Preteste in Sicilia: un grido fortissimo per un disagio reale, ma disarticolato e senza un progetto serio

Continua in Sicilia la protesta del Movimento forza d’urto, composto da autotrasportatori, agricoltori, pescatori, artigiani, piccoli imprenditori, che con presidi in punti nevralgici di varie province blocca il passaggio di tir e camion.

Benzinai chiusi nelle grandi città perché non sono stati riforniti di carburante, supermercati con poche derrate, acqua minerale ormai rarissima: sono alcune delle conseguenze visibili dello sciopero.

Grido di malessere.

“È una manifestazione che nasce da esigenze reali che sono quelle di una popolazione che si vede sempre più degradata dal punto di vista economico, politico, culturale e dell’immaginario collettivo: la Sicilia sta andando indietro e ne sono un evidente segno le fughe di cervelli che vanno a studiare o a lavorare al Centro o al Nord. Ciò è dovuto non alla qualità delle Università, ma alla percezione che qui il lavoro non c’è”. Ad analizzare la protesta per il SIR è Giuseppe Savagnone, direttore del Centro per la cultura della diocesi di Palermo. “In questa situazione di disagio si unisce, però, una protesta che ha toni qualunquisti, che finiscono per rendere inconsistente le giuste motivazioni che ci stanno dietro – osserva Savagnone -. Il capo di questo movimento, infatti, parla di una Repubblica siciliana e si appella alla resistenza dei siciliani accanto ai cartaginesi contro i romani: questo fa sorridere, soprattutto perché quando si chiede cosa voglia effettivamente il movimento, emerge molta vaghezza”. Eppure, ammette il direttore del Centro per la cultura palermitano, “questa protesta è un grido fortissimo di malessere, ma purtroppo disarticolato. Un grido che invoca un cambiamento, a cui non corrisponde la serietà di un progetto, non ci sono idee chiare”. Oltretutto, l’esperto avverte sul rischio che “una Repubblica siciliana potrebbe essere il regno della mafia”.

Il ruolo della Chiesa.

In questa situazione, sostiene Savagnone, “la Chiesa ribadisce la sua prossimità dal punto di vista sociale e di solidarietà umana a tantissima gente che qui in Sicilia vive male”. Al tempo stesso, per il direttore del Centro per la cultura palermitano è necessario “continuare e rafforzare la denuncia di uno stile della classe dirigente siciliana che è alla base del disagio”. Per ridare speranza alla popolazione siciliana, secondo Savagnone, si possono distinguere due livelli: “Innanzitutto, bisogna chiedere a tutto il Paese di dare una mano in questa situazione e già si sta facendo, con il presidente del Consiglio Monti che sta cercando di dare delle soluzioni immediate, benché parziali. C’è poi un altro discorso che riguarda tempi più lunghi e che deve vedere come obiettivo la creazione di una nuova classe dirigente”. Dietro la protesta, infatti, “c’è una giusta insofferenza”. E qui torna in campo il ruolo della Chiesa “per formare le coscienze all’impegno socio-politico dei cittadini”. Come già fa, la comunità ecclesiale deve continuare a spiegare alla gente che “siamo tutti responsabili della cosa pubblica” e che “non è ammissibile il voto di scambio alle elezioni”, combattendo “la logica del clientelismo”. Insomma, “occorre voltare pagina”. Grazie alla formazione si può arrivare a “nuove idee, nuovi uomini, nuove proposte”, come chiedono il Papa e i vescovi italiani.

Colpite le attività commerciali.

In Sicilia le forze produttive, a giudizio di Savagnone, “si dimostrano deboli”. Dalla protesta, poi, “i primi a risultare svantaggiati sono gli stessi siciliani, perché sono colpite le attività commerciali e produttive in modo consistente, in un momento che è già di crisi”. “La protesta di questi giorni possa servire a fare una riflessione più articolata sullo stato di vera emergenza in cui si trovano tante famiglie che vivono nella nostra terra”. È l’auspicio di don Mario Sorce, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Agrigento, in una nota diffusa oggi. “La protesta – afferma don Sorce –, per alcuni versi legittima ma che di fatto sta anche bloccando le attività economiche e creando disagi in tutta l’isola, rappresenta il malessere che attraversa la società per il grave momento di crisi e d’incertezza, che colpisce particolarmente la Sicilia”. La Chiesa, ricorda il direttore dell’Ufficio diocesano, “partecipa e tenta con le sue forze di essere vicina a chi vive il disagio, ma al contempo invita tutti a vigilare affinché la manifestazione di legittima protesta rimanga sempre in un alveo di civiltà, eviti di turbare la normale attività dei cittadini e delle aziende, non si esponga a strumentalizzazioni ad opera di gruppi che non rispettano la legalità. In momenti così difficili da gestire si tratta di risposte limitate, ma segno di una comunità ecclesiale che vuole partecipare e condividere le precarietà di tanti”. “L’invito alle Istituzioni e al mondo della politica – evidenzia don Sorce – è quello di farsi carico delle tensioni sociali affiorate offrendo soluzioni che, nonostante l’attuale crisi economica, tengano conto dei criteri di equità rimuovendo quelle condizioni di svantaggio che penalizzano aree diverse di una stessa nazione”.