Incontro con gli operatori pastorali

Operatori pastorali alla riscoperta della domenica

Grande partecipazione all’incontro del vescovo con gli operatori pastorali svolto nel pomeriggio del 24 novembre al Centro Pastorale di Contigliano. L’appuntamento ha visto il vescovo Domenico presentare la Lettera pastorale sulla Domenica e ha anche offerto l’occasione di festeggiare tutti insieme l’ottantesimo compleanno del vescovo emerito mons Delio Lucarelli

La domenica andando alla Messa: ha ripreso il titolo della canzoncina che nel 1970 garantì ampio successo a una giovanissima Gigliola Cinquetti, il vescovo Domenico, per la Lettera pastorale con cui ha inteso raccogliere i frutti del convegno di settembre. Anche all’incontro pastorale che si era svolto a fine estate a Contigliano monsignor Pompili aveva preso la nota canzone a titolo del suo intervento conclusivo della tre giorni dedicata al dies Domini. Ora la pubblicazione di questo piccolo documento pastorale a firma del presule – arricchito da un contributo dell’Ufficio diocesano evangelizzazione e catechesi su Eucaristia cuore della domenica – come traccia per il cammino su cui la Chiesa locale è chiamata a convergere.

Dopo averlo illustrato in anteprima al clero durante il ritiro svolto a Borgo San Pietro, nel pomeriggio della domenica di Cristo Re la presentazione ufficiale agli operatori pastorali. È di nuovo il salone del centro contiglianese intitolato a San Michele Arcangelo ad accogliere l’assemblea riunita in prossimità dell’avvio del nuovo anno liturgico. E dopo il canto di invocazione allo Spirito Santo, prende subito la parola monsignore, sintetizzando i contenuti della Lettera sottotitolata Dall’osservare al festeggiare.

La messa al centro della domenica

Al centro della domenica deve restare la Messa, esordisce Pompili: un’esperienza, per la comunità cristiana, «non casuale, ma rituale; non un fatto privato o pubblico, ma comunitario», per riprendere poi la preziosa indicazione che il liturgista Andrea Grillo aveva offerto nell’incontro pastorale di settembre: il tempo del giorno del Signore non è né lavorativo né tempo libero, «ma tempo festivo». La Messa, poi, ha la sua ragion d’essere come “fons et culmen”, e dunque non deve essere la scusa per fare altro, «non è il mezzo per far passare messaggi».

Si tratta del corretto modo di considerare la liturgia, e dunque di approcciarsi a essa. La liturgia, ha spiegato il vescovo, è dunque «anzitutto un’esperienza simbolica» che pone l’accento «su ogni parola, gesto, suono, odore, colore», tutte cose «che vanno vissute, non spiegate»: la liturgia, ha insistito monsignore, non può essere didascalica, non si possono spiegare le cose mentre avvengono, devono essere eloquenti di per sé, e l’educazione alla loro comprensione deve avvenire semmai prima, non durante lo svolgimento in cui i fedeli se le devono “godere”. La liturgia, infatti, «“si impara facendo”, non la si spiega come fosse un tour guidato da qualcuno. La semplice bellezza dei suoi riti e delle sue preghiere diventano un’esperienza immersiva che fa esclamare “Che bello!”. La bellezza, infatti, educa senza concetti e precetti, per immersione in un’esperienza che ci fa uscire da noi, allargare gli orizzonti, e poi rientrare in noi stessi riconciliandoci con la nostra parte migliore. Come scrive Romano Guardini, la bellezza non ha uno scopo istruttivo,non mira a “insegnare determinate verità o virtù”. Ma ci fa migliori».

L’esperienza comunitaria

L’altro aspetto importante da ribadire riguardo la liturgia, è che si tratta di un’esperienza comunitaria: «non è solo un’esperienza privata (essere con se stessi dinanzi al buon Dio), ma non è neppure una esperienza pubblica (essere sotto l’occhio neutro della gente). È un fatto comunitario», richiede una vera comunità che celebri.

Ancora, la liturgia come tempo festivo: quel “terzo tempo”, per usare una metafora sportiva, fra il tempo lavorato e quello libero. Un tempo nel quale «l’accento è posto non sul “fare” come nel lavoro e neanche sul “dolce far niente” come nel tempo libero, ma nel “far festa” che fa esplodere la gioia, la gratitudine, la lode».

Infine, la liturgia come “fons et culmen”, sorgente da cui tutta la vita cristiana si origina e culmine a cui tutta la vita di fede tende: non è, dunque, «mezzo per far passare altro, per festeggiare circostanze o ricorrenze, ma per vivere ogni volta il messaggio sorgivo e la realtà più importante e cioè la morte e la resurrezione di Gesù Cristo che ci salva dall’isolamento e dalla confusione».

Quattro conseguenze della domenica

Questi i cardini del corretto approccio concettuale alla liturgia, i punti fermi da non dimenticare quando si parla della celebrazione che è il cuore della domenica. Di qui «quattro conseguenze di cui darsi pensiero», come tiene a dire il vescovo.

Prima cosa: Non basta esserci, occorre partecipare in modo attivo e consapevole». Sulla partecipazione, spiega don Domenico, la Nota dell’ufficio ’evangelizzazione allegata alla sua Lettera pastorale «aiuta “a bocce ferme”a capire quali sono i nodi irrisolti per favorire una qualità della celebrazione in cui ciascuno si senta accolto, benvoluto, rispettato, amato. Ciò accade normalmente quando i “santi segni” sono trasparenti e non opachi, splendenti e non appannati dall’abitudine».

Secondo, l’importanza di educare al senso di comunità, a sentirsi “corpo mistico”: la dimensione comunitaria, insiste monsignore, «è la scoperta di non essere un individuo isolato, ma parte di un “corpo mistico” che è più forte e decisivo di ogni mia ricerca solitaria dell’Assoluto. Perché andare a Messa? Non posso pregare da solo magari davanti a un tramonto al mare o dinanzi all’alba in montagna? Certo che si può, ma non è ancora l’esperienza di una comunità che nasce non da vincoli di sangue né da convergenze caratteriali, ma soltanto dalla comune ricerca del senso della vita».

Altra “conseguenza”: il tempo festivo «è la novità della domenica che sottrae alla ricorsa del tempo che è una frenetica e spasmodica ricerca di denaro per avere poi tempo di consumarlo. Mentre la festa ci aiuta a ritrovare la lode, il ringraziamento, l’adorazione, cioè un tempo reversibile e disomogeneo che apre a nuovi e indefiniti significati».

Infine, la considerazione che «la Messa educa il senso religioso perché ci fa entrare in una dimensione passiva dove si parla il linguaggio delle cose (pane e vino, parola, silenzio, contatto e solitudine) ma con una capacità di andare oltre la scorza delle abitudini e delle convenzioni, per ritrovare il senso attraverso i sensi».

Essere una «comunità accogliente»

Ed ecco che da questa “raddrizzatura” del giusto pensare la liturgia deriva il giusto modo di essere parrocchia: «non una semplice agenzia di servizi religiosi, non è una setta, ma diventa una comunità accogliente dove è possibile diventare discepoli insieme», sottolinea Pompili, che propone delle indicazioni concrete per poter «celebrare insieme e bene» con «actuosa participatio e nobile semplicità».

Innanzitutto impegnarsi ad «alzare l’asticella della qualità celebrativa», e per farlo è necessario che in parrocchia funzioni un gruppo liturgico. Gruppo che «sotto la guida del parroco ed insieme ai catechisti aiuti a far nascere un bel servizio di ministranti tra fanciulli e ragazzi, perché nessuno può celebrare dignitosamente senza l’aiuto di altri ministri». Non è solo brutto vedere il prete da solo sull’altare, è proprio una contraddizione dell’essenza stessa della liturgia, che è comunitari età e ministerialità! Da curare inoltre la formazione di un coro, per l’animazione musicale dell’assemblea, facendo attenzione che non si sostituisca a essa (se avviene, ribadisce il vescovo, «c’è evidentemente qualcosa che non funziona!»), ma «la animi e la orienti al canto, senza del quale non c’è la festa».

Seconda indicazione: «curare la celebrazione della Messa della domenica, evitando la moltiplicazione del numero di Messe che frammenta la comunità. Il criterio deve essere non la comodità della gente quanto la prossimità alla gente». E qui monsignore porta degli esempi: piccolissime comunità con pochi anziani, dove il prete magari si fa chilometri per garantire una Messa festiva a più paesini, ma è giusto proprio per garantire prossimità, mentre è probabilmente meno giusto andar dietro in città alle “fisime” della gente che chiede più Messe in orari che siano “comodi” all’uno o all’altro… E qui, anche nel dibattito che segue, non manca chi fa rilevare che in città, specie in centro storico, si continuino a celebrare inutilmente troppe Messe domenicali, a volte per quattro gatti: un’inutile abbondanza, che fraziona la comunità e rende difficile vivere l’Eucaristia davvero come un evento, con la degna animazione e partecipazione.

Altra importante indicazione: «non ridurre solo all’Eucaristia la liturgia, ma rilanciare altre forme di preghiera», come adorazione eucaristica, lectio divina, liturgia delle ore, pratiche della pietà popolare. Se tutto è Messa e solo Messa, allora si perde pure il gusto e l’importanza dell’Eucaristia…

Un’ultima indicazione don Domenico vuole darla riguardo la celebrazione dei vari sacramenti, e in particolare quello in cui è solitamente lui a venire in parrocchia per amministrarlo: la Confermazione. Per ciò che concerne la Cresima, «oltre a raccomandare di spalmare la celebrazione durante tutto l’anno liturgico, occorre curare che i ragazzi e le ragazze vivano intensamente la loro celebrazione. Un aspetto importante sarà la durata che non dovrà mai superare i 60 minuti per vivere bene la bellezza della liturgia».

Auguri a mons Lucarelli

Dopo qualche minuto dedicato agli interventi di chi chiede la parola, e prima di concludere con il canto del Vespro e gli auguri al vescovo emerito Delio Lucarelli per il suo ottantesimo compleanno, Pompili presenta rapidamente gli appuntamenti dell’agenda pastorale del prossimo anno liturgico, precisando, che essa «non è soltanto “le cose da fare” ma il tempo che rammemora il passato ed apre al futuro. Dunque, una possibilità sempre nuova che è posta nelle nostre mani perché si viva alla sequela di Cristo».

Nelle slides scorrono gli appuntamenti del calendario, di cui monsignore vuole sottolineare in particolare «due di carattere liturgico: la Messa crismale e la veglia di Pentecoste; e tre di carattere pastorale: l’incontro pastorale di inizio settembre e i due appuntamenti con gli operatori pastorali prima dell’Avvento e prima della Quaresima».

Un accenno, infine, al rapporto tra il presepe e l’Eucaristia, che il progetto della “Valle del Primo Presepe” offre l’opportunità di richiamare.