Noi, gente del Giglio non dimentichiamo i morti della Concordia

Parla don Lorenzo Pasquotti, parroco di San Lorenzo e Mamiliano al porto, proprio mentre proseguono, sotto gli occhi del mondo, le operazioni di raddrizzamento della nave. Ricorda le ore terribili del naufragio e la gara di solidarietà dei suoi concittadini.

«Sì, quanto avviene oggi è il coronamento di mesi di lavoro per quanti sono impegnati nel recupero della Costa Concordia, ma in fondo, per noi del Giglio, questo è un giorno come gli altri». Don Lorenzo Pasquotti, parroco di San Lorenzo e Mamiliano al porto, respinge l’idea di un’isola “ferma” a quel 13 gennaio del 2012, quando la nave da crociera fece naufragio. Certo, la vita è cambiata, ai turisti sono subentrati gli addetti alle operazioni di recupero, ma dopo la “gara di solidarietà” sperimentata quella notte gli abitanti si sono abituati a “convivere” con il relitto giorno dopo giorno. Mantenendo in cuor loro la speranza di tornare quanto prima «al Giglio come era il 12 gennaio». Le operazioni di “parbuckling”, ovvero di raddrizzamento della nave – che nei prossimi mesi potrà così andare in un cantiere navale per lo smantellamento – sono cominciate questa mattina con tre ore di ritardo ed è stato comunicato che dureranno più delle 12 ore inizialmente previste, ma al momento sembra stiano procedendo senza imprevisti.

La gente aprì le case. Mentre i cavi d’acciaio raddrizzano la nave, don Lorenzo torna con la memoria a quella notte. «Ci ha trovato impreparati: mai avremmo pensato di dover accogliere 4.200 persone in quella che per noi è una stagione ‘morta’», racconta al Sir. In breve tempo la gente dell’isola «ha dato fondo a quello che aveva negli armadi: maglie, maglioni e coperte», ma soprattutto «ha aperto la porta a degli sconosciuti, non pensando a cosa sarebbe potuto succedere alle proprie cose, ma cosa sarebbe successo alla gente di fronte a un rifiuto». Anche la chiesa ha aperto il portone, gonfaloni e paramenti “pesanti” sono stati utilizzati per coprirsi, benché sempre “con rispetto”. «Poi, il giorno dopo, i naufraghi sono partiti – continua il parroco – e in chiesa sono rimasti oggetti che conservo perché costituiscono la memoria di quanto avvenuto: pezzi di pane, segno di condivisione, e poi tanti salvagente, le corde…».

La vita continua, giorno dopo giorno. Sono venti mesi che l’isola del Giglio convive con il relitto della Concordia. «Abbiamo la nave sempre davanti agli occhi – spiega il sacerdote – mentre incontriamo persone di tutte le razze e tutte le lingue». Perciò la giornata di oggi non ha, per la gente del posto, quella “straordinarietà” che le danno i media. «Certo, è bene che la stampa ne parli e sappiamo che è inevitabile la ressa di giornalisti in questi giorni», ma la differenza, semmai, sta in quell’anziana che tutti i giorni va in chiesa portando in mano la candela e la corona del rosario e, oggi, al collo aveva il “pass”, perché non bastano i vigili del luogo – che conoscono tutti – a mantenere l’ordine pubblico. Anche il rischio che finiscano in mare sostanze tossiche è ormai una costante. «Sappiamo – prosegue don Lorenzo – che ci può esser pericolo, nella nave ci sono ancora solventi e altri liquidi nocivi, ma sappiamo pure che tutti fanno ogni giorno del loro meglio, così ci affidiamo al lavoro degli esperti e, per chi crede, alla preghiera, sperando che non capiti l’imprevisto».

Guardando al futuro. La vita prosegue, nel pomeriggio davanti all’imbarco dei traghetti un gruppo di addetti alle operazioni di recupero sta facendo una pausa, è andato al bar e sta cantando con accento anglosassone. «Non è un momento drammatico, ma uno spaccato di vita con gente che, ordinariamente, fa il suo lavoro», commenta il parroco. Anche quanti lavorano nel campo della ristorazione e dell’accoglienza, in questi venti mesi, hanno continuato la loro attività, pur con una diversa clientela. A volte le imprese affittano interi alberghi e semmai «dispiace dover dire di no a clienti che venivano da dieci o vent’anni». Ma si guarda avanti. Certo, ieri è stata la festa di san Mamiliano, patrono dell’isola e copatrono della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, e si è pregato per il lavoro di oggi, chiedendo l’intercessione dei morti nel naufragio della Concordia. «Non ce li siamo dimenticati e, attraverso la loro intercessione, preghiamo perché tutto proceda al meglio». Oggi e nei prossimi giorni, finché la nave verrà trasportata altrove. Nella ferma speranza che il Giglio possa tornare a essere simbolo di un mare incontaminato.