Mons. Pompili: non c’è giustizia se ci si arrende ai dati di fatto

Parlando delle «controprove della mancata realizzazione della giustizia e della necessità della politica», durante il Consiglio Comunale di Rieti del 16 ottobre, il vescovo Domenico Pompili non ha mancato di soffermarsi sulla «presenza di una sacca crescente della popolazione che soffre sotto il rigore di uno sviluppo economico che ha tradito le attese e sta esasperando la serenità di tante famiglie», né ha rinunciato a denunciare «la fragilità della condizione giovanile che sogna se stessa sempre altrove rispetto al luogo di nascita e sente di essere ai margini della società».

Ma è soprattutto nel «clima di resa ai dati di fatto» che il vescovo ha indicato il pericolo maggiore: è vero che «le notizie sulla Prefettura e sui vari presidi ad essa collegata sono fonte di preoccupazione, ma rischiano di essere un falso problema. Se non ci si mette a lavorare tutti insieme per una ripresa neanche la permanenza di alcune istituzioni certo storiche, sarebbe capace di reggere l’urto di questa inedita modernizzazione che ha polverizzato antiche posizioni di rendita».

Un tema che investe la politica: «come può rendere più giusta la nostra condizione? Attraverso uomini giusti. Non è un caso che nel dipinto la giustizia sia sempre incarnata da volti umani. Non si fa la giustizia semplicemente seguendo le procedure, ma grazie ad uomini e donne. Come ha detto don Ciotti ai ragazzi delle scuole superiori non più tardi di martedì scorso: “la stessa legalità è un mezzo e non il fine, che resta la giustizia”».

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