Il vescovo nel giorno di “Filetta”: «resistere anche quando verrebbe da dire “Non vale più la pena”»

Una bella giornata dal sapore estivo ha fatto da cornice alla prima festa della patrona di Amatrice dopo il sisma. Nella mattinata di domenica 28 maggio, una vera e propria folla ha accompagnato la venerata effige nel suo itinerario. La processione ha avuto inizio allo “Scoglio”, dopo la messa celebrata da don Savino. I necessari aggiustamenti nel percorso non hanno interessato l’attraversamento del fiume Tronto, protagonista del passaggio di custodia della reliquia tra le comunità di Amatrice e quelle delle frazioni. Poi l’arrivo al santuario, chiuso al culto ma non crollato, di fronte al quale il vescovo ha celebrato la messa

È al senso della forza, «anzi della fortezza» che ha guardato il vescovo Domenico rivolgendosi a quanti hanno partecipato, nella tarda mattinata di domenica 28 maggio, alla messa presso il santuario mariano di “Filetta”. Un tema tratto dall’episodio evangelico dell’Ascensione, nel quale il Maestro, con una particolare solennità, dà le ultime istruzioni agli apostoli. «Andate e fate discepoli tutti i popoli», ha citato mons. Pompili, senza nascondere l’impressione che sia più Gesù a credere noi che noi a Lui. Anche se in realtà il Maestro «promette una forza speciale: “Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni”, secondo il racconto degli Atti».

È qui che si inseriscono domande decisive: «cos’è questa forza? E perché essere forti?» Domande che dopo gli eventi sismici dello scorso 24 agosto assumono un sapore tutto particolare, rispetto alle quali il vescovo ha voluto subito togliere di mezzo un equivoco: «la fortezza non ha a che fare con i muscoli o con sostanze dopate».

Si tratta infatti del «carattere di ciascuno, che si forgia nelle scelte e non nelle intenzioni, per dare forma all’io, che diventa reale solo nell’agire visibile e concreto». Un qualcosa che è necessario per vivere, «visto che nella condizione umana, il positivo cammina con il tragico, il nascere si accompagna al morire, il piacere al dolore».

Come a dire che «il fallimento non è un’ipotesi, ma un fatto», che «il mito del super-eroe che stravince, se la cava sempre, la spunta in ogni caso, è una bufala». Mentre la «fortezza di cui ci fa dono Gesù è energia per affrontare le contrarietà: come uno che fa surf e addomestica le onde».

Avete un problema? È il momento di affrontarlo, non di scansarlo. Dietro ogni fatica si nasconde un’opportunità.

A patto di scoprire la propria resilienza, la capacità di resistere «anche quando verrebbe da dire “Non vale più la pena”». Si tratta di «una risorsa interiore che fa leva sull’anima di ciascuno e non semplicemente sul corpo o sulla psiche».

Non è la bellezza la soluzione ai nostri turbamenti (nessuna si sente brutta come chi è bella), né la semplice padronanza dei propri sentimenti (la vita è imprevedibile e mette a soqquadro le nostre presunte sicurezze).

«Ci vuole l’anima – ha concluso don Domenico – cioè, quel luogo dove in cui nessuno può entrare senza il nostro permesso e dove ci si incontra con Dio. “Io sono con voi tutti i giorni”. Gesù è con noi. Non davanti, ne dietro, né accanto».

foto di Daniel e Daniela Rusnac