Polonia: quelle ”finestre della vita”

In 50 città del Paese sono tornate in funzione le ruote degli esposti.

È di questi giorni la notizia che in Polonia, in una delle moderne “ruote degli esposti”, in polacco chiamate “finestre della vita”, è stato lasciato il 63esimo bambino. La prima delle oltre 50 “finestre” presenti in tutte le grandi città del Paese è stata aperta a Cracovia nel 2007. Anche in questo senso la crisi sta mostrando i suoi effetti… Le ruote tornano peraltro ad apparire – pur in varie forme – in altre nazioni europee: in Germania, ad esempio, sono state riavviate nel 1999. Anna T.Kowalewska, per Sir Europa, ne parla con Ewa Kowalewska, esponente dei movimenti pro-life e presidente dell’Associazione delle donne polacche Forum Kobiet Polskich.

La questione della difesa della vita è in Polonia un tema importante e di estrema attualità. A che cosa è dovuta questa particolare sensibilità dei polacchi?

“La Polonia è l’unico Paese al mondo dove, dopo 37 anni di aborti legali e l’uccisione di quasi 20 milioni di bambini, è avvenuto un radicale cambiamento della mentalità che ha permesso, nel 1993, l’adozione della legge sull’interruzione della gravidanza che comunque preserva la vita. L’attuale normativa ha salvato molti bambini sebbene preveda dei casi nei quali l’aborto è considerato lecito. Questi ultimi, secondo i dati pubblicati dal Parlamento polacco, variano da 550 a 800 all’anno. I sondaggi dell’opinione pubblica indicano costantemente che la maggioranza della popolazione polacca è contro l’aborto”.

Come si è arrivati a questa situazione?

“È il risultato di una grande opera educativa della Chiesa e dei movimenti per la vita che agiscono con efficacia nonostante un’imponente propaganda delle organizzazioni proabortiste. È stato possibile raggiungerlo perché la maggior parte della popolazione è tuttora credente. Il difficile tema dell’aborto è sempre stato presente nel magistero della Chiesa, nelle omelie durante le messe e, nel periodo comunista, è stato uno degli elementi del confronto con le autorità del regime. Molti non sono a conoscenza del fatto che è stato proprio il sindacato Solidarnosc, nel 1981, a chiedere a gran voce una legge per la difesa del nascituro. L’aborto era stato imposto alle donne ebree, polacche, russe e zingare durante l’occupazione nazista della Polonia (1939-1945), per essere poi riconfermato dal regime comunista nel 1956 con la legge rimasta in vigore fino al 1993, quando è stata adottata la normativa attuale”.

La Polonia, come molti altri Paesi europei, è stata colpita in questi ultimi anni da una grave crisi demografica. Quali le ragioni?

“Crisi demografica e crisi economica formano insieme un circolo vizioso. A causa della crisi economica molte persone perdono il lavoro e si ritrovano in una situazione precaria che non dà loro la sicurezza sufficiente per avere dei figli. In Polonia l’aiuto alle famiglie in difficoltà è piuttosto scarso, mentre le famiglie numerose, dove cresce un terzo di bambini polacchi, devono praticamente cavarsela da sole. Un’altra ragione della crisi demografica, però, sta nella distruzione programmata della fertilità che diventa uno stile di vita perfettamente accettato. Sono sempre più popolari i farmaci anticoncezionali, anche le cosiddette ‘pillole del giorno dopo’. In Polonia non sono vietati tali farmaci e alcuni sono finanziati dal sistema sanitario nazionale”.

Secondo i dati del ministero della Sanità polacco, ogni anno oltre 700 madri lasciano in ospedale i loro bambini appena nati per darli in adozione. Uno dei centri per le adozioni a Otwock, vicino a Varsavia, operante da 12 anni, ha affidato a genitori adottivi oltre mille bambini. C’è quindi veramente bisogno delle “finestre della vita”?

“In Polonia operano vari centri, anche cattolici, dove la madre può portare il suo bambino per farlo adottare da una famiglia disposta ad amarlo e a prendersi cura di lui. La madre inoltre può rinunciare ai suoi diritti poco dopo il parto, ma deve farlo in tribunale e in maniera ufficiale. Le finestre della vita permettono di lasciarvi il bambino in maniera del tutto anonima. Tali finestre non sono un’alternativa alle procedure di adozione, ma all’eventualità di abbandonare il neonato con altre modalità. Al bambino adottato tramite le procedure ufficiali viene garantito il diritto di conoscere, quando sarà maggiorenne, i genitori biologici; il neonato lasciato alla ‘finestra della vita’, invece, conoscerà solo la sua famiglia adottiva, poiché l’identità della madre sarà sempre coperta dall’anonimato. Grazie a quell’anonimato la madre però può superare le paure e una sempre forte pressione sociale, facendo comunque nascere il figlio, magari in una città diversa da quella d’origine”.