Perù: la strana storia del presidente di sinistra in cella con il dittatore di estrema destra

Da metà luglio colui che fino a poco più di un anno fa era il Capo dello Stato, Ollanta Humala, si trova agli arresti (come la moglie Nadine Heredia), nella struttura penitenziaria del Barbadillo, all’interno di una sede della Polizia, dove quello che finora era l’unico detenuto, il dittatore Alberto Fujimori, vive giorni di attesa perché in predicato di ricevere un’amnistia.

Il primo presidente di sinistra del Perù, in carica fino allo scorso anno, quasi compagno di cella del dittatore di estrema destra. È questa la situazione esplosiva che sta vivendo in queste settimane la politica peruviana. Da metà luglio colui che fino a poco più di un anno fa era il Capo dello Stato, Ollanta Humala, si trova agli arresti (come la moglie Nadine Heredia), nella struttura penitenziaria del Barbadillo, all’interno di una sede della Polizia, dove quello che finora era l’unico detenuto, il dittatore Alberto Fujimori, vive giorni di attesa perché in predicato di ricevere un’amnistia. Fujimori, settantanovenne, presidente dal 1990 al 2000, si trova in carcere dal 2007 e sta scontando una condanna a 32 anni. Se uscisse di prigione rischierebbe di essere quasi l’unico ex Capo dello Stato a piede libero. Alejandro Toledo, presidente dal 2001 al 2006 è latitante negli Stati Uniti; Alan García, presidente dal 1985 al 1990 e dal 206 al 2011, è comunque indagato per corruzione.
Se la decisione di fissare diciotto mesi si carcere preventivo per Humala è tutta dell’autorità giudiziaria, solo all’attuale presidente Pedro Pablo Kuczynski spetta invece la scelta sull’amnistia a Fujimori. Una decisione non certo solo umanitaria, ma ricca di risvolti politici.

Ppk, così viene chiamato in patria, è infatti un presidente debolissimo e la sua principale avversaria (sconfitta per un pugno di voti al ballottaggio di un anno fa ma in grado di controllare la maggioranza in Parlamento) è Keiko Fujimori, la figlia dell’ex dittatore.

Un Presidente debolissimo alle prese con un intrigo politico-giudiziario. Per decifrare questo intrigo politico-giudiziario, ci siamo rivolti a Wilfredo Ardito Vega, docente di Diritto alla Pontificia Università Cattolica del Perù, con sede a Lima. “Humala paga il suo isolamento, nel quale si è venuto a trovare al termine del suo mandato – spiega -. Eletto con l’obiettivo di portare un messaggio di sinistra e innovazione, durante la sua presidenza si è invece avvicinato ai grandi gruppi estrattivi, da molti è stato visto come un traditore. Il motivo del carcere preventivo è legato a dei contributi ricevuti dal Governo venezuelano nel 2011”. Non c’entra, al momento, il megascandalo continentale riguardante le tangenti pagate dal gruppo brasiliano Odebrecht a politici di quasi tutto il Sudamerica, anche se Humala è comunque stato sfiorato dalle indagini, che in Perù hanno coinvolto anche gli ex presidenti Toledo (costretto appunto a fuggire per evitare l’arresto) e García. “Resta il fatto – prosegue il giurista – che il provvedimento di carcere preventivo appare eccessivo. E Humala non è stato certo il presidente più corrotto che il Perù ha avuto. Mi pare che si tratti soprattutto di una vendetta politica”.

Complicazioni in casa Fujimori. Quanto all’eventuale amnistia per Fujimori, “la discussione esiste da tempo. Lui è malato ma non in modo particolarmente grave. In ogni caso il presidente Kuczynski non si è finora espresso. Ora i due politici vengono accostati non solo per la curiosa vicinanza di cella, ma anche per l’attivismo del figlio di Fujimori Kenji, che milita nello stesso partito della sorella maggiore Keiko (Fuerza Popular), è stato il candidato al Parlamento più votato nel 2016 ma sta prendendo le distanze, politicamente, dalla sorella”. “Kenji – sottolinea Ardito – ha visitato Humala, si è lamentato per le condizioni in cui è stato recluso, ha chiesto al papà di dare al nuovo detenuto alcune delle sue coperte, lenzuola, maglioni… gli ha offerto pan con queso (un panino al formaggio) ed ora si presenta sempre in carcere con due sacchetti: uno per il papà e uno per Humala. In questo momento Kenji sta sostenendo idee politiche diverse rispetto alla sorella, in particolare sul tema dei diritti civici, anche per gli omosessuali. È stato sospeso dal partito per due mesi. Ma il papà è dalla sua parte”.
Insomma,

mancava solo la faida familiare per rendere la telenovela politica ancora più intricata.

“Qualcuno sostiene che si tratta di un gioco delle parti, ma a mio avviso il conflitto esiste. È evidente che un’eventuale amnistia oggi deriverebbe da un calcolo politico del Presidente e sarebbe un problema in più da gestire per Keiko”.

Un Paese sfiduciato attende l’arrivo del Papa. Intanto, mentre la politica al vertice vive questi conflitti, il Paese appare sempre più sfiduciato e polarizzato, a sei mesi dall’arrivo di Papa Francesco, che sarà in Perù in gennaio. “I problemi sociali e i conflitti minerari aumentano. L’introduzione dello stato di emergenza a Cusco e Puno dopo alcuni recenti scontri, rivela una risposta politica molto tradizionale”, spiega il docente, che spera molto nella visita del Papa anche per un cambiamento sociale nel Paese: “Spero possa portare una visione del cristianesimo legata all’impegno per il miglioramento nella società, una cosa abbastanza inedita in un paese molto conservatore come il Perù, dove gli Evangelici stanno prendendo piede con posizioni di estrema destra. Gli interventi del Papa sono spesso dovuti a quello che ha visto in Argentina. Ebbene, quello che ha visto lì, accade e continua ad accadere anche in Perù”.
Non mancano, intanto, decisi interventi della Chiesa nel dare voce alle popolazioni più povere e penalizzate. Nei giorni scorsi, ad esempio, l’arcivescovo di Huancayo, mons. Pedro Ricardo Barreto Jimeno, è intervenuto attraverso un comunicato per esprimere la preoccupazione della Chiesa locale per la possibile riattivazione del bacino estrattivo metallurgico di la Oraya, in una zona che ha già sentito fin troppo gli effetti dell’inquinamento. Lo scorso 20 luglio l’arcivescovo di Cusco, mons. Richard Daniel Alarcón Urrutia, ha emesso una nota riguardo alle proteste sociali che si sono verificate, a causa soprattutto di uno sciopero degli insegnanti, invitando le parti proseguire nel dialogo e a garantire l’istruzione ai soggetti più svantaggiati.