Passione e libertà: così i giovani tornano nei campi

Parla Maria Letizia Gardoni, nuova leader dei giovani imprenditori agricoli: «C’è una gratificazione personale nel lavoro a contatto con la terra, oltre che una possibilità di guadagno». E poi il settore si sta evolvendo… «ha sempre più bisogno di personale specializzato, ad esempio nel marketing, nell’e-commerce e nel design per aprirsi ai mercati esteri. Per questo attrae le nuove generazioni».

Un giovane su 4 è disposto ad accettare qualsiasi occupazione pur di lavorare ma, soprattutto, il 68% dei giovani italiani vorrebbe lavorare in agricoltura. È una conferma della “riscoperta” del settore primario quella che emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe, presentata lunedì scorso all’Assemblea elettiva di Coldiretti Giovani Impresa. Ne parliamo con Maria Letizia Gardoni, nuova leader dei giovani imprenditori agricoli di Coldiretti. Venticinque anni, di Osimo, ha iniziato la sua avventura in agricoltura nel 2008. Figlia di funzionari pubblici, fin da piccola aveva l’idea di fare l’imprenditrice agricola; a 19 anni ha acquistato un terreno con un mutuo e aperto la sua azienda: nove ettari nelle campagne di Osimo (Ancona), dove coltiva ortaggi con metodo macrobiotico.

I dati presentati all’Assemblea parlano di giovani “flessibili”, disposti a lavorare come spazzini, pony express o in un call center pur di avere un’occupazione. Ma, soprattutto, amanti del mondo agricolo…

“Premesso che ogni lavoro è utile e dignitoso, oggi sono tanti i giovani disposti a fare qualcosa di lontano dai propri studi o dalle proprie aspirazioni, pur di lavorare: non a caso, solo il 30% riesce a svolgere una professione coerente con il proprio percorso scolastico o universitario. Si può dare la colpa alla crisi, ma occorre rilevare anche una mancata correlazione tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro”.

Sono tanti – e in crescita – pure i neet, giovani che non studiano né cercano lavoro…

“È vero, c’è un senso di sfiducia che nasce dal non sentirsi rappresentati, né integrati in una società che chiude loro le porte. Non dimentichiamo che – secondo l’inchiesta Coldiretti/Ixe – vi è pure un 14% di giovani che durante l’anno ha ricevuto oltre 50 porte sbattute in faccia di fronte alla richiesta di un lavoro”.

Torna, invece, l’interesse per l’agricoltura. Perché?

“A dispetto di quanti sostengono che questo rinnovato interesse sia una risposta alla crisi, secondo me la ragione è più profonda e genuina: la maggior parte dei giovani che lavorano in campagna lo fa per passione. C’è una gratificazione personale nel lavoro a contatto con la terra, oltre che una possibilità di guadagno. Conosco personalmente molte di queste ‘storie’ e anch’io ne sono un esempio. Il settore agricolo attrae perché permette di manifestare la propria creatività: dalla produzione di cibo – bene primario per eccellenza – a servizi per la società – come l’educazione attraverso le fattorie didattiche o l’ippoterapia – fino alla ricezione turistica con gli agriturismi e gli agricampeggi”.

È un settore in espansione…

“Si sta evolvendo e ha sempre più bisogno di personale specializzato, ad esempio nel marketing, nell’e-commerce e nel design per aprirsi ai mercati esteri. Per questo attrae le nuove generazioni. Poi non dimentichiamo che la campagna dà un senso di libertà come nessun altro luogo”.

Come s’inserisce, in quest’interesse crescente per il mondo agricolo, l’impegno di Coldiretti Giovani Impresa?

“Vogliamo anzitutto trasmettere all’esterno quello che il settore agricolo è diventato. Il nostro impegno prioritario, poi, sarà per abbattere le barriere che i giovani ancora oggi incontrano quando vogliono avviare una nuova attività, specialmente in termini di burocrazia e accesso al credito. Inoltre, mi piacerebbe parlare di alimentazione ed educazione alimentare, in vista dell’Expo 2015. E ancora, c’è da lavorare nei campi dell’internazionalizzazione, dell’ammodernamento delle aree rurali, del riportare a comunicare la campagna con la città…”.

Avviare un’attività agricola è un investimento coraggioso?

“Senz’altro. In Italia abbiamo scarse superfici coltivabili a disposizione, mentre tante sono in mano a persone che non si occupano di produzione agricola, ma le hanno comprate come investimento. Senza dimenticare l’urbanizzazione e la cementificazione selvaggia. Tutto ciò ha fatto lievitare il costo della terra. Ma oggi si può realizzare un’impresa agricola innovativa e competitiva anche con una piccola superficie. Occorrono creatività e immaginazione, ma non serve essere latifondisti. Un esempio: il concorso ‘Oscar Green 2013’ è stato vinto da un imprenditore agricolo che lavora in laboratorio, producendo funghi dai fondi di caffè. Ciò che serve è, appunto, un’idea innovativa e vincente”.