Cascioli e Sebastiani: Petrangeli torni a fare il «figlio di papà»

Abbiamo letto con profonda “ammirazione” il comunicato licenziato dal Sindaco Petrangeli. “Ammirazione” che si deve a chi come lui riesce a dire cose di una gravità assoluta come se fossero le più normali di questo mondo.

L’unico concetto sul quale ci trova pienamente concordi è che noi siamo diversi da lui e da tutto il gruppo di fanatici settari che lo accompagna. Se essere diversi significa non essere pervasi dal pensiero dominante doppiopesista che caratterizza questa sinistra, si lo ammettiamo, noi siamo diversi. E siamo fieri di esserlo.

Lo siamo perché non potremmo mai amministrare una città continuando a mortificarla in tutte le sue espressioni pensando che sia sufficiente annebbiare la vista dei cittadini spargendo fumo.

Siamo diversi perché riteniamo che l’impegno assunto con il patto sottoscritto con gli elettori deve essere onorato ogni giorno e non per fini meramente personali o delle lobby che tirano le fila.

E allora abbia il coraggio di dire chiaramente, caro Sindaco, che la sua esperienza politica è completamente fallimentare e che la sua utopica visione delle cose non ha prodotto che regressione economica, sociale e, ancor più grave, delle idee e della visione che sia possibile invertire la rotta.

E allora le sue affermazioni sulle dimissioni dell’assessore Cecilia sono ancora una volta patetiche nel tentativo malriuscito di far passare l’idea che è cosa diversa violare la legge da professionista e violarla da amministratore pubblico.

Lo è tanto più in questa occasione quando, come abbiamo puntualmente denunciato, il politico è lì a gestire fatti che lo vedono indagato da professionista.

Sa benissimo Petrangeli & co. che a parti invertite avrebbero gridato allo scandalo ed avrebbero inscenato ancora una volta la parte di coloro che vivono nel bene e nel giusto contrapposta al male assoluto della parte avversa.

Ciliegina sulla torta definisce “sfortunate” le vicende giudiziarie che riguardano il suo ex assessore. Forse non è ancora chiaro che l’unica sfortuna di cui si può parlare è di aver messo in mano la città ad un gruppo di dilettanti che giocano a fare i grandi amministratori ma che al massimo dovrebbero tornare a fare i figli di papà.