Un patrimonio travolto dalle macerie

Monitoraggio e recupero delle opere d’arte danneggiate dal sisma del 24 agosto

(di Paolo Giovannelli | Osservatore Romano) Curare i feriti, trovare alloggio per i sopravvissuti e seppellire i morti. Queste sono le priorità. Ma presto si continuerà a scavare tra le macerie per disseppellire affreschi o frammenti di essi, statue, tele, arredi sacri che il terremoto ha travolto.

Ileana Tozzi è direttrice del museo diocesano di Rieti, componente della commissione di Arte sacra della diocesi e ispettore onorario della soprintendenza del patrimonio storico artistico di Rieti e del Lazio. Lavora per la curia dal 1994 e ha già maturato esperienza nel sisma del 1997, quando “rimise in piedi” oltre cento chiese. «Il terremoto dell’Aquila fu per noi un dolorosissimo test» dice all’Osservatore Romano mentre va alla ricerca di affreschi, reliquiari e statue in ceramica sepolte sotto le pietre. Un lavoro che ha iniziato mercoledì scorso, subito dopo la grande scossa. Ha controllato lo stato del patrimonio conservato nel museo diocesano e verificato, insieme ai ricercatori dell’Enea (che usano anche sensori a fibra ottica), lo stato della torre campanaria della cattedrale di Rieti. La stessa pesantemente lesionata nel terremoto del 1898 e che allora il Genio civile avrebbe voluto abbattere se non si fosse opposto il vescovo dell’epoca Bonaventura Quintarelli finanziando, a proprie spese, il consolidamento e il restauro del monumento.

«Nel nostro territorio oggi così duramente provato — continua la direttrice del museo diocesano — ci sono opere di estremo rilievo. Sono molto preoccupata per la loro condizione. Tra qualche giorno, insieme al personale del ministero alle Infrastrutture e del Genio civile, una volta effettuati i controlli sulla statica degli edifici, entreremo nelle chiese per verificare lo stato delle pitture parietali e per mettere in sicurezza i beni artistici amovibili, come statue, reliquiari e tele. In queste ore stiamo preparando un database, con le schede delle opere conosciute. Poi andremo a verificare sul campo cosa è rimasto» aggiunge Tozzi.

Gli affreschi nel territorio di Amatrice, prevalentemente testimonianze di arte sacra, datano dalla fine del medioevo alla seconda metà del Cinquecento, parte saliente della ricchezza artistico-culturale di questo territorio. «Sono il risultato di una osmosi felice, testimonianza — spiega Tozzi — dell’intersecarsi delle vie del commercio della lana: verso le Marche, Venezia e gli Abruzzi sul versante adriatico e poi, dall’altra parte, in direzione dell’Umbria e di Firenze».

Gli affreschi principali di Amatrice e del suo territorio sono nelle chiese di Santa Maria di Filetta, di San Francesco, di Sant’Agostino e di San Martino in Moletano, edifici pesantemente lesionati dal sisma. Tra gli artisti di spicco ci sono Dionisio Cappelli e Nicola Filotesio detto Cola dell’Amatrice, che è considerato il genius loci; c’è poi una produzione di artisti minori nel campo dell’ebanisteria e della terracotta. Accanto agli affreschi troviamo reliquiari di pregio e le ceramiche di Silvestro dell’Aquila. «Ne è un esempio — afferma Tozzi — la statua in ceramica di Sant’Antonio Abate a Cornillo Nuovo, prodotta proprio dalla bottega di Silvestro dell’Aquila. Le statue sacre sono, di solito, di ceramica e in trono; alte un paio di metri, sono fatte “a moduli” e composte da almeno sette pezzi, poiché non potevano essere cotte in una sola volta. Di recente, avevamo tutelato alcune di esse con l’inserimento, fra i moduli, di supporti di materiale antiurto».

In queste ore, con la sua collega del museo civico di Rieti Monica De Simone, Tozzi sta sviluppando un progetto che ritiene indispensabile. «Abbiamo l’obbligo — afferma — di sensibilizzare subito e il più possibile sulla necessità del restauro e della conservazione dei beni artistici che recupereremo dalle rovine. Vogliamo raccogliere fondi attraverso incontri aperti alla popolazione».

La tradizione del museo diocesano «è quella di non far pagare il biglietto e continuerà a esserlo ma adesso è il momento di salvare tutto ciò che è possibile e che rappresenta il patrimonio identitario della nostra comunità. E questo con tutte le risorse economiche possibili». Quindi «presto presenteremo al pubblico — spiega — due opere provenienti dall’Alta Valle del Velino. La prima è una Madonna in Maestà di una piccola chiesa rurale del territorio di Accumoli, opera della bottega di Silvestro dell’Aquila, già scampata al terremoto di Norcia del 1979 e riottenuta dal nostro museo diocesano solo nel 2011. La seconda è un altare portatile di Dionisio Cappelli, l’unico dipinto su tavola dell’artista, che raffigura la Madonna del Latte, molto amata dal popolo, e santi come Antonio abate, Lucia, Lorenzo e Sebastiano».

Purtroppo si è appreso ieri mattina che anche la direttrice cinquantanovenne del museo civico ecclesiastico Cola Filotesio di Amatrice, Floriana Svizzeretto, è fra le vittime del terremoto. «Per noi — continua Tozzi — è una grave perdita, ma resta il suo esempio assieme al nostro obbligo morale di onorarne la memoria con il nostro impegno per recuperare, e bene, quanto più possibile».

Don Mariano Assogna è l’incaricato regionale per l’Edilizia di culto e i Beni culturali ecclesiastici del Lazio. Il terremoto l’ha sorpreso a Vallimpuni, a circa venti chilometri da Accumoli. «Stiamo lavorando — dichiara all’Osservatore Romano — in collegamento con l’ufficio Beni culturali della Cei e la soprintendenza. Forse già lunedì, partendo da Amatrice e Accumoli, inizieremo la ricognizione delle chiese colpite dal sisma. Ho invece già verificato che le chiese che si trovano oltre un raggio di 25 chilometri dall’epicentro non hanno subito danni importanti, come nel caso di quella di Terzone di Leonessa dove solo il piccolo campanile a vela è stato appena dissestato».

La chiesa è agibile pur se transennata per precauzione, come molte altre. «Continuiamo a raccomandare la massima prudenza ai sacerdoti — conclude don Assogna — e consigliamo di tenere le chiese chiuse e le campane ferme, poiché lo sciame sismico è in atto. Possiamo dire le messe all’aperto, senza problemi». Nel frattempo «stiamo individuando i luoghi più idonei per ricoverare, in sicurezza, ogni opera d’arte che riusciremo a salvare».