Pena e riabilitazione del reo: l’informazione faccia la sua parte

Il «Corriere della sera» del 5 luglio riporta un interessantissimo articolo di Glauco Giostra, coordinatore del Comitato scientifico degli Stati Generali dell’esecuzione penale. Di che cosa si tratta? in Parlamento, spiega l’articolista, è iniziato l’esame del disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento penitenziario, che compie 40 anni, ottimo al tempo, ma oggi subisce una condanna da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo per trattamento inumano e degradante delle persone detenute.

Il Ministro della Giustizia ha voluto, ottimamente, affiancare alla riforma in atto gli Stati generali dell’esecuzione penale, con particolare riferimento alla riabilitazione del reo, una iniziativa, spiega l’artiicolista, che intende sollecitare per circa sei mesi l’attenzione pubblica e il dibattito culturale sulla complessa problematica della pena, specie carceraria. Sono stati costituiti tavoli tematici, interpellando professionalità ed esperienze che per ragioni diverse la intersecano. Il lavoro dei tavoli, che prende avvio in questi giorni, potrà avvalersi anche delle indicazioni provenienti dalla”consultazione pubblica” e sfocerà in un progetto da sottoporre ad un comitato scientifico, a cui spetterà il compito di compendiarle in un articolato prodotto finale, oggetto di seminari e dibattiti aperti alla cittadinanza.

In considerazione del fatto che, come si evince dalla informazioni, un aspetto preponderante di tutto il lavoro è quello della riabilitazione / reintegrazione del reo, mi sembra utile segnalare che operatori impegnati in alcuni carceri di “eccellenza”, che per fortuna esistono anche nel nostro Paese anche se non se ne parla mai abbastanza, come ad esempio quello di Padova “Ristretti orizzonti” affermano che la pena è inutile, ossia è fine a se stessa, se non è accompagnata da un cammino del reo di riscoperta di sé, dalla possibilità offertagli di diventare dentro di sé qualcuno di diverso da ciò che ha fatto, così che non rimanga inchiodato a ciò che ha fatto per tutta la vita.

A me piace pensare che la società possa essere risarcita dal vulnus subìto dall’azione delinquenziale se le si restituiscono persone che escono dal carcere, nel maggior numero possibile, diverse da quelle che vi sono entrate, ricreando o ricucendo il tessuto sociale infranto, ricostituendo la comunità, oltre tutto rendendo effettiva la funzione assegnata alla pena dalla Costituzione.

Perché mi rivolgo a «Frontiera»? L’istituzione degli Stati generali con tavoli tematici etc attiva indubbiamente una mobilitazione culturale e sociale, come afferma il sig. Giostra, che può portare significativi contributi alla riforma, ma soprattutto, aggiunge, prepara per tale riforma l’habitat sociale nella consapevolezza che nessuna riforma farà mai presa sulla realtà se prima le ragioni che la ispirano non avranno messo radici nella coscienza civile del Paese.

Infatti «il carcere resta fuori dal campo visivo salvo rievocarlo dall’ombra quando efferati fatti di cronaca ce ne fanno reclamare la necessità. Solo allora torniamo a vedere il carcere come il luogo dove rinchiudere illusoriamente tutti i nostri malie le nostre paure».

Gli operatori dei mass media hanno una grande responsabilità: da una indagine sulle principali testate televisive dei maggiori paesi europei risulta che in Italia l’informazione televisiva dedica alle notizie riguardanti la criminalità il triplo dello spazio ad essa riservato (il 58% dell’intera offerta formativa) in paesi come la Francia e la Germania, in cui il ricorso alle misure alternative al carcere è quasi dieci volte superiore a quello italiano. Una stampa documentata potrebbe dare un grande apporto alla crescita della cultura penale perseguita dagli Stati generali fornendo dati, documenti, analisi non sensazionalistiche.

Questo è l’auspicio del sig. Giostra da accogliere, io penso.