Il politico visto dal cronista. Pasquetti racconta Malfatti

Nel passato di Ottorino Pasquetti, autore del libro su Franco Maria Malfatti, presentato sabato l’altro all’auditorium ricavato nella chiesa di S. Scolastica, e di Innocenzo de Sanctis, presidente della Fondazione Varrone che tale volume ha voluto pubblicare, c’è in comune una figura fondamentale: don Lino de Sanctis. Lo zio dell’avvocato che presiede la fondazione bancaria è stato più che un maestro per il giornalista – firma presente a volte anche su questa pagina – che ha curato il ricco reportage su uno degli uomini “simbolo” della politica reatina della seconda metà del secolo scorso.

È stato ricordato anche nella serata di presentazione del libro che tanti, come Ottorino, sono quelli cresciuti alla scuola di don Lino: una fucina di pensiero e di educazione all’amore per la “città dell’uomo”, oltre che di crescita nella fede. Una formazione che nel caso suo, come anche altri, lo ha portato anche a militare nella Dc dei “tempi d’oro” servendo la città in quel settore, l’istruzione (di cui fu assessore comunale), che era lo stesso in cui Malfatti ha svolto uno dei tanti ruoli di ministro, negli anni in cui nella scuola italiana arrivarono quei Decreti delegati che portano la sua firma.

Il Malfatti al ministero di viale Trastevere, così come il Malfatti alla Farnesina e in altri dicasteri, a Montecitorio e soprattutto a Bruxelles, insieme al Malfatti “padre” del nucleo industriale reatino, viene raccontato da Pasquetti nel denso volume che ripercorre anni di vita locale, nazionale ed europea con il taglio a lui consono: quello giornalistico. Come egli stesso ha detto, niente note, niente rigore storiografico (per quanto la precisione delle notizie e il controllo delle fonti sia stato rigoroso), ma citazioni, tante citazioni.

E soprattutto ricordi, evocazioni, considerazioni dettate dall’affetto e dalla conoscenza diretta di un uomo che per la terra reatina costituisce una essenziale pedina della sua storia contemporanea. Ricordi e testimonianze vengono così a intrecciarsi con ricchi riferimenti bibliografici, frutto di anni di ricerche in diversi archivi e biblioteche in cui Ottorino si è prodigato, prima di assemblare il tutto partorendo alla fine il lavoro che la Fondazione ha messo a disposizione della città e alla cui presentazione sono intervenuti diversi protagonisti della politica italiana e reatina di ieri e di oggi.

In primo luogo Gerardo Bianco, che del volume ha firmato la prefazione, il quale non ha esitato a riconoscere come il lavoro di Pasquetti possa a buon diritto costituire una appassionata sintesi della storia di quella Democrazia cristiana nelle cui file Malfatti ha partecipato alla ricostruzione del Paese dal dopoguerra in poi. Poi il reatino–abruzzese Franco Marini (che ha colto l’occasione per chiarire come si senta in pratica reatino a tutti gli effetti, pur se qui non ha mai svolto attività politica, ma qui si è formato e appassionato all’impegno sindacale che ha preluso all’impegno politico che lo ha condotto alfine alla presidenza del Senato), assieme a “le Parisien” (così ricordato anche nel libro) Franco Coccia, che dell’era malfattiana ha rievocato i rapporti con il suo Pci.

Quindi un esponente di quella destra verso cui Malfatti mostrò una timida apertura, Guglielmo Rositani, e il più giovane Fabio Melilli, testimone dell’ultima generazione democristiana, come pure Alberto Spinaci, che di Malfatti fu segretario. Tutti a rievocare nomi, vicende, passioni, impegni di un’epoca che sembra oggi lontana e da cui c’è ancora più di qualcosa da imparare.

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