Parchi e aree protette: quale futuro?

Come uscire dalla crisi e programmare lo sviluppo. Alcuni esempi nella Provincia di Rieti.

La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, sancì l’adesione mondiale allo sviluppo sostenibile e la sua legittimazione internazionale. Nonostante ciò, anche se negli anni successivi molti paesi hanno inserito nelle loro legislazioni interventi a favore della tutela e della salvaguardia ambientale, l’attuale situazione non lascia ben sperare. Quello che manca, nonostante tutti gli sforzi legislativi, è la mancanza di una mentalità sostenibile: i concetti legati alla tutela ambientale vengono ancora concepiti come un ostacolo alla crescita e allo sviluppo. Questo nuovo liberismo che si sta imponendo a livello mondiale, sta riproponendo modelli di crescita vecchi e pericolosi, responsabili di squilibri e catastrofi naturali che in nome della crescita economica immediata hanno tralasciato importanti concetti come la qualità della vita e la tutela dell’ambiente. Inoltre, la crisi economica, impone sempre più politiche di austerity e, ovviamente, la tutela ambientale passa in secondo piano fino a divenire un vincolo, un ostacolo alla crescita che, in tempi di crisi, deve essere rimosso.

Di fronte a questa situazione, le aree protette, nel nostro Paese, che fine faranno? Una cosa è certa: saranno sempre di meno le risorse a loro favore. Allora, quale futuro le attende? Quali prospettive hanno di poter uscire da questa fase di sopravvivenza e programmare lo sviluppo a medio e lungo termine?

Le aree protette in Italia, hanno raggiunto notevoli risultai grazie alla L. 394/91 che ha permesso di passare dallo 0,6% del territorio italiano protetto negli anni ’60 all’odierno 11%. Da questa legge si evince che la conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e storico-culturali rappresentano l’obiettivo fondamentale posto alla base dell’istituzione di un’area protetta. Sempre riguardo alla 394/91, di fondamentale importanza è l’art. 14 “Iniziative per la promozione economica e sociale” che inserisce tra le finalità di un’area protetta anche quella relativa allo sviluppo dell’area. La Regione Lazio in materia di aree protette ha emanato la LR 29/97. Essa nell’art. 3 né definisce gli obiettivi: dopo aver ribadito quelli della legge 394/91 parla anche di “valorizzazione delle risorse umane attraverso misure integrate che sviluppino la valenza economica ed educativa delle aree protette” e di “promozione di attività produttive compatibili con l’esigenza di tutela dell’ambiente che favoriscono nuove forme di occupazione”. Quindi gli obiettivi di un’area protetta sono sostanzialmente riconducibili a due grandi ambiti: quello legato ai concetti di conservazione e tutela e quello riguardante lo sviluppo dell’area.

Però, bisogna precisare che, il perimetro delle aree protette è definito esclusivamente in base dell’estensione degli ambienti di pregio naturalistico e quindi funzionale alla sola tutela. Ciò dimostra che, se l’obiettivo della tutela di un’area protetta può essere riferito al perimetro che comprende tutti gli ambienti ad elevata naturalità, l’obiettivo dello sviluppo sostenibile dovrà, invece, essere esteso ad un altro perimetro definito dal sistema socio-economico e che comprenderà al suo interno la stessa area da tutelare dal punto di vista naturalistico. In altre parole, dovranno essere individuati due sistemi territoriali, uno più specificamente dell’area protetta (al quale saranno collegati i vincoli e il piano di assetto) e un altro più ampio, che lo ricomprende, caratterizzato dalla rete di tutti i rapporti socio-economici.

Anche se può sembrare assurdo, un ente preposto alla tutela del territorio che si occupa in maniera forte della programmazione dello sviluppo e che investe notevoli risorse umane ed economiche in essa, può risultare una vera innovazione, anche se è un obiettivo previsto dalla legislazione. Questo avviene, perché, in realtà, nel pensiero comune, la conservazione dell’ambiente naturale viene considerata soltanto come un vincolo per il territorio stesso e, viene vista, quindi, in contrasto con l’altro obiettivo fondamentale delle aree protette, quello dello sviluppo. Tutto ciò perché quest’ultimo viene associato ai vecchi modelli economici, quelli in cui sviluppo significava aumento del reddito e crescita economica immediata senza tener conto di altri importanti fattori come l’ambiente e la qualità della vita. La tutela del territorio viene vista come vincolo, quindi come un ostacolo, come ancora oggi è dimostrato dalle richieste di abolizione delle aree protette. A conferma di tutto ciò c’è anche il fatto dell’inadeguatezza delle risorse economiche e professionali assegnate agli enti gestori delle aree protette. Da tutto questo si deduce che nell’attuale società, ancora non è riuscita penetrare a fondo una logica sostenibile in grado di mettere in atto un cambio di mentalità. A vent’anni dalla conferenza di Rio, si riscontra ancora un forte analfabetismo ecologico.

Una via d’uscita per i parchi e le aree protette inserite in contesti territoriali rurali, potrebbe essere quella di utilizzare gli strumenti della Politica Agricola Comune (PAC). In questo contesto, s’inserisce la politica del Programma di Sviluppo Rurale (PSR), considerato il principale strumento di programmazione e finanziamento per gli interventi nel settore agricolo, forestale e dello sviluppo rurale, e opera sull’intero territorio regionale. Le Regioni hanno il compito di predisporre i programmi ed inviarli alla Commissione Europea la quale dovrà approvare ciascun singolo PSR.

All’interno del PSR è possibile ricorrere alla Progettazione Integrata Territoriale (PIT) che è l’insieme coordinato ed organico di operazioni riferibili a più misure dell’Asse III del PSR 2007-2013. Per seguire questa strada, come già accennato precedentemente, è necessario individuare un sistema territoriale caratterizzato dalla rete di tutti i rapporti socio-economici.

Nella nostra provincia l’ambiente rappresenta una risorsa molto importante che deve essere necessariamente tutelata e valorizzata. La Riserva Naturale Montagne della Duchessa e la Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia hanno deciso di utilizzare il PSR per raggiungere i loro obiettivi di sviluppo. Sfruttando la PIT, hanno realizzato un progetto che, oltre ad esse, coinvolge anche altre entità del territorio.

Il progetto, chiamato “Iniziative di sviluppo rurale nel comprensorio dei Comuni del Salto-Cicolano e della Valle del Lago del Turano, a sostegno dell’occupazione e delle imprese del settore agricolo ed extra-agricolo”, interessa tutta l’area del Salto-Cicolano e del Lago del Turano; un’area caratterizzata da una forte continuità geomorfologica e da un’accentuata omogeneità territoriale.

La PIT raccoglie le progettualità espresse da un’eterogenea compagine di soggetti pubblici e privati che operano sul territorio: amministrazioni comunali, enti territoriali, associazioni culturali, agricoltori, imprenditori e privati cittadini e, intende contribuire allo sviluppo locale dell’area rurale interessata attraverso una integrazione funzionale e operativa tra i vari attori locali. L’obiettivo strategico perseguito è la promozione del territorio e delle sue peculiarità rurali, paesaggistiche, architettoniche, culturali, enogastronomiche ed artigianali. Nel dettaglio è finalizzata sia al miglioramento della redditività degli operatori locali e della qualità della vita delle comunità residenti, sia ad incentivare la fruizione delle potenzialità locali da parte di turisti e visitatori attraverso la valorizzazione integrata delle risorse locali.

Considerando che gli obiettivi del PSR coincidono con quelli delle aree protette, la PIT può essere considerata a tutti gli effetti uno strumento di gestione per quest’ultime. Nel nostro caso, alle due riserve, è stato possibile, realizzare un progetto di sviluppo che da sole non avrebbero potuto realizzare proprio perché il loro territorio è finalizzato alla sola tutela e conservazione. La PIT, invece permette di delineare tutta l’area dei rapporti socio-economici. Di fatto, quest’ultima, si è dimostrata lo strumento corretto per promuovere lo sviluppo sostenibile all’interno del sistema territoriale delle riserve.