Papa Francesco scompagina tutti i nostri giochi

Quotidianamente siamo chiamati ad esprimere valutazioni o voti su concorrenti di reality, aspiranti cuochi, casi giudiziari, partite di calcio. Il web in questo caso rappresenta una piattaforma privilegiata, dove ogni post su facebook può ricevere il suo “mi piace” e la popolarità di un intervento o di una foto viene legata così al numero dei consensi, come quando qualcosa su twitter ci colpisce possiamo retweettarlo e renderlo noto ai nostri follower. L’opinione ormai è una massa magmatica che porta alla sua irrilevanza: basta pensare a come spesso i sondaggi sbagliano gli esiti ed i risultati. Ci siamo trasformati in un gigantesco tribunale di rito rapidissimo che emette decine di sentenze al giorno. Siamo diventati un popolo di giudici, ma i primi a non voler essere giudicati siamo noi.

Poi d’improvviso ci viene in soccorso il nostro Papa Francesco evocando un termine che scompagina tutti i nostri giochi, le nostre prospettive, i nostri criteri di giudizio. E annuncia l’indizione di un Anno Santo sulla misericordia, quasi a voler regalare una sorpresa gradita in occasione del secondo anniversario della sua elezione. Inizierà l’8 dicembre prossimo e si concluderà il 20 novembre 2016. Un anno di riconciliazione, di prossimità, di conversione. All’insegna, appunto, della misericordia. Parola che ricorre di sovente nei discorsi di Papa Bergoglio: già quattro giorni dopo la sua ascesa al soglio pontificio nella chiesa parrocchiale di S. Anna in un’omelia a braccio veniva enunciata: “Il messaggio di Gesù è la misericordia, è il messaggio più forte del Signore”.

Quindi nel primo Angelus che il Papa aveva pronunciato davanti ai tanti fedeli accorsi si era soffermato sul tema della misericordia, citando il teologo cardinale Kasper: “La misericordia è una parola che cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire, cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto”. Poi sul volo di ritorno dal suo primo viaggio internazionale in Brasile per la Gmg ha ripreso il tasto a lui caro. “Credo che questo sia il tempo della misericordia”. Ovvero una circostanza conveniente, favorevole, un tempo opportuno per un’iniziativa di Dio da cogliere ora, nel presente. Perché “Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono”. E ancora in una lettera inviata all’Università cattolica argentina: “La misericordia non è solo un atteggiamento pastorale, ma è la stessa sostanza del Vangelo”. Un filo rosso che lega ogni suo intervento, quasi a voler preparare il suo popolo ad un cammino che è sì di fatica e sofferenza, ma soprattutto di grazia. Nell’Angelus di quest’anno a gennaio esprimeva il suo forte desiderio che “i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”.

La misericordia non è un sentimento, un qualcosa che ci sentiamo addosso, ma è un rapporto, uno sguardo, un volto su di noi, sulla nostra vita così incisivo da spezzare ogni etichetta che ci portiamo dentro, ogni giudizio che frena le nostre volontà e spesso ci rende incapaci di stare su questa piazza esistenziale che è il mondo. Non sopportandoci, spesso, attraverso le travagliate circostanze che incombono e scatenano i nostri umori, ma desiderando non poco di dire l’ultima parola su tutto, come un giudice dell’ultimo grado della Cassazione. Poi irrompe questo cono di luce e di ripresa che è la misericordia. E “nessuno è escluso – ha sottolineato ancora il Papa nell’omelia che si è conclusa con l’annuncio del Giubileo – dalla misericordia di Dio: tutti conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, perché quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la certezza del perdono”. Non a caso il rito iniziale del Giubileo è l’apertura della Porta Santa, che viene aperta solo durante l’Anno Santo. E vivere la misericordia è fare esperienza di accoglienza, di apertura, non di porte chiuse o sbarrate. La vita ha tremendamente bisogno di questo. Anche e soprattutto la nostra.