Papa Francesco alla Cei: «Qui non è peccato criticare il Papa»

«Cari fratelli, buonasera! Benvenuti in Vaticano». È il saluto di Papa Francesco ai vescovi italiani, riuniti da questo pomeriggio fino al 24 maggio nell’Aula del Sinodo, per la loro Assemblea generale. Il Papa si è rivolto loro a braccio, con un discorso di circa un quarto d’ora, e poi l’incontro è proseguito “a porte chiuse” per un dialogo e un confronto libero tra il Santo Padre e i presuli. «Ma credo che quest’aula è in Vaticano soltanto quando c’è il Papa», ha proseguito Francesco: «È sul territorio italiano, e anche l’Aula Paolo VI, dicono che è così».

«Grazie tante per la vostra presenza, per cominciare questa giornata di Maria Madre della Chiesa», ha detto il Papa riferendosi alla prima memoria liturgica da lui istituita della festa che porta questo nome, e che si celebra proprio oggi. «Monstra te esse matrem, Facci sentire che sei la madre, che non siamo soli e che tu ci accompagni come madre», le parole mariane di Francesco: «Maternalità, Santa Madre Chiesa gerarchica, qui radunata. Così piaceva dire a sant’Ignazio. E che Maria madre nostra ci aiuti a far sì che la Chiesa sia madre e anche, seguendo l’ispirazione dei Padri, che la nostra anima sia madre».

«Le tre donne», le ha definite il Papa: «Maria, la Chiesa e l’anima nostra, tutte e tre madri». «Vi ringrazio per questo incontro, che vorrei fosse un momento di dialogo e di riflessione», le parole rivolte ai vescovi: «Voglio ringraziarvi per tutto il lavoro che fate». «Ho pensato di condividere con voi tre mie preoccupazioni», ha annunciato Francesco: «Ma non per bastonarvi, per dare a voi la parola per rivolgermi tutte le domande, le ansie, le critiche. Non è peccato criticare il Papa, qui si può fare».

«La prima cosa che mi preoccupa è la crisi delle vocazioni». Instaurare un sistema “fidei donum” tra le diocesi italiane

«La prima cosa che mi preoccupa è la crisi delle vocazioni», ha quindi detto il Papa parlando a braccio ai vescovi italiani. «È la nostra paternità che è in gioco», ha commentato Francesco, ricordando che di questa «emorragia vocazionale» aveva già parlato nella recente plenaria degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, definendola «il frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e della dittatura del denaro»: tutti fattori, questi, che per il Papa «allontanano i giovani dalla vita consacrata, accanto al calo delle nascite – l’inverno demografico – agli scandali e alla testimonianza tiepida».

«Quanti seminari, chiese, monasteri e conventi verranno chiusi nei prossimi anni per mancanza di vocazione? Dio solo lo sa!», ha esclamato Francesco. «È triste vedere questa terra fertile – ha aggiunto riferendosi alla situazione italiana – e anche l’Europa entra in una sterilità vocazionale senza cercare rimedi efficaci». «Dobbiamo cominciare dalle cose pratiche», ha detto il Papa, proponendo alla Cei «una più concreta e generosa condivisione ‘fidei donum’ tra le diocesi italiane, che arricchirebbe le diocesi che donano e le diocesi che ricevono, rafforzando il ‘sensus ecclesiae’ e il ‘sensus fidelium’». E come esempio concreto, Francesco ha esortato a guardare il Piemonte, dove in termini vocazionale domina «l’aridità», e la Puglia, dove invece c’è «sovrabbondanza» in questo ambito: «È una creatività bella, un sistema ‘fidei donum’ dentro l’Italia», ha commentato.

«Chi crede non può parlare di povertà e vivere come un faraone»

«Povertà evangelica e trasparenza», è la seconda indicazione affidata ai vescovi italiani dal Papa. «Per me sempre, perché l’ho imparato come gesuita, la povertà è madre e muro della vita apostolica», ha spiegato Francesco: «Madre perché la fa nascere, e muro perché la protegge». «Senza povertà non c’è zelo apostolico, non c’è vita di servizio agli altri», ha ammonito il Papa a proposito di tale «preoccupazione», che «riguarda il denaro e la trasparenza».

«Chi crede non può parlare di povertà e vivere come un faraone», ha ribadito Francesco tornando su un tema a lui caro: «Tante volte si vedono queste cose». «È una contro-testimonianza parlare di povertà e vivere una vita di lusso», ha proseguito: «È molto scandaloso trattare il denaro senza trasparenza e gestire il denaro come fosse una proprietà personale. A me fa molto male sentire un ecclesiastico che gestisce in maniera disonesta gli spiccioli della vedova».

«Abbiamo il dovere di gestire con esemplarità, attraverso regole chiare e comuni, ciò per cui daremo conto al Padrone della vigna». A riguardo, il Papa ha rivelato di conoscere un vescovo che «mai invita a cena con i soldi della diocesi: paga dalla sua tasca, sennò non invita. Piccoli gesti, ma come propositi». Francesco si è detto, infine, “riconoscente” perché la Cei, «soprattutto in questi ultimi anni, ha fatto molto sulla via della povertà e trasparenza. Ma ancora si deve fare un po’ di più in alcune cose».

Riduzione e accorpamento delle diocesi: «argomento datato e attuale ma trascurato»

«Riduzione e accorpamento delle diocesi» è il terzo compito assegnato ai vescovi, come spunto della riflessione e del dialogo che si è tenuto subito dopo a porte chiuse, nel discorso pronunciato a braccio dal Papa per l’apertura dell’Assemblea della Cei in Vaticano. «Non è facile», ha ammesso Francesco: «L’anno scorso stavamo per accorparne una, ma sono venute delle persone a dirmi: ‘Ma padre, come si fa? L’università è andata via, hanno chiuso una scuola, non c’è il sindaco ma un delegato, e adesso anche voi… Che rimanga il vescovo, soffrono!’».

«Ma credo che ci sia qualche diocesi che si può accorpare», la proposta del Papa, che ha ricordato che il 23 maggio del 2013, nel suo primo discorso ai vescovi italiani dopo l’elezione al soglio pontificio, aveva già sollevato la questione della riduzione delle diocesi italiane. «Un’esigenza pastorale studiata e approfondita più volte», ha sottolineato Francesco: «Paolo VI, nel 1964, parlava di un eccessivo numero di diocesi», e il 23 giugno del 1966, in occasione dell’Assemblea della Cei, aveva definito «necessario ritoccare confini di alcune diocesi, ma più che altro procedere alla fusione di non poche diocesi». «Anche la Congregazione dei vescovi, nel 2016 – ma io nel 2013 – ha chiesto alle Conferenze episcopali regionali di inviare un parere sul progetto di riordino delle diocesi alla Segreteria generale della Cei», ha fatto notare ancora il Papa, definendo tale questione «un argomento datato e attuale, trascurato per molto tempo». «Credo sia giunta l’ora di concluderlo al più presto», l’invito.

«Queste sono le mie tre preoccupazioni che ho voluto condividere con voi», ha concluso il Papa: «Ora lascio a voi la parola e vi ringrazio per la parresia», l’auspicio per il dibattito che è cominciato, a porte chiuse, subito dopo.