Presentata oggi la 98ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Ci sono circa 5 milioni di stranieri che vivono in Italia, ma anche 4 milioni d’italiani residenti all’estero a dimostrare la rilevanza che ha, nel nostro Paese, la realtà migratoria. A costoro, e più in generale a quanti lasciano la loro terra per vari motivi, è dedicata la 98ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato sul tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”, che in Italia verrà celebrata in Umbria (Perugia) domenica 15 gennaio.

“Nessuno può negare che spesso per una serie di ragioni politiche, sociali ed economiche ancora oggi troppe persone sono costrette ad abbandonare la propria casa in cerca di una nuova possibilità di vita”, ha affermato mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, introducendo oggi a Roma, presso la sede della “Radio Vaticana”, la conferenza di presentazione della Giornata.

Importanti per la Chiesa e la città.

“Lasciare soli i migranti, abbandonarli, respingerli o non considerarli nelle nostre comunità significa perdere persone importanti per ripensare e ridisegnare la Chiesa, ma anche la città”, ha esordito mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ricordando, con le parole di Benedetto XVI, che le migrazioni sono “un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo”. “Le comunità cattoliche d’immigrati in Italia, come quelle di emigranti nel mondo, hanno costituito e costituiscono – ha sottolineato – un valore aggiunto nell’esperienza cristiana di molte comunità di antica e nuova tradizione. Le une e le altre, costituite soprattutto da giovani, sono risorse importanti per comunicare il Vangelo, ma soprattutto per viverlo in contesti diversi”. E oggi l’immigrazione “sta cambiando anche il volto del cattolicesimo italiano e della Chiesa”, dal momento che il 53,9% degli stranieri residenti (2.465.000 su 4.570.317) è cristiano.

Una legge sul diritto d’asilo.

Il direttore della Migrantes ha poi fatto riferimento ai 62 mila migranti sbarcati sulle nostre coste nel 2011, “persone che in qualche modo avevano diritto a una protezione umanitaria” o “a essere considerate migranti lavoratori”. “Non possiamo non tutelare coloro che fuggono da guerre, persecuzioni, dopo anche anni di carcerazione e deportazione”, ha evidenziato, precisando che “l’Italia non può pensare il proprio futuro senza costruire prospettive di tutela e protezione internazionale per molte persone in fuga, senza una rete strutturata e organica di accoglienza, senza una specifica legge sull’asilo e la protezione internazionale”. Ma pure l’Europa “non può abbandonare i Paesi del proprio confine a una gestione improvvisata, provvisoria di un flusso di rifugiati e richiedenti asilo”, dal momento che il diritto d’asilo “non può essere salvaguardato oggi senza un impegno e una prospettiva giuridica condivisi a livello europeo e internazionale”.

Reddito minimo e minori non accompagnati.

Oggi, l’impegno è di “non lasciare nella provvisorietà e nell’incertezza” gli 11 mila migranti giunti nel 2011 dal Nord Africa e tuttora in Italia, “evitando di risolvere l’emergenza con lo strumento semplificatore del diniego che porta al rimpatrio”. La richiesta della Migrantes è di “un intervento straordinario di riconoscimento e regolarizzazione annuale, unito ad alcune misure di reddito minimo, che tuteli chi in questo momento difficilmente può rientrare nel proprio Paese”, favorendo “una ricerca di lavoro o un percorso di formazione”. Un “reddito minimo – ha spiegato mons. Perego – è necessario di fronte al riconoscimento di un diritto di protezione umanitaria, così come oggi vi è la diaria per i richiedenti asilo”. Il direttore della Migrantes ha richiamato anche la “necessità di dotarsi al più presto, tramite un’apposita previsione di legge, di un sistema nazionale per la protezione dei minori stranieri non accompagnati che assicuri un’accoglienza adeguata, diffusa sul territorio, con risorse certe dedicate”, uscendo “da una logica tutta emergenziale come finora avvenuto”.

Un anno di permesso per cercare lavoro.

Per mons. Bruno Schettino, arcivescovo di Capua e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, “è la mancanza di permesso di soggiorno che crea tensioni” e il protrarsi di una situazione irregolare per molti potrebbe generare nuovi “momenti di recrudescenza”. Il presule ha chiesto di concedere “almeno un anno di permesso di soggiorno” a quanti si trovano in situazione irregolare ma “non hanno commesso reati, conoscono un po’ l’italiano e hanno voglia di restare”. Una concessione per uscire dall’ombra, affinché “durante quest’anno possano creare o cercare lavoro”. La misura, secondo il presule, andrebbe applicata a quanti non sono mai stati regolarizzati, ma pure ai tanti immigrati che, a seguito della crisi, negli ultimi tempi hanno perso il lavoro e, conseguentemente, sono divenuti “clandestini”. Altrimenti il rischio è di alimentare una “guerra tra poveri”. “Senza permesso gli immigrati – ha concluso – non hanno alcun riconoscimento civile e giuridico, soffrono e non possono cercare un’occupazione”. Una spirale da rompere “con un gesto coraggioso”.