La politica estera richiede uno scatto

La politica internazionale, compresa quella che si svolge all’interno del sistema Ue, è un ambiente difficile, in cui gli attori difendono i propri interessi in modo spesso brutale e nel quale è difficile creare strategie cooperative. È indispensabile costruire un bagaglio di fiducia reciproca fra gli Stati che si basa su serietà, competenza e affidabilità reiterate nel tempo.

I primi giorni di novembre hanno visto Paolo Gentiloni sostituire Federica Mogherini al Ministero degli Esteri e quest’ultima assumere la carica di Alto Rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza. Sembra così che si stia aprendo per l’Italia una stagione di rinnovata vivacità in politica internazionale. Prendendo in prestito una frase di Henry Kissinger, potremmo chiederci se l’Italia in questo momento abbia davvero bisogno di una politica estera oppure no. La risposta sarebbe indiscutibilmente affermativa. Intendiamoci, la domanda non è così scontata perché in Europa sono molti i Paesi che ritengono di vivere benissimo senza una vera e propria politica estera, limitandosi a svolgere un’opera, spesso efficace, di tutela e promozione dei propri interessi economici in ambito internazionale, senza però occuparsi troppo di temi propriamente politici o di sicurezza internazionale. L’Italia però non è un Paese scandinavo, né una piccola economia strettamente integrata nel sistema tedesco.
Le sfide che attendono il nostro Paese sono molte, a cominciare dal collasso della Libia, da cui arriva la gran parte dei migranti che cercano di raggiungere le nostre coste con mezzi disperati, ma da cui potrebbero provenire anche minacce ben più gravi. La crisi di tutto il Medio Oriente e il terrorismo transnazionale sono altri due temi della massima importanza, per non parlare del caso dei due marò accusati di omicidio in India, tuttora lontano da una soluzione. C’è poi un capitolo importantissimo e particolare della politica estera italiana, quello europeo, che sempre più viene gestito dai ministeri competenti per le politiche che di volte in volta si trovano all’ordine del giorno in sede Ue, ma per il quale una guida sapiente al Ministero degli Esteri può svolgere un importante ruolo di coordinamento e di preparazione del terreno.
Le sfide che attendono Federica Mogherini a Bruxelles in parte coincidono con quelle italiane, essendo l’Italia esposta sul confine più instabile dell’Unione. Ai temi già citati si sommano però anche questioni globali come i rapporti con la Russia di Putin, la Cina, gli Stati Uniti, il conflitto fra Israele e Palestina, i negoziati con l’Iran. Non esattamente tematiche di secondo rilievo.
Potrà l’Italia avere effettivamente un peso maggiore adesso che il premier Renzi, con il suo dinamismo e decisionismo, sembra aver rilanciato il ruolo del nostro Paese in Europa e nel mondo? Non è così facile rispondere a questa domanda, e soprattutto non è facile rispondervi con un sì. La politica internazionale, compresa quella che si svolge all’interno del sistema Ue, è un ambiente difficile, in cui gli attori difendono i propri interessi in modo spesso brutale e nel quale è difficile creare strategie cooperative. Perché queste riescano, è indispensabile costruire un bagaglio di fiducia reciproca fra gli Stati che si basa su serietà, competenza e affidabilità reiterate nel tempo.
L’Italia, che pure negli anni ruggenti della costruzione europea ha avuto alla guida della propria politica estera personaggi d’indubbio spessore, ha da tempo assunto un atteggiamento di eccessiva indolenza e trascuratezza negli affari internazionali, vedendo così ridurre notevolmente il capitale di fiducia accordatale dagli altri Stati. Federica Mogherini e Paolo Gentiloni, pur persone stimabili, non sembrano avere l’esperienza, la competenza e il peso politico adatto a cambiare le cose. Sullo sfondo si affaccia neppure troppo timidamente il dubbio che siano stati scelti per lasciare condurre la politica estera ad altri: in Italia al Presidente del Consiglio, in Europa alle solite ex-grandi potenze. Il problema è che né il Presidente Renzi, né Germania, Francia e Gran Bretagna sembrano avere idee più chiare e lungimiranti in politica internazionale delle persone che hanno scelto per non farsi intralciare il passo.
Ma siamo pronti ad essere felicemente contraddetti, per il bene dell’Italia e dell’Europa.