Preparare i giovani al sacerdozio: nuovi scenari, nuove sfide

Alcune riflessioni sulla formazione dei candidati al sacerdozio, pastori di anime in una realtà secolarizzata. “Dio non deve essere inventato, ma trovato”. Seminaristi oggi, tra spiritualità, dinamiche sociali e culturali e rinnovata missione evangelizzatrice

Eravamo alla fine di un workshop con i seminaristi di una delle circa 150 case di formazione per seminaristi e chierici di tutto il mondo che studiano a Roma. Stavamo parlando di cosa si aspettassero dopo l’ordinazione sacerdotale. Si discuteva molto di questioni amministrative e organizzative e delle tante riunioni a cui avrebbero dovuto partecipare. A un certo punto, uno dei presenti ha detto quello che tanti pensavano: “Vogliamo essere pastori di anime!”. Questa frase mi è rimasta impressa. In essa si sintetizza ciò che mi capita da quasi 15 anni, da quando cioè mi occupo a Roma della formazione dei futuri pastori. La maggior parte di coloro che si decidono per una vocazione religiosa hanno una motivazione realmente spirituale e tanta buona volontà, proprio come le generazioni prima di loro. Quello che cambia è di volta in volta il momento e quindi il presupposto con cui persone giovani – e oggi spesso non più così giovani – entrano in un seminario e compiono la loro formazione.
È opinione condivisa che negli ultimi dieci anni le condizioni della società e quelle della vita di ciascuno sono cambiate radicalmente. Quindi la fede, la preghiera e l’agire cristiano devono “crescere insieme”. L’immagine che abbiamo di Dio non può restare la stessa, se la nostra conoscenza del mondo empirico si è evoluta. Così come noi immaginiamo Dio e lo preghiamo in modo diverso, a seconda che abbiamo 5, 15 o 50 anni, anche gli eventi della storia e della società non possono passare senza lasciare traccia nella teologia, nella spiritualità e anche nella formazione al sacerdozio.
Gli elementi centrali della formazione al sacerdozio oggi dovrebbero tenere in considerazione alcuni di questi cambiamenti epocali: i ritmi di vita sempre più elevati, l’isolamento e la mancanza di orientamento.
Dio non deve essere inventato, ma trovato. È possibile cercare Dio solo in modo intenso e personale. Il continuo flusso di informazioni attraverso internet e la comunicazione continua attraverso i social media rendono necessario che quanti vogliono cercare Dio si prendano tempo per pregare in silenzio, per rielaborare consapevolmente le impressioni e per cercare e trovare Dio in tutto questo. I seminaristi dovrebbero imparare ciò che non imparano né in famiglia, né dagli amici, né a scuola: è molto meglio e più sano per la mente e per il cuore ritagliarsi momenti di vera meditazione, in cui percepire la potente, ma silenziosa, presenza di Dio, prima di essere troppo segnati dalle migliaia di impressioni quotidiane.
Anche in Italia i bambini crescono sempre più raramente in famiglie con tanti figli e in contatto con famiglie numerose. E così non imparano più automaticamente che in un gruppo l’“io” non può essere sempre al centro dell’attenzione, che ci vuole equilibrio tra il dare e l’avere, che non si possono sempre scegliere le persone con cui si vive e si lavora. In questo senso, nella formazione dei sacerdoti bisogna porre l’accento sul fatto che essi, con autenticità e sincerità, pur nella consapevolezza dei propri punti di forza e limiti, sono chiamati ad andare incontro alle persone con sincerità, a vivere e a lavorare insieme a loro.
Si deve infine praticare il “discernimento spirituale”, che aiuta i sacerdoti a trovare una via e ad essere di esempio nel disorientamento e nell’arbitrarietà generali, aiutando i cristiani a non cadere né nella rassegnazione e nell’arroccamento su se stessi, né nell’euforia per ogni moda o novità.
Naturalmente è soprattutto la grazia, che ci rende strumenti dell’agire di Dio nel mondo. Secondo il ben noto pensiero di Tommaso d’Aquino, la grazia perfeziona ciò che è stato creato in natura. Quando noi ci orientiamo a Gesù e al suo messaggio e cerchiamo di tornare al cuore del Vangelo, troviamo persone di buona volontà aperte e pronte a conoscere di più la fede nel Dio uno e trino. I sacerdoti non devono essere impeccabili e assolutamente perfetti. Già i primi discepoli di Gesù e le prime comunità cristiane ci insegnano che dobbiamo sempre e nuovamente sforzarci di vivere in modo credibile. Se i candidati al sacerdozio si pongono sempre e ogni volta con onestà e pazienza di fronte a questa sfida, possiamo tranquillamente avere fiducia nel fatto che il Signore della Chiesa e della storia farà la sua parte, affinché i sacerdoti anche oggi portino frutto in Lui.

(Hans Zollnerteologo e psicologo, Pontificia Università Gregoriana)