La neuroetica indaga sulla capacità morale

È un campo di studio particolare all’interno della psicologia morale: di fatto quel settore che si occupa di studiare la morale con le nuove tecnologie (neuroimaging) di studio neuroscientifico, per comprendere sempre meglio il ruolo relativo di ragione ed emozione nel processo di elaborazione della decisione morale.

“Neuroetica” in che senso? Come ogni parola composta da due radici, il suo significato dipende da dove vogliamo porre l’accento. Il concetto di “neuroetica” dunque racchiude in sé due significati: da un lato, quello di ‘etica delle neuroscienze’, cioè la riflessione filosofica sulla morale (valori e norme) relativa al trattamento, al potenziamento e alla manipolazione del cervello umano; dall’altro, quello di “neuroscienze dell’etica”, vale a dire la possibilità di analizzare come il cervello prende decisioni, quali sono i fenomeni neurobiologici che attengono alla “credenza”, in cosa consiste il substrato neuronale della rappresentazione dei valori e della fede stessa. Comunque la si guardi, dunque, la neuroetica mantiene uno status duplice.

In queste righe, però, scegliamo di soffermarci sul secondo significato, quello di “neuroscienza dell’etica”. Nata in ambito strettamente neuroscientifico, e dunque a cavallo fra medicina, biologia e psicologia, la neuroetica ha rapidamente catalizzato l’attenzione anche di un crescente numero di filosofi, sociologi, giuristi, antropologi e studiosi dell’educazione, dell’informazione e della comunicazione. È interdisciplinare per definizione ed ogni altra disciplina, nessuna esclusa, che accetti di “fare un buon bagno neuroetico”, cioè di lasciarsi mettere al vaglio dai dati acquisiti dalla neuroetica, almeno in parte ne risulterà rinnovata.

È il caso della psicologia morale, della quale, sotto un certo profilo, la neuroetica raccoglie l’eredità più recente; essa, infatti, studia l’evoluzione della morale e la morale stessa nella sua dimensione psicologica. Con meno ampiezza di pretese, la neuroetica rappresenta un campo di studio particolare all’interno della psicologia morale: di fatto, il campo della psicologia morale che si occupa di studiare la morale con le nuove tecnologie (neuroimaging) di studio neuroscientifico, per comprendere sempre meglio il ruolo relativo di ragione ed emozione nel processo di elaborazione della decisione morale.

Ma anche per la filosofia morale l’incontro con la neuroetica suggerisce un cambio di prospettiva. Se le neuroscienze ci permettono di capire i meccanismi neuronali dei nostri atteggiamenti è chiaro, infatti, che finiscono per spostare il livello della filosofia morale, come sottolineava Laura Boella, docente filosofia morale a Milano, nel suo libro di qualche anno fa “Neuroetica. La morale prima della morale”. Il ragionamento parte dal fatto che la neuroetica è un’indagine sulle precondizioni biologiche della capacità morale, mentre essa non ha nulla da dire sulla morale della norma, sul codice di valori più opportuno. Viceversa, la neuroetica ha molto da dire su quanto precede, prepara o impedisce l’obbedienza alla norma, il comportamento buono o meno. Infatti, come attesta la maggior parte degli studiosi, il nostro approccio alla realtà è originariamente emotivo-valutativo. L’atteggiamento cognitivo, razionale, distaccato, viene dopo, e richiede uno sforzo ulteriore di astrazione. Per cui diventa fondamentale conoscere cosa succede nel nostro cervello quando proviamo certe emozioni (paura, euforia, ecc.) e adottiamo certi comportamenti.

Circa i metodi di ricerca, come già accennato l’attività cerebrale è indagata con gli strumenti propri delle neuroscienze, tra cui spiccano le recenti tecniche di neuroimaging. I compiti assegnati al soggetto sotto studio solitamente constano nel risolvere dilemmi morali (famosi i test del “trolley problem” e del “footbridge problem”), appositamente progettati in genere per individuare variabili d’interesse attraverso una condizione di controllo. Altrimenti vengono usati degli stimoli morali, per esempio immagini, frasi, parole, video, dove si cerca di individuare la risposta del cervello in relazione alla variabile critica oggetto di studio. In base alla parte del processo di presa di decisione morale che si intende studiare, vengono quindi assegnati al soggetto tipi di compiti specifici; ad esempio, se si vuole indagare il processo di deliberazione morale si userà un task morale esplicito (es. un dilemma, oppure la stima della moralità di un’immagine), se invece si vuole indagare l’intuizione morale si userà un task morale implicito (es. si chiederà al soggetto, dopo avergli mostrato immagini con e senza contenuto morale, semplicemente di riportare se l’immagine ritrae un paesaggio o un interno).

Anche la neuroetica, dunque, attraverso i risultati delle sue ricerche, può dare un importante contributo per una vita morale più consapevole e responsabile. A patto però di mantenere sempre viva la consapevolezza dei limiti intrinseci della ricerca scientifica e, soprattutto, la differenza irriducibile che permane tra modello sperimentale e realtà dell’esperienza.