Papa Francesco, la preghiera e la geopolitica

È la forma fondamentale di presenza della Chiesa e dei cattolici in questo mondo così complicato e la base su cui costruire quella interlocuzione serena, aperta e decisa che oggi è per tutti una risorsa e per cui il Papa si spende senza riserva.

“In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare”. La conferenza stampa in aereo, alla fine dell’importantissimo viaggio in Corea, ha fatto il giro del mondo. Papa Francesco, con il suo ormai ben noto metodo callejero ha infatti detto cose molto importanti su temi strutturali dell’attualità geo-politica mondiale.

La prima è proprio a proposito della situazione in Iraq. All’inizio di agosto aveva ripetuto, con convinzione, come tutti i suoi predecessori nell’età delle guerre mondiali, iniziata proprio cent’anni fa, “mai più la guerra”. Ora ha ribadito la necessità di intervenire in determinate circostanze. Senza entrare nel merito, che non compete alla Chiesa, ma con chiarezza, ha infatti aggiunto: “non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo”. Infatti “i mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati”. E ha aggiunto: “fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male”.

Questa aggiunta, non certo casuale, apre alle altre due considerazioni che ha sviluppato rispondendo alle domande dei giornalisti. La prima ha ben presto fatto il giro del mondo, intrecciandosi con tanti interrogativi sul nostro futuro collettivo che serpeggiano su internet. “Oggi – ha osservato semplicemente Papa Francesco – noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: “Lei sa, Padre, che siamo nella Terza Guerra Mondiale, ma ‘a pezzi’?”. Ha capito? E’ un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà”. Mai come in questo anno – di fronte al moltiplicarsi e all’aggravarsi di episodi che peraltro si inseriscono in un quadro che già in occasione del giubileo del 2000 era apparso molto chiaro – un Papa è stato più puntuale e preciso nella denuncia del martirio dei cristiani, oltre che, beninteso, di tutti i popoli e le persone perseguitate.

Siamo così al fondo del magistero che in termini apparentemente colloquiali, ma chiarissimi, Papa Francesco sta sviluppando sui grandi temi della geopolitica mondiale, con grande franchezza e realismo.

Per guardare avanti essenziale è il terzo passaggio, quando, rispondendo ad una domanda sulla ”inutilità” dell’iniziativa di preghiera in Vaticano per la Terrasanta, ha sottolineato invece l’importanza e la grande attualità di quel gesto, perché “è stata aperta la porta della preghiera”. Perché bisogna “dire all’umanità che insieme con la strada del negoziato – che è importante -, del dialogo – che è importante – c’è anche quella della preghiera”. La ripresa del conflitto a Gaza “è congiunturale. Quell’incontro invece non era congiunturale: è un passo fondamentale di atteggiamento umano: la preghiera”.

Che poi è la forma fondamentale di presenza della Chiesa e dei cattolici in questo mondo così complicato e la base su cui costruire quella interlocuzione serena, aperta e decisa che oggi è per tutti una risorsa e per cui il Papa si spende senza riserva.