Il ritratto limpido di un prete appagato e realizzato. Presentato all’Archivio di Stato il libro su mons Paolo de Sanctis di Ileana Tozzi

«Le sue opere d’intelletto, le tracce documentarie delle sue azioni pastorali hanno il pregio di contribuire a scrivere la storia tenendo conto del punto di vista di chi è sconfitto»: si conclude così, con questa notazione rapida eppure decisiva, l’introduzione metodologica all’ultima fatica editoriale di Ileana Tozzi. Lo «sconfitto» in questione, che però non si ritenne mai tale, è mons Paolo de Sanctis, un figlio illustre della nostra Chiesa al quale la studiosa reatina, da sempre impegnata in un’attenta opera di escavazione del passato della nostra città e del nostro territorio, ha dedicato un bel volume, dato alle stampe per i tipi della Tau Editrice di Todi, dal titolo Monsignor Paolo de Sanctis (1819-1907). Testimone del tempo.

Non c’è bisogno di molte parole per spiegare il sottotitolo, il cui significato è reso immediatamente evidente dagli estremi cronologici della vita di de Sanctis: 91 anni lungo i quali il sacerdote originario di Rigatti, entrato quindicenne nel seminario reatino e uscitone definitivamente solo nel 1885 dopo più di 50 anni tra studentato, insegnamento e rettorato, eletto vescovo della neonata diocesi di Poggio Mirteto e infine vicario del capitolo di San Giovanni in Laterano sino alla morte, fu realmente «testimone» di tempi complessi e travagliati per Rieti, per l’Italia e per la Chiesa.

Sui meriti del saggio della Tozzi, si sono intrattenuti da par loro, in occasione dell’affollata presentazione di venerdì scorso all’Archivio di Stato, Gianfranco Formichetti e mons Lorenzo Chiarinelli. Qui basterà rilevare che forse l’aspetto più interessante del libro è il modo in cui l’autrice interroga e fa parlare l’ampio spettro di fonti su cui la ricerca si basa.

Il lavoro della Tozzi ha infatti potuto appoggiarsi a un materiale documentario davvero ampio per quantità e diversificato per tipologia: non soltanto gli archivi storici delle diocesi di Rieti e di Sabina-Poggio Mirteto, ma anche quello privato di mons De Sanctis, amorevolmente custodito dall’avv. Maurizio Marchetti (che annovera il presule tra i suoi avi), oltre naturalmente alle opere a stampa dello stesso biografato, che soprattutto in tarda età si diede con passione e competenza all’erudizione storica.

Dalla ricostruzione appassionata della Tozzi emerge il ritratto limpido di un prete appagato e realizzato, di un sacerdote e vescovo colto che, pur immerso nella vita attiva e nell’impegno pastorale, si rivelò sollecito verso le dimensioni, oggi sempre più neglette, della formazione e della memoria: un giusto equilibrio tra azione e interpretazione che forse può rappresentare ancora oggi, mutatis mutandis, un modello per gli uomini di Chiesa.

foto di Massimo Renzi