Per i testi pubblicati da Wikipedia nessun responsabile

La decisione assunta dai giudici romani finirà per influenzare anche il principio di responsabilità di altri colossi del web come Google (e Youtube), Facebook e Twitter. Una gigantesca massa di dati e di informazioni completamente fuori controllo, mentre il giornalismo tradizionale è gravato da molte sentenze a sfavore nelle cause di diffamazione “a mezzo stampa”.

Wikipedia, se guadagnasse un centesimo a clic, potrebbe raccogliere più di 30 miliardi di dollari in un mese. Nonostante le dimensioni, però, la “Wikimedia Foundation” non esiste. Lo ha stabilito recentemente una sentenza del Tribunale Civile di Roma. In una causa per diffamazione i giudici romani hanno sentenziato: “La Fondazione che gestisce Wikipedia, non è responsabile per i contenuti che gli utenti caricano liberamente sul portale”. Si tratta di una sentenza che finirà per influenzare anche il principio di responsabilità di altri colossi del web come Google (e Youtube), Facebook, Twitter, eccetera. Una gigantesca massa di dati e di informazioni che, anche grazie a sentenze come quelle di Roma, è completamente fuori controllo.

Le dimensioni di Wikimedia Foundation.

Pur essendo “non responsabile” la Fondazione di Wikipedia ha dimensioni impressionanti. Nelle analisi più recenti, l’enciclopedia condivisa conta più di 500 milioni di utenti unici e una media di 32 miliardi di clic al mese. Attualmente sono pubblicati 30 milioni di “articoli” (sono gli stessi proprietari di Wikimedia a definirli in questo modo), scritti in 287 lingue e sono circa 70mila volontari che ogni mese aggiungono nuove voci e correggono quelle esistenti. Wikimedia Foundation non ha mai voluto pubblicare inserzioni pubblicitarie e si sostiene con il meccanismo volontaristico delle donazioni spontanee. Molti donatori preferiscono mantenere l’anonimato e versano cifre comprese fra i centomila e i novecentonovantanovemila dollari. Il bilancio 2013 denuncia entrate per circa 50 milioni di dollari e uscite per 36 milioni, con un attivo secco di 14 milioni. I dipendenti di Wikimedia che percepiscono un salario sono al momento circa 200.

La sentenza.

L’associazione Wikimedia Italia è stata assolta, in primo grado, da una causa di risarcimento danni di 20 milioni di euro cominciata nel 2009. Il giudice ha condannato i denunciati a pagare le spese processuali: sono i fratelli Antonio e Giampaolo Angelucci. Antonio all’epoca dei fatti era parlamentare del Pdl, mentre Giampaolo è l’editore di “Libero” e “il Riformista”. La denuncia partiva per i riferimenti a grane giudiziarie presenti nelle voci dell’enciclopedia libera su Antonio Angelucci e sul “Riformista”. Wikimedia Italia è stata assolta perché estranea ai fatti: il giudice ha riconosciuto che l’associazione si limita a svolgere “attività a carattere esecutivo e meramente di supporto, risultando ‘affiliata’ alla Wikimedia Foundation, Inc. senza assunzione di alcuna gestione diretta e senza attribuzione della proprietà del sito che ospita l’enciclopedia, che rimane della Wikimedia Foundation, Inc”. Il Tribunale ha dichiarato infatti che Wikipedia “offre un servizio basato sulla libertà degli utenti di redigere le varie pagine dell’enciclopedia; è questa libertà che esclude qualsiasi obbligo di garantire l’assenza di contenuti offensivi dei suoi siti e che trova il suo equilibrio nella possibilità che chiunque può modificarne i contenuti e chiederne la rimozione”. Una posizione completamente differente di quella che invece è assunta quasi quotidianamente nei confronti del giornalismo tradizionale, gravata da molte sentenze a sfavore nelle cause di diffamazione “a mezzo stampa”.

La giurisprudenza europea.

“Sullo sfondo stanno questioni di assoluto rilievo, tra cui quella di trovare un meccanismo, convincente e in linea con i principi costituzionali, di attribuzione di responsabilità per gli illeciti compiuti in rete”, hanno scritto sul “Sole 24 Ore” Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani. La Corte europea dei diritti dell’uomo recentemente ha suggerito una strada diversa. Nel caso “Delfi contro Estonia”, la Corte di Strasburgo ha ritenuto non in contrasto con la libertà di espressione un lieve risarcimento nei confronti di un portale d’informazione per commenti offensivi comparsi in un forum.

Il tema della reputazione.

“Se c’è qualcosa che non volete che tutti sappiano, forse la prima cosa è non farla”, dice uno dei manager di Google, Eric Schmidt. Come chiudere la porta della stalla dopo che i buoi sono fuggiti. Le informazioni sulla rete, da Wikipedia ai social, infatti da un po’ di tempo sono diventate parte integrante delle nuove dinamiche del mercato del lavoro e dell’economia diffusa. La reputazione online, ormai, stabilisce le fortune di un ristorante o di un albergo e può decidere, nel bene o nel male, anche l’assunzione o il licenziamento di un lavoratore.