Occhi nuovi non solo per guardare ma per vedere (Mc. 4,10-12)

Leggi e rileggi

Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: “A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”. (Mc. 4,10-12).

Medita e rifletti

È alquanto sconvolgente!

Non ci è stato sempre insegnato che Gesù, da abile e sapiente maestro, ha utilizzato le parabole, piccole perle di una fervida immaginazione a servizio della verità, per meglio far comprendere ai suoi ascoltatori l’ineffabile mistero del regno di Dio? Come mai, allora, in questo passo sembra, invece, che lo scopo delle parabole sia non quello di rivelare, ma di occultare la verità, di renderne non più facile ma quasi impossibile la comprensione? Nel Vangelo si dice, infatti, che tutto viene esposto “in parabole perché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non comprendano” (4,12).

Che strano!

E poi, non ci è stato sempre detto che il messaggio evangelico è rivolto a tutti? Perché allora sembra qui che Gesù faccia delle indebite discriminazioni, catalogando i suoi uditori in due categorie: da una parte coloro che vengono designati con “voi” (i discepoli) e dall’altra “quelli di fuori”? Che razza di discorsi sono mai questi?

L’esatta comprensione di questo testo è d’obbligo se non si vuol rischiare l’equivoco.

In effetti le parabole, come ogni altro insegnamento di Gesù, possono essere contemporaneamente o una luce folgorante, oppure uno oscuro enigma; una gioiosa scoperta, oppure un angoscioso interrogativo. In entrambi i casi esse stimolano la ricerca, impongono una scelta. La loro comprensione richiede di interrogare Gesù (v.10) e di interrogarsi su Gesù. Solo confrontandosi con lui, le parabole dispiegano tutta la ricchezza di senso che le inabita e tutta la loro disarmante chiarezza. Per comprenderle, occorre non solo “udire” e “guardare”, ma “ascoltare” e “vedere”. Due verbi questi ultimi molto importanti in quanto rinviano ad un atteggiamento di fede, di apertura del cuore, di disponibilità ad accogliere la misteriosa azione dello Spirito che plasma il cammino verso la verità, che non è una idea astratta, ma Cristo Gesù stesso da incontrare, da cui lasciarsi affascinare, da seguire. E’ proprio per tale ragione che Gesù divide i suoi uditori in due categorie: “Voi” e “quelli di fuori”. Non si tratta di due gruppi di persone definite stabilmente, quanto piuttosto di due modi di essere: familiari o estranei, discepoli o antagonisti, accoglienti oppure ostili. Chi si apre all’azione dello Spirito è disarmato dinnanzi alla rivelazione del mistero del regno, e quindi può accoglierlo e comprenderlo; chi, invece, è rinchiuso in se stesso non permette alla verità di far breccia nel proprio cuore e nella propria mente. E’ d’obbligo, dunque, affermare che anche la comprensione delle parabole esige la conversione. Solo chi si converte è in grado di trasformare l’udire in ascolto e il guardare in visione. Questo è quello che vuole dire Gesù quando, citando Isaia, afferma: “Tutto viene esposto in parabole perché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì ma non comprendano, perché (ma si potrebbe leggere: “a meno che”) non si convertano”.

E così è svelato il mistero!

  • Riesco a comprendere che nei confronti di Gesù quanto più lo si ama, tanto più lo si conosce?
  • Mi rendo conto che l’insegnamento di Gesù non è una dottrina finalizzata a solleticare la mente, ma una sapienza che interpella la vita: pensare, volere, agire?
  • Insieme a Gesù, che mi cambia il cuore, so “ascoltare” e “vedere” anche le attese del mondo?

Prega

Padre di bontà infinita rendi attento il mio orecchio alle Parole del Figlio tuo, rendi sensibile il mio cuore per amarti con tutte le forze, rendi limpido il mio occhio per vedere le necessità dei fratelli.

Agisci

Con l’orecchio teso alla Parola di Dio e l’occhio vigile verso i fratelli mi impegnerò ad essere un vero discepolo.