Perché conviene aiutare il Sud

Non agire finanziariamente può compromettere il futuro di tutto il Paese

Gli indicatori relativi ai consumi alimentari e alla povertà, fotografano in maniera drammatica il disastro in cui si trova il Sud. La Coldiretti, in una sua analisi, sostiene che nel 2013 il 65% delle famiglie italiane ha ridotto il consumo dei generi alimentari. La percentuale sale al 77% per quanto riguarda il Mezzogiorno, attanagliato dalla povertà – come rileva l’Istat in una sua indagine – sia quella relativa, sia quella assoluta, che causa l’impossibilità di affrontare spese relative a beni e servizi “considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile”.

Si stima che alla fine del 2013, la povertà assoluta nel Sud riguardi 3 milioni 72 mila persone (circa 725mila poveri in più rispetto all’anno precedente), mentre in solo anno quella relativa è aumentata di oltre due punti percentuali, passando dal 21,4% del 2012 al 23,5% del 2013. Il rapporto della Banca d’Italia – “L’economia delle regioni italiane nel 2013”, diffuso nei giorni scorsi – fornisce altri elementi di riflessione, che riguardano innanzitutto il Pil e la disoccupazione. Per il primo, la flessione è stata maggiore (-4%) e più accentuata rispetto al 2012 (-2,9%) nel Sud, mentre si è attenuato il calo nel Centro (-1,8 dal -2,5 dell’anno prima), nel Nord Est (-1,5 dal -2,5 del 2012) e nel Nord Ovest (-0,6 dal -2,3 dell’anno precedente). La non occupazione ha riguardato nel Sud, nel 2013, il 19,7% della popolazione meridionale, oltre il doppio di quella che si registra al Centro Nord, che è del 9,1%; per i giovani fino a 29 anni, è rispettivamente pari al 43 e al 23%. Intenso è stato nel 2013 il calo dell’industria nel Sud, che fra il 2011 e il 2013 ha visto diminuire consumi e investimenti per il 7,6%, contro il 6,5% del Centro-Nord.

Le “due Italie” rispondono in maniera diversa alla tenue ripresa che si è registrata nei primi tre mesi dell’anno, per una ragione sostanziale individuata dalla Banca d’Italia: l’incapacità del Sud di esportare i propri prodotti all’estero.

Commenti? Di fronte a dati così chiari e allarmanti, sarebbero inutili. Vogliamo però evidenziare una convinzione. Le statistiche, i numeri, aiutano a leggere una realtà. Non la determinano. Questo insegnano la storia e i processi umani. Non è l’andamento economico a provocare le crisi, soprattutto quando queste hanno origini lontane nel tempo. La situazione odierna del Sud ha sue spiegazioni antiche, rimaste irrisolte. Mettendo da parte il giudizio sulle responsabilità – che pur vi sono e sono tante – l’unica strada da intraprendere per sovvertire lo stato di cose attuale, che può incidere in maniera devastante, da un momento all’altro, anche sulla sicurezza sociale, è quella di agire in base a priorità d’intervento. Non occorrono grandi discorsi o grandi strategie per comprendere che i “numeri” del Sud impongono risposte immediate. Non si può attendere oltre. Non ci possono essere medio e lungo periodo che tengano, rispetto ai bisogni delle persone. Senza interventi immediati, chiari – e forse anche innovativi – non si parlerà più di “due Italie”, ma solo di “una”, unita tutta nella disperazione e nella povertà.