Incontri

Passione etica e migranti. A Rieti la testimonianza di Tareke Bhrane

È stato un incontro intenso quello svolto in San Domenico con Tareke Brhane, promotore del Comitato “3 ottobre”. Una testimonianza sul dramma delle immigrazioni che vede il trentaduenne eritreo oggi impegnato a far riconoscere il 3 ottobre come “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza”, in ricordo dei quasi 400 morti nel naufragio di una imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti avvenuto nel 2013, a poche miglia dal porto di Lampedusa

Ormai Tareke Bhrane è italiano acquisito, sposato con un’italiana e con due bimbi nati qui. La sua padronanza linguistica è totale, ma l’accento tradisce ancora fortemente l’origine africana. Il legame con la sua Eritrea, nella quale non può tornare perché il regime militarista considera dei traditori tutti coloro che sono sfuggiti all’oppressione, gli resta nel cuore. E nel cuore gli restano tutti i drammi dei tanti che, come lui, dal continente nero, attraversando pericoli e consegnandosi spesso ad aguzzini, cercano la via dell’Europa.

Ha parlato con tutta la passione che contraddistingue il suo impegno civico il trentaduenne eritreo – giunto in Italia nel 2005 sfidando il Mediterraneo e, tramite Medici Senza Frontiere e l’impegno come mediatore culturale, giunto a diventare un attivista nella sensibilizzazione delle problematiche dell’immigrazione – alla platea di giovani radunati in San Domenico nell’incontro organizzato dall’Istituto di istruzione superiore “Luigi di Savoia”, col patrocinio della Diocesi che ha messo volentieri a disposizione il recuperato tempio domenicano che spesso assume le vesti di auditorium. Ad ascoltarlo, gli studenti di diverse classi dell’istituto (che raccoglie, oltre a “ragioneria” di viale Maraini, anche il tecnico agrario e il professionale di via Togliatti e l’agrario di Cittaducale), del Liceo scientifico di Amatrice, qualche classe delle medie “Ricci” e “Sisti”, presenti anche operatori sociali e umanitari (in prima fila la Croce Rossa, in cui è attiva la preside dell’Istituto, Maria Rita Pitoni, che ha accolto l’ospite e introdotto la mattinata) e alcuni rifugiati utenti degli Sprar della Caritas e della cooperativa Il Volo.

Coinvolti i ragazzi nell’ascoltare la testimonianza di Tareke, il racconto della sua esperienza, le sue riflessioni sul dramma di molti migranti, le motivazioni che lo hanno spinto a fondare il “Comitato 3 Ottobre” che, dopo la tragedia che il 3 ottobre del 2013 che vide 368 persone perdere la vita in mare in quel famigerato affondamento dell’imbarcazione di migranti al largo di Lampedusa, lo vede impegnato, assieme a tanti altri volontari, nel promuovere una società e una politica attenta alle esigenze dell’accoglienza. Toccanti i racconti di drammatiche esperienze vissute da lui e da altri in tante situazioni in cui i più elementari diritti umani, gli aspetti minimi di rispetto di qualunque persona, sembrano venir meno. Sullo schermo video che documentano situazioni di disagio e scene di disperazione, ma anche le immagini della sua partecipazione all’incontro con papa Francesco, facendo da interprete ai rifugiati ricevuti in Vaticano dal Pontefice che volle ascoltare e benedire più che parlare.

Con quella passione etica e focosità umanitaria nel richiamare i giovani ad aprire gli occhi su una realtà che ormai ci appartiene, sulla necessità di allargare gli orizzonti, sulla disponibilità ad accogliere, ma anche sul dovere di preoccuparsi (non con la vuota retorica del semplice “aiutiamoli a casa loro” ma con la consapevolezza di un mondo dove tutto è sempre più connesso) di sanare alle radici le situazioni che spingono ancora tante persone a fuggire dalle loro terre: compresa l’Italia, che continua – ha sottolineato – a perdere forze giovani con l’emigrazione di chi («la chiamano “fuga di cervelli”, ma io direi giovani costretti ad abbandonare un Paese che non dà lavoro») ancora oggi non trova qui spazi adeguati.