il cuore”. Il suo primo Natale da Custode lo racconta così, padre Francesco Patton, frate francescano di origine trentine, dal 20 maggio di quest’anno Custode di Terra Santa, una delle principali autorità religiose cristiane di questo lembo di terra, crocevia delle tre religioni abramitiche, Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Oltre ad essere alla guida della Custodia di Terra Santa, considerata la prima missione dell’Ordine dei Frati Minori – che si estende in Israele, Palestina, Libano, Siria, Giordania, Cipro e Rodi, fino al Cairo con il convento del Muski – il Custode, a nome della Chiesa Cattolica si prende cura e custodisce la maggior parte dei Luoghi dell’Incarnazione di Gesù e ne cura le “pietre vive”, ossia le comunità cattoliche presenti sul territorio.

Inevitabile, allora, che il suo primo pensiero vada alla Siria dilaniata dalla guerra, ai milioni di profughi e sfollati che il conflitto siro-iracheno si  sta portando dietro. “Stiamo pregando per la pace in questo Paese devastato – dice il Custode – ad Aleppo i bambini pregano per la pace, i grandi stanno facendo altrettanto. Speriamo che la pace cantata dagli angeli diventi un qualcosa di concreto sulla terra”. Ma sarà un Natale di sofferenza anche per tanti cristiani che vivono nel Medio Oriente che rischia di perdere per sempre i suoi abitanti originari. “Tutti i cristiani di questa tormentata regione attendono il Natale con una intensità particolare – afferma padre Patton -. Qui in Terra Santa spero sia un Natale abbastanza sereno nonostante la fatica di chi si trova a essere minoranza. Un pensiero di vicinanza è per i nostri fratelli cristiani iracheni che pregheranno Gesù bambino perché ponga fine alla guerra. Il loro desiderio è vedere e toccare la pace. In molti altri Paesi mediorientali i cristiani festeggeranno il Natale nei loro riti, diversi ma tutti nella consapevolezza e nella gioia di poter esprimere pubblicamente la loro fede.

Le grandi feste cristiane sono anche occasione per la nostra minoranza di dire che ci siamo, siamo quelli che credono in Gesù, Figlio di Dio fatto carne”.

Betlemme, città natale di Gesù, in questi giorni è la capitale mondiale dei cristiani ma anche lo specchio più fedele delle tante sofferenze e contraddizioni che la Terra Santa vive. E non è solo una questione di Muro israeliano, che divide e separa famiglie, terre, affetti. Lo sguardo del Custode va oltre. “In occasione del Natale da Gerusalemme si va a Betlemme. Le grandi feste cristiane, come anche la Pasqua, sono il momento maggiore di passaggio e di incontro tra la gente e quindi anche del superamento dello stesso Muro.

Spesso vediamo solo il Muro ma dobbiamo anche pensare a come superarlo”.

Impresa non facile, ammette. La storia in Terra Santa sembra remare contro la speranza. Il 2017 segna il 50° dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi.

“Il 2017 è un anno nuovo – sottolinea padre Patton – e va affrontato come tale, vale a dire con la speranza che, al di là dei fatti storici cui rimanda, possa essere un anno in cui si riprenda un dialogo costruttivo e rispettoso delle esigenze di israeliani e palestinesi e che porti al riconoscimento della presenza, del diritto ad esistere e a vivere con dignità di tutti e due i popoli”.

Lo sguardo del Custode va ancora più oltre, per ricordare che “il 2017 non segnerà solo i 50 anni di occupazione ma anche i 100 anni delle apparizioni della Vergine Maria a Fatima. Sono apparizioni che parlano di pace. Nutriamo tutti la speranza che quei segni di pace possano compiersi”.

Ambasciatori di pace possono essere anche i pellegrini. Ne sono attesi tanti per questo tempo di Natale in Terra Santa, dopo un periodo di calo. “Non bisogna avere paura. La Terra Santa è sicura” è l’appello che arriva dai cristiani di qui. “Auspichiamo tutti un incremento dei pellegrinaggi – dichiara padre Patton – negli ultimi mesi si è registrata una evidente ripresa. Ottobre e novembre sono stati mesi con molte presenze”. Ai pellegrini in arrivo l’esortazione del francescano:

“venite a Betlemme con lo spirito dei pastori e dei Re Magi: adorate Gesù Bambino e ritornate alle vostre case riportando lo stupore e la gioia dell’incontro con il Figlio di Dio. Testimoniate un Dio vicino del quale non avere paura”. Perché è anche così che si gettano semi di pace.

La preghiera per questo Natale, il primo da Custode, di padre Patton è tutta per la pace, ma con un monito ai ‘potenti’ della terra: “quando gli angeli a Betlemme intonano il ‘Gloria a Dio nell’alto dei cieli’ subito dopo aggiungono ‘pace in terra agli uomini che Egli ama’. Vuole dire che la pace sulla terra è possibile solo quando viene riconosciuto Dio.

Pensare di sostituirsi a Dio rende difficile la pace. Chi vuole sostituirsi a Dio semina odio, discordie, guerre e violenze.

La mia preghiera per questo Natale è che la pace arrivi nei cuori di tutti come frutto del sentirsi amati da Lui”. Costruire ponti per costruire il dialogo e la pace. Il saluto francescano è “Il Signore vi dia pace”. Non solo un saluto ma un programma di vita per tutti i cristiani. Non solo in Medio Oriente.